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Travestimenti, finti documentari, e poi la bancarotta fraudolenta. Non ci si annoia con Marco D’Arrigo, prima un imprenditore visionario con tanto di metodi innovativi, qualcuno li definiva poco ortodossi ma tant’è. La ricerca spasmodica di visibilità alimentata con la partecipazione ad un reality su Rai Due. Ma ora che ha trascinato con sé California Bakery, un marchio che soprattutto a Milano era diventato sinonimo di gusto, un bistrot che ti faceva sentire in California sulla spiaggia di Malibù e però eri a Milano a due passi dal Duomo (ricordate in via Larga con tanto di giardino al suo interno, un posto incantevole quanto raffinato dove gustare un ottimo brunch di domenica mattina dopo i bagordi del week end?), la sua traiettoria personale e professionale assume un retrogusto amaro. Di ascesa e declino, come solo la vita sa mescolare, replicando nella realtà il gioco di un personaggio innovativo, quanto spregiudicato, grande coltivatore di relazioni, amante e conoscitore dell’american way of life che soprattutto a Milano raccoglie tanti proseliti (meno al Sud, dobbiamo dire, dove preferiscono ancora il cornetto col caffè, al massimo la sfogliata a Napoli città).

La sentenza

Ebbene, ora è stato condannato D’Arrigo. Nel processo per bancarotta nato dal fallimento della galassia di società che ruotavano intorno al suo marchio  è stato condannato il fondatore della catena a 4 anni e 4 mesi con rito abbreviato. Assolti invece il suo commercialista e consulente Emiliano Villa e la manager Maria Luisa Castiglioni. Quest’ultima ha guidato Panini Durini fino al novembre dello scorso anno quando è uscita dalla società dopo che le sue deleghe le erano state revocate tra crescenti difficoltà nella gestione e malumori dei dipendenti. 

Le condotte fraudolente e il rilancio del marchio con un nuovo proprietario

D’Arrigo, come indicato nelle imputazioni formulate dal pm milanese Elio Ramondini, in qualità di legale rappresentante di California Bakery, tra il 2004 e il 2019, avrebbe dissipato il patrimonio della società. Tra le condotte contestate nelle indagini prelievi dai conti societari, la presunta falsificazione delle scritture contabili e l’accumulazione di debiti nei confronti dell’Erario. La società fallì con un passivo di oltre 8 milioni di euro, tra cui oltre 7,2 milioni per debiti fiscali. Per D’Arrigo il giudice ha comunque riconosciuto le attenuanti generiche. E ha disposto sempre nei suoi confronti il divieto all’esercizio di un’impresa commerciale per due anni. E’ importante sottolineare che i ristoranti California Bakery sono ancora attivi: il marchio, nel 2021, è stato acquistato dal Gruppo Ten Food & Beverage, estraneo al procedimento sul precedente fallimento, che ha rilanciato l’insegna e aperto nuovi locali.

La partecipazione al reality

Nel 2018 D’Arrigo partecipò al reality “Boss in incognito” su Rai 2, nel quale un imprenditore diventava in incognito (con trucco e travestimento) un dipendente della propria società. Durante lo show documentava le giornate di lavoro insieme a una troupe televisiva facendo credere ai dipendenti veri che si trattava di un documentario. Al termine della puntata, tornava nel suo ruolo convocava i dipendenti con cui aveva interagito, facendo notare loro cose positive e negative che aveva osservato: i meritevoli venivano ricompensati con aumenti di stipendio, contratti a tempo indeterminato (per i precari), viaggi premio per la famiglia. Il primo bistrot nacque a Milano nel 1995, quando Marco D’Arrigo (siciliano di nascita ma milanese di adozione) decise di rilevare una bakery gestita da una signora americana. Da quel momento ha iniziato a studiare i segreti delle ricette della tradizione made in Usa convertendosi in un cultore della materia. Poi, evidentemente, il salto più lungo della gamba. Avventato forse, ingenuo, sfrontato, non lo sappiamo. Due anni di stop adesso, ma in America fallimento non è sinonimo di resa incondizionata, conoscendolo ci riproverà.

 

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