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Nei prossimi mesi inizieremo a comprendere se il tema degli «adeguati assetti» troverà finalmente in Italia la centralità che esso merita nell’indispensabile processo di rinnovamento della cultura delle imprese. Nel contesto amministrativo, infatti, gli adeguati assetti organizzativi possono riguardare la corretta conservazione della documentazione, la gestione delle risorse umane, la definizione di processi di controllo interno e la creazione di procedure per la gestione finanziaria. Si tratta di un’attività introdotta dal Codice della Crisi d’Impresa e dell’Insolvenza che prevede l’istituzione di un assetto organizzativo adeguato anche in funzione dell’intercettazione della crisi d’impresa e della perdita della continuità aziendale.

La scelta decisiva

Si tratterà, come al solito, di scegliere se continuare a sottovalutarne la portata (a distanza di più di 5 anni dall’introduzione del loro obbligo nella normativa civilistica!), oppure se costruire finalmente – intorno alla loro accurata adozione (e permanente verifica) – un nuovo modo di strutturare, organizzare e gestire le nostre aziende.

Conseguenze della sottovalutazione

Inutile aggiungere che se la scelta non sarà la seconda, il nostro sistema economico rischierà di perdere un treno fondamentale per la sua ripresa e la sua resistenza. È chiaro a tutti che oggi la complessità e la volatilità senza precedenti dei mercati – di tutti i mercati – rendano le imprese, inevitabilmente, più vulnerabili. Conseguendone, inesorabilmente, la necessità di attrezzarsi in modo molto più raffinato del passato per difendersi dalle congiunture sfavorevoli. Ciò con inevitabili riflessi anche sulla sostenibilità loro e del sistema nel suo complesso.

Esg e crisi delle imprese

Se, infatti, si declinano naturalmente gli esg ragionando di attività in essere, sarebbe bene incominciare a farlo analizzando anche quanto costino le crisi delle imprese (e non solo quelle irreversibili; e non solo in termini strettamente economico-finanziari; e non solo ai loro stakeholders) al Pianeta.

Distruzione della ricchezza e gestione liquidatoria

Chi si occupa storicamente di restructuring sa cosa significa in termini di distruzione della ricchezza qualsiasi processo di spegnimento, concorsuale o meno. Distruzione che può essere limitata da modalità più efficienti di gestione liquidatoria, ma mai annullata. Ricchezza che è stata di norma prodotta «consumando», come sempre, un pezzetto del Pianeta. E per la cui riproduzione e sostituzione sarà necessario consumarne un altro pezzetto.

Necessità di imprese attrezzate e resistenti

Ecco perché, oggi più che mai, imprese attrezzate e resistenti di fronte alle inevitabili difficoltà che sempre più frequentemente si frappongono al loro percorso sono indispensabili al sistema e che a nessuno può più essere consentito di introdurre nella società attività produttive, distributive e di servizio gracili e incapaci di reagire alle avversità. Insomma, se è inconcepibile che circolino automobili senza impianto frenante, deve essere pure risolutamente vietato che operino imprenditori privi di assetti (e non solo contabili, ma anche organizzativi e amministrativi!) che siano effettivamente adeguati alla loro attività e al «rischio» (anche quello della crisi e dello spegnimento, che oggi più che mai non è l’affare privato di una ristretta cerchia) che essi introducono nella società. E devono essere vietate – e sanzionate, come l’autorità giudiziaria sta iniziando a fare, finalmente – le soluzioni elusive, al ribasso.

Errori da evitare e necessità di alzare l’asticella

Chi pensa di «adeguarsi», adottando magari una piattaforma minima e un software qualsiasi, a basso costo, da affidare a risorse impreparate e utilizzato al regime più basso possibile, compie lo stesso errore di chi adotta Modelli 231 acquistati in un hard discount. È invece necessaria la volontà di affrontare questo momento alzando l’asticella, volando alto e sottoponendosi ad una metodica e impietosa disamina dei propri punti di debolezza.

Alleanza tra imprese, banche e professionisti

Naturalmente ciò sarà possibile per la gran parte delle piccole e medie imprese solo stipulando una grande alleanza – di «sistema», appunto – con il ceto bancario e con quello professionale. Con le banche, innanzitutto, alle quali le norme europee che dovranno essere applicate a giorni imporranno processi di valutazione del merito creditizio molto più continuativi e lungimiranti; oggettivi e predittivi contemporaneamente. Ciò costituirà uno strumento di evangelizzazione e, comunque, di pressione quanto al fatto che le imprese debbano togliersi dalla testa di poter far finta di nulla.

Ruolo dei professionisti

Con i professionisti, quindi, (commercialisti e avvocati per primi) che dovranno accompagnare i loro clienti in scelte strategiche serie, negli investimenti conseguenti e in una attività di consulenza costante, profonda e mirata. Se questa alleanza ci sarà, il nostro sistema imprenditoriale potrà rilanciarsi nel suo complesso e, in fin dei conti, fare il suo dovere verso le prossime generazioni. E questo è ormai il suo obbligo ineludibile.

*senior partner
La Scala Società tra Avvocati




MF – Numero 126 pag. 14 del 27/06/2024

 

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