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Dal 2025 partirà l’Assegno di assistenza anziani Inps che, a fronte di un importo simile a quello garantito dal Reddito di Cittadinanza, offrirà un aiuto alle persone non autosufficienti. L’obiettivo è dunque chiaro: aiutare a coprire le spese relative all’assunzione di una/un badante. Non un contributo connesso al raggiungimento di una certa soglia d’età, non solo almeno. Occorre infatti la verifica di determinate caratteristiche. Ma vediamo di cosa si tratta, come funziona e chi lo può richiedere.

Bonus anziani 2025

Da gennaio 2025, e quindi non già nel 2024, scatterà quello che è già stato ribattezzato Bonus anziani. Si tratta di una prestazione universale di assistenza da 850 euro al mese, erogata dall’Inps, che andrà a sommarsi all’indennità di accompagnamento, pari a 531,76 euro, per un totale di circa 1.380 euro.

Si tratta di una delle più importanti novità del primo decreto attuativo che dà seguito alla riforma sull’assistenza agli anziani in Italia, dopo il via libera del Consiglio dei ministri dell’11 marzo. Una legge-quadro contenuta nel Pnrr in risposta alle gravi carenze italiane sulla cura e la presa in carico di over 65, sia abili sia non autosufficienti.

Una sperimentazione del governo Meloni, già aspramente criticata, che durerà 2 anni e si concluderà a dicembre 2026, con un totale pari a 500 milioni di euro, 250 milioni per anno.

Come funziona il Bonus

Chi riceverà il Bonus anziani vedrà due voci riportate. La prima consiste in una quota fissa, che corrisponde all’indennità di accompagnamento per invalidi (occorre esserne già titolari per la ricezione di questo bonus). Per il 2024 vale 531,76 euro mensili.

La seconda invece corrisponde a una quota integrativa di 850 euro mensili, destinati all’assunzione di una/un badante o, in altro caso, alla richiesta di intervento da parte di un’impresa qualificata nel settore dell’assistenza.

Chi riceverà il Bonus anziani: i requisiti

Tralasciando la quota relativa all’assegno di invalidità, si parla dunque di un aiuto da 850 euro, valido per 13 mensilità. Il soggetto richiedente dovrà aver già compiuto almeno 80 anni e percepire già l’indennità di accompagnamento, e dunque essere in una condizione di “bisogno assistenziale gravissimo”. A questo si aggiunge un ulteriore parametro da rispettare: Isee non superiore a quota 6mila euro.

Tutto ciò ha generato comprensibilmente delle forti polemiche. A fronte di un provvedimento ben spendibile sotto l’aspetto della campagna elettorale, si ha una platea di soggetti beneficiati estremamente ridotta. Il tutto è infatti già stato denunciato dalle associazioni di categoria.

Stando alle somme stanziate dal governo di Giorgia Meloni, si riuscirà a offrire questo contributo a 24.500 anziani. Un numero a dir poco esiguo, se si considera come la platea dei cittadini “over” non autosufficienti raggiunta quota 3,8 milioni. Il tutto rientra nella riforma che mira a modificare le politiche della terza età e l’assistenza domiciliare.

Una prestazione prevista per il 2025-2026, che già fa discutere e genera insoddisfazione. A meno di un anno dal previsto lancio, tutto ciò è ancora in fase d’approvazione, come il resto del decreto legislativo, con tempi previsti entro marzo.

Le critiche al governo Meloni: cosa non funziona

Davanti alle dure critiche sollevate, l’esecutivo ha promesso di tornare al lavoro sulle cifre relative al Bonus anziani. Di fatto si garantisce l’individuazione di un altro miliardo attraverso il Def di aprile 2024.

Sarà abbastanza per placare le polemiche? Tutt’altro. Ne ha parlato Andrea Zini, presidente di Assindatcolf. Questi ha semplicemente messo in evidenza quelle che sono le cifre medie che un anziano non autosufficiente può arrivare a spendere per poter avere al fianco una/un badante a tempo pieno.

“Una cifra tra 1.600 e 1.800 euro mensili, ovvero tra 19 e 21mila euro annuali, considerando retribuzioni, tredicesima, ferie, Tfr e contributi. Di certo l’introduzione di una prestazione universale con cui remunerare i lavoratori regolarmente assunti va nella direzione auspicata, ma serve uno sforzo in più”.

Conti alla mano, 850 euro non consentirebbero di coprire neanche la metà di quella che è la spesa che una famiglia italiana sopporta per un contratto a tempo pieno. Ciò vale anche per chi adotta il regime di convivenza, che in media fa calare la cifra verso quota 1.671 euro. Volendo essere precisi, spiega Zini, 850 euro garantiscono 20 ore settimanali. Se a ciò si aggiunge il fatto che questo assegno sia sperimentale, dunque garantito unicamente per il 2025 e 2026, è chiaro il motivo per il quale questa fetta d’Italia, ancora inascoltata, stia protestando.

 

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