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AgenPress – Il lavoro di Bankitalia analizza l’impatto economico di due crediti di imposta, il “Bonus facciate” e il “Superbonus 110%”, attivi in Italia dalla seconda metà del 2020 con l’obiettivo di stimolare il settore delle costruzioni attraverso investimenti mirati a migliorare l’efficienza energetica e le caratteristiche antisismiche ed estetiche degli edifici residenziali.

Le due misure hanno comportato una spesa di oltre 170 miliardi nel periodo 2021-23 (circa il 3 per cento del PIL in media d’anno). La valutazione dei loro effetti viene realizzata confrontando l’andamento della spesa per investimenti residenziali dell’Italia con quello di alcuni paesi europei che non avevano adottato programmi simili (cd. “metodo del controllo sintetico”).

Si stima che circa un quarto della spesa relativa agli investimenti sussidiati (oltre 45 miliardi) sarebbe stata effettuata anche in assenza degli incentivi. Questo risultato implica che il moltiplicatore fiscale sia stato inferiore all’unità, ossia che i benefici per il complesso dell’economia in termini di valore aggiunto siano stati più bassi rispetto ai costi sostenuti per le agevolazioni.

Sorprendentemente, un quarto di questa spesa è stato considerato inutile, poiché gli investimenti edilizi corrispondenti sarebbero stati effettuati anche senza incentivi statali. Bankitalia sottolinea che questa misura non è riuscita a ripagarsi da sola, con entrate fiscali generate dai bonus significativamente inferiori al loro costo lordo, aumentando ulteriormente il debito pubblico.

La ricerca ha concluso che i benefici economici derivanti dalle agevolazioni sono stati inferiori rispetto ai costi sostenuti. La misura, infatti, “non si ripaga da sola” e genera “ulteriore debito pubblico per le nuove generazioni” che dovrà essere ripagato in futuro. Questo rappresenta un onere significativo per lo Stato e per i cittadini.

Secondo lo studio, alla fine del 2023, gli investimenti immobiliari pro capite in termini reali sono stati superiori del 67% rispetto a un gruppo di controllo composto da Paesi europei senza aiuti simili. Tuttavia, solo il 73% di questi investimenti era realmente aggiuntivo.

Per quanto riguarda il contributo al Pil, la spinta non è stata totale. Gli economisti spiegano che il moltiplicatore fiscale era leggermente inferiore a uno, il che significa che il rapporto tra il Pil generato dai bonus e il loro costo non era pari. In pratica, ogni euro di spesa pubblica ha prodotto meno di un euro di entrate fiscali, con le entrate fiscali significativamente inferiori ai costi.

Questo è coerente con la “perdita secca” di finanziamenti quasi gratuiti per ristrutturazioni che sarebbero state realizzate comunque. Se il Pil italiano è cresciuto del 13,5% tra il 2021 e il 2023, i bonus edilizi sono responsabili di circa 2,6-3,4 punti percentuali, ovvero circa un punto di Pil all’anno a fronte di tre punti di costo.

Superbonus e bonus facciate hanno sicuramente incentivato entrambi, ma non al punto di autofinanziarsi. Alla fine del 2023, gli investimenti immobiliari pro capite in termini reali erano superiori del 67% rispetto a un “gruppo di controllo” di Paesi europei comparabili che non avevano adottato programmi simili. Tuttavia, un quarto di questi investimenti sarebbe stato realizzato comunque. Solo il 73% era veramente aggiuntivo.

La spinta al Pil non è stata completa. Il moltiplicatore fiscale è leggermente inferiore a uno, il che significa che il rapporto tra il Pil generato dai bonus e il loro costo non era paritario. Ogni euro di spesa pubblica ha prodotto meno di un euro di entrate fiscali. Il moltiplicatore più basso è coerente con la “perdita secca”, ovvero il finanziamento quasi gratuito di ristrutturazioni che sarebbero state fatte comunque. Così, se il Pil dell’Italia è cresciuto del 13,5% tra il 2021 e il 2023, i due bonus edilizi sono responsabili di circa 2,6-3,4 punti, circa un punto di Pil all’anno contro tre di costo.

Bankitalia conferma che Superbonus e bonus facciate hanno contribuito per tre quarti alla crescita del valore aggiunto nel settore edile. Al contrario, altri settori hanno mostrato una ripresa più moderata. Viene comunque sottolineato che l’analisi effettuata non consente una valutazione completa del programma. Gli economisti hanno limitato l’indagine agli investimenti addizionali e al Pil, trascurando l’impatto ambientale e l’efficienza energetica degli edifici, la sicurezza antisismica, la trasferibilità dei crediti di imposta e l’effetto sui prezzi dell’edilizia. Tuttavia, è possibile che alcune delle problematiche non prese in esame da Bankitalia potrebbero aver avuto conseguenze negative, creando incertezza tra i beneficiari delle sovvenzioni e implicazioni per il bilancio pubblico.

La conclusione è chiara: incentivi troppo generosi, senza limiti di reddito e con aliquote elevate che implicavano costi nulli o minimi grazie alla cessione del credito e allo sconto in fattura.

Durante la pandemia del 2020, le decisioni relative ai bonus sono state prese in condizioni non ottimali, mancando un processo decisionale ponderato. Tuttavia, Bankitalia critica aspramente la gestione successiva, accusando normative troppo ampie e persistenti fino allo stop quasi definitivo di aprile.

Questo ha portato quello che è stato definito “il più grande stimolo fiscale per il settore delle costruzioni introdotto in tutta l’Ue negli ultimi due decenni” ad uscire di controllo, con conseguenze devastanti sul deficit e sul debito pubblico, le cui ripercussioni si faranno sentire per anni.

L’analisi della Banca centrale italiana ha fatto registrare la reazione di Fratelli d’Italia. Per il capogruppo alla Camera, Tommaso Foti, “Ad alzare una verità inconfutabile sul Superbonus provvede, per la prima volta, l’analisi di Bankitalia: una ‘perdita secca’ di 45 miliardi pari a 3 punti di Prodotto interno lordo all’anno. Secondo la banca centrale le entrate fiscali extra derivate dai bonus sono state significativamente inferiori al costo lordo dello stesso per le casse dello Stato. Svanisce quindi nel nulla la tesi cara al pifferaio del popolo Conte del costo zero del Superbonus, che invece e per contro porta ad un ulteriore aggravamento del debito pubblico che dovrà essere rimborsato in futuro”.

 

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