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Si sta lavorando sul discusso Salva Casa. Nell’ambito dell’esame del disegno di legge di conversione del decreto-legge 29 maggio 2024, n. 69, “Disposizioni urgenti in materia di semplificazione edilizia e urbanistica”, pubblicato in Gazzetta Ufficiale e in vigore dallo scorso 30 maggio, è stata ascoltata in audizione dalla Commissione Ambiente della Camera dei deputati la Confedilizia, ma sono state ascoltate anche l’Ance e l’Anci. Vediamo quali considerazioni e proposte sono state fatte.

Ance: “Sono necessarie una disciplina organica e la certezza delle regole”

Secondo l’Ance, il decreto Salva Casa rappresenta un provvedimento che per la prima volta cerca di mettere a sistema le diverse problematiche riscontrate nel tempo e che in passato hanno trovato delle soluzioni “straordinarie”, come ad esempio la Cilas superbonus. L’Associazione nazionale costruttori edili ha fatto sapere di valutare positivamente “l’attenzione che il governo dedica a questa tematica con un decreto-legge che rappresenta un intervento di buonsenso per creare le premesse per l’avvio di ampi processi di adeguamento del patrimonio edilizio esistente ai nuovi standard tecnici, tecnologici e in ultimo di vivibilità. Senza la risoluzione delle questioni attinenti alle piccole difformità si rischierebbe, infatti, di bloccare di fatto le operazioni di adeguamento necessarie anche alla stessa attuazione della direttiva sulla prestazione energetica”.

L’Ance ha però anche fatto sapere che il decreto “interviene nuovamente con modifiche puntuali al Dpr 380/2001 proseguendo la strada intrapresa da ormai 14 anni che ha visto la normativa edilizia oggetto di numerose modifiche attraverso l’utilizzo dello strumento della decretazione d’urgenza (es. DL 40/2010; DL 70/2011; DL 69/2013; DL 76/2020, ecc.). Questo mostra come sia importante e urgente arrivare a una revisione della disciplina edilizia in un’ottica ‘organica’ e in una visione ‘integrata’ che tenga conto della necessità di superare e modificare tutte le normative obsolete e anacronistiche su cui si regge la complessiva materia edilizia e urbanistica”.

Ma come fare? Secondo l’Associazione nazionale costruttori edili la strada da perseguire è quella che porta a “scardinare tutti quei meccanismi normativi che impediscono di fatto l’attuazione degli interventi di trasformazione urbana, primo fra tutti il DM 1444/68 sino ad arrivare a una riforma dei principi su cui si regge la legge urbanistica ferma al 1942 e alla definizione di una legge sulla rigenerazione urbana. Al contempo è necessario riattualizzare il decreto del 1975 sui requisiti igienico-sanitari per garantire che le norme possano adattarsi meglio alle nuove esigenze e all’evoluzione dei contesti abitativi”.

Per fare tutto ciò serve “una presa di responsabilità da parte di tutti e in primis delle istituzioni nazionali, affinché vengano colmate con urgenza le lacune normative che, soprattutto dal punto di vista urbanistico-edilizio impediscono il cambiamento e mostrano attualmente una fortissima inadeguatezza”.

L’Ance ha poi sottolineato che non solo è necessario arrivare a una visione più integrata della materia urbanistica ed edilizia, ma che bisogna affrontare il tema della certezza delle regole che qualsiasi riforma deve essere in grado di garantire.

Il tema casa nei suoi aspetti più complessivi come risposta al fabbisogno abitativo è un ambito delle azioni sulle quali l’Associazione nazionali costruttori edili si auspica un intervento. In questo quadro, l’Ance ha evidenziato che, “se l’obiettivo prioritario deve essere quello di favorire l’accesso alla casa a condizioni sostenibili, servono politiche di sostegno dell’abitare integrate con quelle di rinnovo urbano inteso come sostegno alla qualità dell’abitato (non solo riqualificazione degli edifici, ma rinnovamento del contesto urbano che comprende l’accessibilità, la mobilità, i servizi e le attrezzature di interesse collettivo). Per fare questo servono strumenti condivisi che è poi l’obiettivo del Tavolo Piano Casa costituto presso il Ministero delle Infrastrutture e di cui questo Decreto-legge rappresenta una prima parte”.

Alla luce di ciò, secondo l’Ance, il nuovo Piano Casa “deve essere in grado di anticipare tutta una serie di misure che siano di supporto ai Comuni e agli operatori privati e nello stesso tempo siano di aiuto per la costruzione di quartieri che sappiano modellarsi con la stessa velocità con cui si evolvono le esigenze e i bisogni della società. Sotto questo profilo è di evidenza l’importanza che assume oggi il cambio della destinazione d’uso nelle politiche urbane”.

Esaminando quindi in modo più specifico il decreto-legge 69/2024, l’Ance ha ritenuto prioritario riservare una maggiore attenzione alle norme con cui il decreto stesso interviene ad affrontare il tema dei mutamenti d’uso. Ecco dunque che, secondo l’Associazione nazionale costruttori edili, è da valutare maggiormente la possibilità che le norme agevolative del decreto siano estese anche ai cambi con opere, in quanto nei processi dei cambi d’uso non è l’intervento edilizio in sé che influisce (le cui possibilità sono espressamente consentite dai piani urbanistici), quanto la relativa funzione e, pertanto, il nuovo uso che si assume all’interno della singola unità immobiliare. Considerando poi che il decreto-legge interviene su singole “unità immobiliari” e non su immobili “interi”, per l’Ance sarebbe opportuno consentire sempre il cambio d’uso quando il passaggio avvenga tra categorie omogenee senza alcun tipo di condizione (es. da residenza a studio professionale e viceversa, ecc.). 

Per quanto riguarda la possibilità di cambiare la destinazione tra categorie differenti – ad esempio da residenziale a ricettivo o da commerciale a direzionale – il decreto-legge ha, secondo l’Ance, sicuramente il pregio di voler aprire ad un principio di indifferenza funzionale per determinate zone urbanistiche (zona A, B e C), ma alcune delle condizioni poste rischiano di fatto di vanificarne il relativo intento. Anche in questo caso si tratta di norme relative alle “singole unità immobiliari” e, per questo motivo, l’Associazione nazionale costruttori edili ritiene che sia necessario:

  • circoscrivere maggiormente i casi per i quali gli strumenti urbanistici possono prevedere delle “condizioni” a quelle situazioni che possono contrastare con particolari interessi pubblici (es. sicurezza, salute pubblica);

  • eliminare l’obbligo per cui il mutamento sia finalizzato alla forma di utilizzo dell’unità immobiliare “conforme a quella prevalente” nelle altre unità immobiliari presenti nell’immobile, il principio della “prevalenza” di fatto porterebbe ad ingessare ancora di più le zone dei nostri quartieri con il rischio di una “mono-funzionalità” rispetto alla necessaria “mixitè funzionale”.

Per quanto riguarda le varianti ante 1977, secondo l’Ance è necessario salvaguardare queste situazioni dato che prima del 1977 non era disciplinata l’ipotesi della parziale difformità e delle varianti in corso d’opera. Ferma restando l’esigenza di contrastare l’abusivismo edilizio, vi è la necessità di fornire una risposta semplice ed efficiente a queste casistiche di difformità che, in considerazione delle loro caratteristiche e del tempo trascorso, richiedono di essere valutate diversamente rispetto all’attuale quadro normativo.

In merito allo stato legittimo, per l’Associazione nazionale costruttori edili occorre chiarire maggiormente, nella presentazione dei titoli abilitativi riguardanti gli interventi sulle parti comuni di edifici condominiali, che le asseverazioni dei tecnici abilitati in merito allo stato legittimo degli immobili e i relativi accertamenti dello Sportello unico per l’edilizia sono riferiti esclusivamente alle parti degli edifici interessate dai medesimi interventi, rimanendo impregiudicata ogni valutazione circa la legittimità delle restanti parti dei medesimi edifici.

Sul fronte delle tolleranze, nel condividere gli aumenti percentuali, l’Ance ritiene necessario eliminare il limite temporale introdotto al fine di riportare le tolleranze alla loro finalità di errori costruttivi ed estenderne l’applicazione alle difformità minori dove è certo il legittimo affidamento dei privati.

In merito al nuovo accertamento di conformità per le parziali difformità, secondo l’Associazione nazionale costruttori edili occorre chiarire maggiormente alcuni aspetti applicativi in rapporto anche alla relativa applicazione agli immobili vincolati.

Per quanto riguarda infine la destinazione proventi, accanto alla possibilità di destinare una quota pari a un terzo delle entrate derivanti dall’applicazione di alcune delle nuove norme sia alla demolizione di opere abusive che alla realizzazione di interventi di rigenerazione urbana in generale, l’Ance ritiene opportuno che tali proventi siano anche messi a disposizione dei Comuni per la riduzione dei fenomeni di disagio abitativo.

Anci: “Occorre introdurre correttivi finalizzati a un maggior raccordo della nuova disciplina”

In audizione davanti alla Commissione Ambiente della Camera sul decreto Salva Casa 2024 è stata sentita la vicesindaca e assessora all’Urbanistica di Napoli, Laura Lieto, con l’assessore all’Urbanistica del Comune di Torino, Paolo Mazzoleni, e l’assessore all’Urbanistica del Comune di Milano, Giancarlo Tancredi. 

La vicesindaca e assessora all’Urbanistica di Napoli ha affermato: “In linea generale, e a sostegno di un miglioramento del provvedimento in sede di conversione, occorre introdurre correttivi finalizzati a un maggior raccordo della nuova disciplina, soprattutto per quel che riguarda il nuovo regime sanzionatorio. Esigenza legata al venire meno della cosiddetta doppia conformità. Serve poi un riallineamento con il codice dei beni culturali per evitare effetti distorsivi e contrari alla ratio legis di alcune nuove norme introdotte dallo stesso provvedimento”.

Per quanto riguarda i mutamenti di destinazione d’uso, la vicesindaca e assessora all’Urbanistica di Napoli ha sottolineato “che occorrono invece correttivi che salvaguardino il potere/dovere degli strumenti urbanistici comunali di dettare, motivatamente, anche ‘limitazioni’, e non solo mere ‘condizioni’, ai mutamenti della destinazione d’uso degli immobili, con o senza opere”. I rappresentanti dell’Anci hanno anche sottolineato l’esigenza “di lavorare a una nuova modulistica che si rende tanto più necessaria in quanto il decreto è già in vigore e gli uffici comunali sono in grande difficoltà rispetto alla modulistica finora utilizzata”.

L’Associazione nazionale comuni italiani ha fatto sapere che occorre anche intervenire sul tema degli interventi edilizi di ristrutturazione edilizia e più in generale delle definizioni degli interventi edilizi di cui all’art. 3 del DPR 380/01 che hanno subito negli ultimi decenni un’evoluzione dottrinaria e giurisprudenziale cui è necessario dare chiarezza normativa. Nello stesso modo si pone l’urgenza di definizione dei titoli legittimanti i piani attuativi/intervento diretto nei casi riconducibili all’art. 41 quinquies della legge 1150/42”. Infine, i rappresentanti dell’Anci hanno chiesto di “chiarire meglio cosa si intenda inserire con l’art. 34 nel terzo periodo del nuovo comma 1 bis, essendo non molto chiaro nella relazione tecnica”.
 

 

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