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Nuovo rincaro nei tassi di interesse e delle rate dei mutui. Se non riesci a rinegoziarlo, ecco cosa puoi fare con la legge 3/2012

Il costo del denaro continua a crescere. La Banca Centrale europea (Bce) ha deciso un nuovo rialzo dei tassi di interesse di 0,25 centesimi di euro. Il risultato è che anche i mutui diventano più cari. Secondo una stima di Facile.it e Mutui.it, per esempio, una rata per il mutuo variabile dell’acquisto di casa dovrebbe passare dagli attuali 456 euro a 759 euro, con una crescita del 66% rispetto all’inizio del 2022. Il calcolo è stato effettuato prendendo come ipotesi un finanziamento da 126mila euro in 25 anni, sottoscritto a gennaio del 2022. Purtroppo le prospettive da qui alla fine dell’anno non sono incoraggianti.

Il mutuo è sempre più caro

Si prevede, infatti, un’ulteriore crescita dell’indice Euribor fino a dicembre 2023, quando dovrebbe raggiungere un picco massimo del 3,90%, per poi tornare lentamente a scendere. Nel frattempo, però, per molte famiglie potrebbe diventare molto difficile far fronte al pagamento delle rate mensili del mutuo. Che fare, allora?

La legge 3 del 2012 aiuta anche chi non può pagare il mutuo

Sono già molte, infatti, le famiglie che stentano a pagare la rata mensile, come ti raccontiamo in queste storie. Una buona notizia, però, c’è: esiste la legge n.3/2012, nota anche come “salva suicidi”, che può venire in soccorso di chi fatica a pagare. Ci siamo fatte spiegare come funziona, chi può accedere e a cosa serve.

Il caro mutui non perdona: le storie

Da Milano a Roma, passando per il sud Italia la situazione non cambia: sono tante le famiglie in difficoltà, reduci dalla crisi Covid e poi dai rincari energetici. Ora pesa anche l’aumento dei mutui, come per Giuseppe, nome di fantasia ma professione reale: è poliziotto, guadagna circa 1.700 euro al mese, che devono bastare per tutta la famiglia perché la moglie si occupa dei figli, e per pagare il mutuo. Negli ultimi tempi, però, la rata mensile è schizzata da 450 a 700 euro. Situazione simile per Antonio, 1.400 euro di entrate fisse al mese a cui aggiungere la Naspi per la disoccupazione della moglie. Troppo pochi anche per coprire le spese per la bimba di un anno, considerando che per loro il mutuo è passato da 390 a 570 euro al mese.

Quando le vittime sono donne

Ci sono poi casi che riguardano da vicino e soprattutto le donne. «Accade quando, ad esempio, il marito intesta alla moglie le attività di impresa perché lei ha un lavoro fisso con uno stipendio sicuro che può far da garanzia. Quando, però, per svariati motivi le società o le aziende falliscono o cessano, capita che l’uomo scompaia anche nel nulla, lasciando la partner da sola a rispondere di tutti i debiti. In un caso che è capitato a noi di seguire, la donna in questione doveva ripagare 600mila euro di debiti», spiega l’avvocato Letterio Stracuzzi, presidente di Protezione sociale, associazione che dal 2017 supporta le famiglie in difficoltà, facilitando l’accesso alle procedure previste dalla cosiddetta “salva-suicidi».

Mutuo, come si arriva a indebitarsi

Il problema, appunto, è spesso appunto il sovra-indebitamento: «Di fronte al rialzo dei mutui e alle esigenze mensili accade spesso che si chieda aiuto aiuto ai parenti, come i genitori, che intervengono con la loro pensione. Ma se questo non è possibile si ricorre di frequente a finanziamenti, cessione del quinto dello stipendio, prestiti, ecc. Questo porta a sovraindebitamento», spiega Stracuzzi, che fornisce un quadro chiaro: «I rincari recenti sono impressionanti. Secondo la Coldiretti, nel 2022 gli italiani hanno speso quasi 13 miliardi di euro in più per assicurarsi cibi e bevande. Questo vuol dire che il budget delle nostre famiglie è stato già eroso per mettere nel carrello della spesa pane, pasta, riso, verdura, carne e pesce. Una famiglia su 3 stenta ad arrivare addirittura alla seconda settimana del mese. Ora si aggiunge anche l’impennata dei mutui che peraltro è difficile rinegoziare».

Perché è difficile rinegoziare il mutuo

Trattare nuove condizioni con le banche sembrerebbe la soluzione ideale, ma gli esperti spiegano che gli istituti pretendono prima che siano saldati i “debiti” pregressi, come le rate pregresse. Spesso questo risulta impossibile: «É un cane che si mangia la coda – sottolinea il presidente di Protezione sociale – L’altra ipotesi è chiedere la rinegoziazione di Stato, che obbliga di fatto le banche ad accettare il passaggio dal mutuo a tasso variabile a quello fisso. Ma i requisiti sono stringenti: il mutuo deve essere regolarmente pagato e non superiore a 200mila euro, con un ISEE entro i 35mila euro, il che esclude molti potenziali utenti». Non solo: «Anche in presenza di queste condizioni, come calcolato da Confesercenti, la rinegoziazione da variabile a fisso comporta un aumento medio della rata del 10-15%: se era già insostenibile, come può essere pagata da una famiglia se cresce ulteriormente?», si chiede Stracuzzi.

La legge 3/2012: cos’è

«L’unica soluzione allora è quella di accedere alla legge 3 del Codice della crisi del 2012. Anche perché di fronte a un panorama di questo tipo, i salari crescono decisamente meno. Faccio un esempio: secondo il rapporto dell’Aran, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni, le paghe, fra il 2013 e fine 2022, sono aumentate del 6.7% e i prezzi, nello stesso periodo, del 13,8%. É evidente che qualcosa non va». Ma come funziona la legge 3 e cosa permette? «Di fatto consente diverse soluzioni, tre in particolare, per azzerare parte dei debiti legati al mutuo o ad altri finanziamenti, a seconda dei casi», spiega l’avvocato.

Come funziona: i tre casi-tipo

«La prima procedura interessa soprattutto le famiglie che hanno problemi col mutuo, appunto. La legge 3 permette loro lo stralcio, ossia la cancellazione di tutti i debiti ad eccezione del mutuo, in presenza di due condizioni: l’essere in situazione di sovraindebitamento comprovato e per motivi non dolosi, cioè non imputabili al soggetto indebitato, come per esempio l’aumento del costo della vita o della rata del mutuo, ecc. – spiega Stracuzzi – Si tratta del cosiddetto “piano di ristrutturazione dei debiti”: il soggetto di fatto si impegna a onorare il solo pagamento del mutuo, magari passando al tasso fisso».

Una seconda procedura è quella della “liquidazione controllata”: «Se la famiglia si rende conto di non farcela, può rinunciare a ogni bene in suo possesso, compresa la casa su cui ha acceso il mutuo, che viene messa in vendita, in cambio della cancellazione di ogni debito contratto con Agenzia delle Entrate o finanziarie, privati, ecc. Se, per esempio, si ha ancora un mutuo da 120mila euro su una casa il cui valore nel frattempo è sceso, per ipotesi, a 80mila euro, può essere nell’interesse di chi ha i debiti rinunciarvi», spiega l’avvocato. «L’immobile viene così messo a disposizione dei creditori e i debiti si azzerano, anche qualora la cifra di vendita della casa non fosse sufficiente a coprirli, grazie a un accordo deciso con una sentenza del giudice».

«La terza possibilità riguarda soprattutto i lavoratori autonomi che possono optare per il “concordato minore”: in questo caso i debiti sono generalmente con l’Agenzia delle Entrate, quindi di tipo erariale. È una sorta di rottamazione (di recente si è parlato della rottamazione quater, con uno stralcio delle sanzioni e degli interessi sui debiti, ma che prevede il pagamento intero della somma non versata, di cui il 10% subito e il resto a rate), che può essere esemplificato così: se ho un debito fino a 500mila posso concordare una cifra inferiore – supponiamo 10 o 50 mila euro – con i creditori, garantendo loro però la continuità dell’azienda. Può essere conveniente anche a loro, perché in caso di cessazione totale ne potrei pagare, per esempio, solo 1.000», spiega il presidente di Protezione sociale. Di fatto, quindi «si garantisce la continuità aziendale, il fatto di poter lavorare, stralciando anche buona parte dell’ammanco erariale, persino anche il 90%», aggiunge l’esperto.

Come si accede alla rimodulazione dei debiti

Ad autorizzare il ricorso ai benefici della legge 3 è il Tribunale, a cui va presentata una relazione da parte di un “organismo di ricomposizione della crisi”. «Sono diversi sul territorio, sono enti pubblici che svolgono funzioni ausiliarie del giudice e tra questi c’è la nostra associazione. Non occorre avere un legale, basta presentare la documentazione, che consiste in genere in una cinquantina di documenti. In genere ci vogliono 4 mesi, ma soprattutto perché c’è un po’ di burocrazia, per esempio nell’attesa di risposte e certificazioni da parte dei vari enti pubblici – chiarisce l’avvocato – Una volta depositata la relazione, il giudice in media in poche settimane emette una sentenza, che ha valore immediato: sospende in modo automatico le procedure debitorie, i pignoramenti, la cessione del quinto dello stipendio, ecc. A seconda della strada scelta, poi, l’iter ha tempi differenti di chiusura: nel caso della controllata ci vogliono 3 anni, che diventano 4 o 5 per il piano di ristrutturazione del debito e per il concordato minore. L’utente viene seguito, comunque, fino alla risoluzione del caso cioè alla liberazione completa del debito», spiega l’esperto, che conclude: «Avere debiti non è una colpa, soprattutto se inconsapevole. Si tratta di una norma che va pubblicizzata al massimo perché di mezzo c’è la vita delle persone. La dignità di padri e madri di famiglia che non ha prezzo e che diventa un problema di tutti come comunità. Una società civile è tale se è capace di proteggere chi si trova in situazioni di questo genere».

 

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