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Si era rivolto a una società di consulenza che sosteneva di poter difendere i clienti delle banche da usura e anatocismo (ovvero il calcolo degli interessi sugli interessi già maturati su una somma dovuta). Ma racconta di essere caduto in un raggiro e oggi, un aretino di 63 anni, G.I. residente a Loro Ciuffenna, si trova sovraindebitato a causa di spese legali e per lo svolgimento di perizie (ritenute inutili dai giudici) e arriva con estrema difficoltà a fine mese. La storia del 63enne è una delle tante che si legano a una società di Brescia, la Sdl Centro Studi spa, il cui fallimento è stato dichiarato lo scorso gennaio dal tribunale della cittadina lombarda. 

Tutto ha inizio nel luglio del 2016 quando l’uomo ha firmato un contratto con cui ha incaricato la società di svolgere alcune perizie “econometriche” su tre mutui, per poi intentare una causa contro altrettanti istituti di credito. L’accusa nei confronti delle banche era quella di aver applicato tassi di interesse ritenuti da usura. In quegli anni la società affermava di avvalersi di un software messo a punto e certificato dall’università di Bologna. In realtà si trattava dell’Università Popolare di Milano che però, nel 2013 è stata diffidata dal Ministero dell’Istruzione dal rilasciare titoli accademici con valore legale. La società ha affiancato all’aretino un legale che lo ha seguito nelle successive cause, chiedendo il pagamento di parcelle che sarebbero andate al di là di quanto previsto nel contratto firmato dall’uomo. Infine ha stipulato due assicurazioni con Lloyd’s che avrebbero dovuto coprire le spese qualora le cause contro gli istituti di credito fossero naufragate.  “Le cause contro le banche sono andate male – spiega la ex moglie, che in questo delicato momento lo sta sostenendo anche economicamente – ma l’assicurazione non sta pagando nulla e il mio ex marito si è trovato (oltre a dover pagare i mutui) ulteriori debiti”.

Così oltre ai mutui ipotecari che aveva stipulato con le banche, oggi l’uomo si trova a dover pagare 6270 euro previste dal contratto Sdl e le spese per l’attività dell’avvocato e le spese per le due cause perse di fronte al tribunale di Arezzo che i giudici lo ha condannato a rifondere. Un totale di circa 40 mila euro. Una batosta dalla quale appare difficile rialzarsi. 

“L’incontro con l’avvocato – racconta la ex moglie – è avvenuto poco tempo dopo la firma del contratto. Ma è stato tutto strano, addirittura si sono visti lungo il tratto aretino dell’A1. Poi sono iniziate le pratiche: una volta che le perizie erano state eseguite, ci hanno detto che era necessario agire contro le banche di fronte a un giudice.  Nel frattempo, per sostenere le spese avevamo preso un finanziamento”. Così l’uomo si ritrova in un vortice di pagamenti e scadenze, ma sempre con la speranze di avere indietro soldi che pensava di aver dato alle banche ingiustamente. 

I procedimenti legali – due – iniziano, ma si concludono nel 2017 in modo negativo per la coppia aretina. “L’avvocato non si è più visto, ci sentivamo per email o telefono fino a quando mi ha inviato una mail dove si diceva che il Parlamento Italiano aveva alzato la percentuale del tasso di soglia (legge 108/96) e quindi noi non avevamo subito un danno. Avevamo perso le cause. L’usura improvvisamente non c’era più e a me è crollato il mondo addosso”.

L’unica scappatoia per poter pagare anche le spese legali era quello di un rimborso da parte dell’assicurazione: “Avevamo stipulato due polizze con le quali, in caso di sconfitta in tribunale l’assicurazione avrebbe coperto le spese legali. Invece non è andata così”

La donna in questi mesi ha scritto alla Cassazione e ha scritto anche alla presidente del consiglio Giorgia Meloni: “Ho scritto chiaramente che non abbiamo più soldi nemmeno per mangiare. Siamo sovra indebitati e se le assicurazioni che abbiamo pagato ci rimborsassero potremmo tirare il fiato”.

Al suo fianco i due ex coniugi hanno anche un’associazione, la Sos Difesa Legalità fondata da Deborah Betti – cittadina che si trovò a combattere la stessa battaglia dei due aretini – nel 2015. Da allora sono state centinaia le cause di cittadini che si sono trovati nella medesima situazione. Molti hanno portato la società in tribunale e hanno vinto le cause. Oggi c’è una sentenza che decreta il fallimento della società, ma i problemi restano.

L’aretino e la sua ex moglie intanto aspettano e sperano. Non si arrendono e continuano a scrivere alle istituzioni per chiedere giustizia. E adesso attendono la risposta della premier Meloni.  

 

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