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di
Antonino Galletti

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In doveroso ossequio alla disciplina costituzionale (artt. 1, 35, 36 Cost.) che tutela il lavoro in tutte le sue forme e manifestazioni (e non solo quello dipendente), il legislatore nell’aprile dello scorso anno ha finalmente dettato una nuova ed organica disciplina in materia di equo compenso, la legge 21 aprile 2023, n. 49, recante le “Disposizioni in materia di equo compenso delle prestazioni professionali” in GU n. 104 del 5.5.2023, oramai in vigore dal 20 maggio 2023.

Lo scopo perseguito è stato quello di garantire una maggiore qualità delle prestazioni professionali, tutelando al contempo la dignità ed il decoro dei professionisti, ponendoli al riparo da una concorrenza oramai sempre più al ribasso, con conseguente svilimento dell’attività prestata ed aggravamento del fenomeno oramai noto da tempo della c.d. proletarizzazione delle attività professionali.

Oltre a prevedere la sanzione civilistica della nullità (relativa o di protezione) delle clausole inique a tutto vantaggio del solo professionista che può giudizialmente fare valere le sue ragioni nel Foro domestico di residenza o di domicilio avverso l’eventuale illegittimità della pattuizione contenuta in convenzioni, contratti, esiti di gare, affidamenti, predisposizione di elenchi di fiduciari e qualunque altro accordo che imponga un compenso iniquo, il legislatore ha onerato i consigli nazionali di adottare nuove disposizioni deontologiche nei rispettivi codici per scongiurare anche con lo strumenti disciplinare e sanzionatorio vere e proprie corse al ribasso tra gli iscritti.

Così, in GU n. 102 del 3 maggio 2024, è stata finalmente pubblicata la modifica al Codice deontologico forense in materia di equo compenso, adottata dal Consiglio nazionale forense con delibera n. 275, del 23 febbraio 2024 con la quale è stato introdotto l’art. 25-bis del Codice deontologico forense:

«Art. 25-bis (Violazioni delle disposizioni in materia di equo compenso).

  1. L’avvocato non può concordare o preventivare un compenso che, ai sensi e per gli effetti delle vigenti disposizioni in materia di equo compenso, non sia giusto, equo e proporzionato alla prestazione professionale richiesta e non sia determinato in applicazione dei parametri forensi vigenti.
  2. Nei casi in cui la convenzione, il contratto, o qualsiasi diversa forma di accordo con il cliente cui si applica la normativa in materia di equo compenso siano predisposti esclusivamente dall’avvocato, questi ha l’obbligo di avvertire, per iscritto, il cliente che il compenso per la prestazione professionale deve rispettare in ogni caso, pena la nullità della pattuizione, i criteri stabiliti dalle disposizioni vigenti in materia.
  3. La violazione del divieto di cui al primo comma comporta l’applicazione della sanzione disciplinare della censura. La violazione dell’obbligo di cui al secondo comma comporta l’applicazione della sanzione disciplinare dell’avvertimento.»

Peraltro, in relazione agli incarichi offerti dalle amministrazioni pubbliche o da soggetti comunque tenuti all’applicazione del nuovo codice dei contratti pubblici, si segnalano le recenti sentenze del TAR per il Veneto 3.4.2024, n. 632 e del TAR per il Lazio, sede di Roma, 30.4.2024, n. 8580 che hanno escluso un deficit di coordinamento tra la nuova legge sull’equo compenso ed il codice dei contratti, poiché l’interpretazione letterale e teleologica della prima depone in modo inequivoco per la piena applicabilità anche alla materia dei contratti pubblici e, dunque, non può esserci in concreto alcuna antinomia tra le due discipline.

In conclusione, anche alla luce delle interpretazioni offerte da una giurisprudenza amministrativa finalmente favorevole ai professionisti (al punto da riconoscere che il combinato disposto degli artt. 1, 2 e 3 L. 49/2023 integri un’ipotesi di norma imperativa), la legge sull’equo compenso rappresenta un intervento necessario e da tempo atteso per superare il problema perdurante della crisi reddituale dei professionisti, poiché garantisce opportunamente una maggiore tutela, assicurando la percezione di un corrispettivo equo per la prestazione intellettuale, proprio nelle fattispecie dove il professionista rappresenta la parte debole del rapporto contrattuale rispetto ai grandi committenti, privati e pubblici (art. 2 L. 49/2023).

 

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