Il decreto del Tribunale di Forlì del 10 febbraio 2024, nel contesto di una procedura di concordato minore promossa da un debitore in stato di sovraindebitamento, ai sensi e per gli effetti degli artt. 74 ss. del DLgs. 14/2019 (Codice della crisi di impresa e dell’insolvenza, CCII), nella sua attuale versione, risulta, ad avviso di chi scrive, degno di nota, avendo il pregio di affrontare due tematiche interessanti e nuove poiché, per quanto consta, ancora non sottoposte al vaglio della giurisprudenza o della dottrina.
Sotto un preliminare profilo di natura fattuale, necessario per poter offrire un più efficace inquadramento della fattispecie, nonostante le poche indicazioni contenute nel provvedimento, parrebbe plausibile potersi affermare come la vicenda sottesa al caso di specie tragga origine da un ricorso per concordato minore – dal testo della sola pronuncia non si evince se finalizzato alla prosecuzione dell’attività imprenditoriale o professionale ex art. 74 comma 1 del CCII ovvero di stampo liquidatorio ex art. 74 comma 2 del CCII, ma, ai fini che qui interessano, il dato non assume alcuna rilevanza pratico-operativa – presentato da un debitore sovraindebitato ex art. 2 comma 1 lett. c) del CCII presso il Tribunale di Forlì, poi omologato dal giudice.
Una volta ritenuta completata la fase esecutiva del piano omologato, il gestore della crisi ha, poi, presentato al giudice delegato, il 9 febbraio 2024, un “rendiconto”, indicando come norma di riferimento l’art. 71 del CCII e limitandosi, in tale atto, ad affermare che, relativamente a detto rendiconto depositato, non sarebbero pervenute “osservazioni da parte del debitore”.
Il Tribunale di Forlì, con il provvedimento in commento, ha sviluppato alcune interessanti riflessioni. In primo luogo, il giudice ha ritenuto opportuno “riqualificare” l’atto depositato dal gestore della crisi come “relazione finale ex art. 81, co. 4, CCI”, “trattandosi di concordato minore e non di ristrutturazione dei debiti del consumatore”. Queste due osservazioni sono in parte di certo condivisibili, soprattutto nella parte assertiva relativa alla riqualificazione dell’atto depositato quale relazione finale ex art. 81 comma 4 del CCII anziché quale rendiconto ex art. 71 del CCII. Sono forse un po’ meno condivisibili nella parte motiva, relativa alla giustificazione sottesa a detta riqualificazione fondata sul tipo di procedura piuttosto che sulla nomenclatura dell’atto e sulla sua collocazione normativa, dovendosi in tal senso concedere l’inciso secondo cui anche nella ristrutturazione dei debiti del consumatore l’atto finale del gestore della crisi, disciplinato dall’art. 71 del CCII come modificato dal primo correttivo, prenderebbe il nome di “relazione finale” anziché di “rendiconto”.
In secondo luogo, il Tribunale di Forlì, ponendo l’accento sulla locuzione “sentito il debitore” contenuta nell’art. 81 comma 4 del CCII, ha osservato come non fosse sufficiente limitarsi a indicare nella propria relazione finale l’assenza di qualsivoglia osservazione da parte del debitore, essendo necessaria la prova di una specifica interlocuzione sul punto con il debitore stesso. Il giudice ha così concesso un termine di dieci giorni al gestore della crisi perché fornisse “prova dell’avvenuta interlocuzione con il debitore in merito alla relazione finale presentata”.
In terzo luogo, il giudice ha poi osservato come il presupposto sotteso alla presentazione della relazione finale de qua risieda nell’integrale e corretta esecuzione del piano, certamente non sussistente ove, come nel caso di specie, non sia stato ancora pagato un creditore (nel caso in esame, quello ipotecario): sicché il Tribunale di Forlì ha autorizzato il pagamento di detto creditore.
Infine, preso atto che il gestore della crisi avrebbe “già provveduto al pagamento del compenso proprio e dell’OCC senza attendere la liquidazione del Giudice come previsto dalla norma”, il Tribunale ha evidenziato che:
– la locuzione “autorizzarne il pagamento” (riferito al compenso) ex art. 81 comma 4 del CCII non può che riqualificarsi in “ratificare il pagamento già avvenuto”;
– il giudice, ciò nonostante, non perderebbe il potere di “liquidazione” del compenso, sicché, ove il compenso fosse inferiore a quello riscosso dall’OCC e dal gestore della crisi, quest’ultimo non potrà che accollarsi “il rischio di una eventuale liquidazione difforme e il conseguente obbligo restitutorio”.
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