Nel valutare le istanze di condono relative ad
opere che – pur facendo parte dello stesso insediamento – risultano
realizzate in momenti differenti, sottoposte a
vincoli differenti e oggetto di richieste di
sanatoria differenti, è fondamentale che l’Amministrazione esegua
una corretta verifica mediante la debita
distinzione delle varie opere, soprattutto nel caso in cui queste
non facciano riferimento allo stesso regime normativo.
Difatti, né il diniego del condono né l’emissione dell’ordinanza
di demolizione risultano legittimi se disposti – in maniera
unitaria e a priori – in relazione ad un intero
insediamento che, invece, al suo interno presenti
manufatti diversi tra loro per periodi di realizzazione, domande di
condono presentate, vincoli paesaggistici imposti ed epoche di
efficacia degli stessi vincoli.
Opere oggetto di discipline condonistiche differenti:
necessaria valutazione separata
A spiegarlo è il Consiglio di Stato con la
sentenza del
13 marzo 2024, n. 2481, con cui ha respinto il ricorso
proposto da un Comune contro la sentenza del TAR, secondo cui
l’istruttoria disposta dall’Amministrazione era carente, senza
adeguate verifiche e caratterizzata da un’erronea visione unitaria
– che ha portato al diniego di 3 richieste di condono
separate e all’emissione di un’ordinanza di demolizione,
riferiti indistintamente ad un complesso di opere, per le quali,
invece, la sanabilità avrebbe dovuto essere valutata in virtù di
normative differenti.
In questo caso particolare, la società proprietaria ha
presentato appunto tre istanze di condono, di cui:
- la prima nel 1995, ai sensi della Legge n.
724/1994 (Secondo Condono Edilizio), per un immobile di
circa 200 mq adibito al deposito di automezzi e attrezzature, i cui
lavori sono stati completati nel 1989; - le altre due nel 2004, ai sensi della Legge n.
326/2003 (Terzo Condono Edilizio), per i seguenti
interventi completati nel 2003: realizzazione di un immobile di
circa 50 mq adibito ad uffici; occupazione di un’area di 618 mq per
l’installazione di strutture prefabbricate impiegate per alloggio
custode, spogliatoi e bagni, nonché installazione di tettoie in
lamiera zincata per ricovero mezzi, in sito differente rispetto al
deposito relativo alla prima domanda di condono.
Palazzo Spada ha confermato il giudizio di primo grado,
ritenendo che il Comune avrebbe dovuto, innanzitutto, valutare
distintamente le differenti domande tenendo conto delle separate
discipline legate al rilascio del secondo e del terzo condono
edilizio, essendosi limitata invece a rigettare le istanze sulla
base del fatto che i manufatti insistevano su area del demanio
stradale e che l’intera area di ubicazione dell’insediamento era
interessata da vincoli urbanistici, paesaggistici, ambientali,
idrogeologici e archeologici.
In secondo luogo poi, anche rispetto alle singole istanze, si
sarebbe dovuta compiere una valutazione specifica delle opere in
base al periodo di realizzazione, alla natura delle stesse e, in
questo caso, anche in base all’apposizione di differenti regimi
legati ai vincoli paesaggistici.
Secondo e Terzo Condono edilizio: quali differenze?
La disciplina di cui al Secondo Condono recepisce quanto già
disposto dalla normativa legata al Primo Condono Edilizio (Legge n.
47/1985) che, per ciò che concerne questo caso, prevede che:
- il rilascio della sanatoria può essere ammesso anche per gli
abusi realizzati in aree sottoposte a vincoli paesaggistici e/o a
vincoli di inedificabilità assoluta, se sono
sopravvenuti alla realizzazione delle opere, previo parere
dell’Autorità preposta alla tutela del vincolo; - sono condonabili anche le opere realizzate su aree di proprietà
di Enti pubblici territoriali, in assenza di un titolo di godimento
del suolo, se l’Ente è disponibile a concedere onerosamente l’uso
del suolo; - l’eventuale difformità dalla disciplina urbanistica non
è rilevante a meno che non si tratti di vincoli
urbanistici di inedificabilità assoluta “a tutela di interessi
storici, artistici, architettonici, archeologici, paesistici,
ambientali, idrogeologici”.
Il Terzo Condono del 2003 invece prevede restrizioni molto
maggiori, in quanto ha specificamente individuato le tipologie di
opere condonabili, oltre ad aver limitato le possibilità di
sanatoria in presenza di vincoli. In particolare:
- sono state distinte le tipologie di illecito, consentendo nelle
aree vincolate la sanatoria esclusivamente per le opere di
restauro, risanamento conservativo e manutenzione
straordinaria; - è stato disposta l’impossibilità di sanare gli interventi di
nuova costruzione e di ristrutturazione
edilizia commessi in zona sottoposta a vincoli (di
inedificabilità assoluta o relativa) imposti prima della
realizzazione delle opere, a prescindere dal parere dell’Autorità
preposta alla tutela; - è stato posto il divieto di sanare le opere difformi dagli
strumenti urbanistici realizzati nelle aree sottoposte a vincolo
preesistenti.
Diniego condono e demolizione: annullati per istruttoria
carente
Si rileva che, solo in seguito ad apposita procedura di
verificazione ordinata dal TAR, è stato possibile distinguere le
opere collocate nell’insediamento, mentre l’unico provvedimento di
diniego emesso dal Comune in riferimento alle tre diverse istanze
di condono, è risultato essere stato condotto mediante palese
difetto di istruttoria.
Essendo infatti le opere realizzate in parte condonabili, in
parte non condonabili, in altra parte ante ’67, e
alcune infine non necessitanti del titolo in quanto opere
pertinenziali, il Comune avrebbe quindi dovuto:
- distinguere le differenti istanze di condono;
- valutare separatamente le opere oggetto delle singole
domande; - specificare la natura dei vincoli imposti, se di edificabilità
assoluta o solo relativa, ai fini del secondo condono; - precisare il periodo di apposizione di tali vincoli rispetto
all’anno di realizzazione delle opere.
In conclusione, in virtù dei vizi legati ad un’istruttoria
condotta in maniera negligente, il ricorso è stato respinto,
confermando l’annullamento sia del diniego delle istanze di
sanatoria che dell’ordinanza di demolizione.
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