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Uno dei più noti commercialisti di Marsala, Giulio Bellan, si ritrova accusato di bancarotta fraudolenta in concorso con altre tre persone: Luigi Vinci, noto anche per essere stato, alcuni anni fa, presidente del Marsala Calcio (si è dimesso a fine novembre 2018), Giovanna Vinci e Pietro Buffa, titolari e amministratori di due società (“Vinci srl” e “Vinci sicilian food”), operanti nel settore della produzione di gelati, dichiarate fallite da Tribunale alcuni anni fa.

Uno dei curatori fallimentari è stato il commercialista mazarese Giuseppe Russo (fratello dell’ex pm della Dda Massimo Russo). Bellan è titolare del noto omonimo studio di consulenza contabile, fiscale, societaria e finanziaria (con sedi, oltre che a Marsala, anche a Pantelleria, Agrigento, Catania e Milano) che nel 2022, si legge sul suo sito web, è stato il “primo studio in Italia ad aver ottenuto il ‘Si Rating’ e il certificato di qualità 24 ore del Sole24ore”. E per questo ricevette un “encomio” dal Comune di Marsala.

Per Bellan e gli altri tre imputati la Procura di Marsala ha chiesto il rinvio a giudizio. Giovedì prossimo l’udienza preliminare davanti al gup del Tribunale di Marsala Annalisa Amato (pm Sara Varazi). La bancarotta fraudolenta è un reato molto grave che prevede, infatti, pene fino a dieci anni di carcere, più sanzioni accessorie. L’indagine, avviata nel 2019, è stata coordinata dall’allora sostituto procuratore della repubblica di Marsala (adesso alla Procura di Trapani) Antonella Trainito. A difendere i quattro imputati è l’avvocato Salvatore Luigi Sinatra.

Il 12 gennaio 2017, davanti il cancello dell’abitazione di Giulio Bellan, in contrada Cozzaro, alla periferia di Marsala, venne lasciata, in pieno giorno, una testa di cavallo mozzata e scuoiata. Del caso si occupò la Direzione investigativa antimafia. Le indagini, condotte da carabinieri e polizia, esclusero, però, la matrice mafiosa. L’autore del macabro messaggio fu individuato in un giovane tabaccaio marsalese che venne rinviato a giudizio per minaccia aggravata. Dall’inchiesta, anche questa coordinata dal pm Antonella Trainito, emerse che il tabaccaio aveva rilevato la licenza per una rivendita da un cliente di Bellan, ma non era chiaro il motivo per cui avrebbe tentato di intimidire il commercialista. Giulio Bellan fece la macabra scoperta quando rientrò a casa per pranzare con la famiglia. Sotto choc, il commercialista telefonò subito ai carabinieri, che poi condussero le indagini in collaborazione con la Squadra Mobile di Trapani.  



 

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