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È frequente nella realtà la fattispecie in cui un genitore non adempia agli obblighi di natura economica nei confronti dei figli, ovvero che ostacoli il corretto svolgimento delle modalità di affidamento e dell’esercizio della responsabilità genitoriale.

Nei casi in cui si verifichino tali inadempienze il legislatore ha previsto, nella recente Riforma Cartabia, un articolo apposito per disciplinare tale fattispecie: l’ art. 473 bis.39 c.p.c.

Tale articolo è un restyling, alla luce della Riforma, dell‘art. 709 ter c.p.c., ormai abrogato e che è stato in vigore fino al 27 febbraio 2023.

Una particolarità dell’ art. 473 bis.39 c.p.c. è data dal rafforzamento dei poteri officiosi del giudice.

Ambito applicativo

La nuova disciplina prevede, infatti, che, “in caso di gravi inadempienze, anche di natura economica, o di atti che arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell’affidamento e dell’esercizio della responsabilità genitoriale, il giudice può d’ufficio modificare i provvedimenti in vigore e può, anche congiuntamente:
a) ammonire il genitore inadempiente;
b) individuare ai sensi dell’articolo 614-bis la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni giorno di ritardo nell’esecuzione del provvedimento;
c) condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di 5.000 euro a favore della Cassa delle ammende.
Il giudice può inoltre condannare il genitore inadempiente al risarcimento dei danni a favore dell’altro genitore o, anche d’ufficio, del minore.
I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari”

Una novità rilevante prevista da tale norma, rispetto alla disciplina previgente la riforma, è data dal fatto che le “gravi inadempienze“, che possono sollecitare l’intervento del giudice, sono anche quelle di natura economica; il legislatore con tale novità ha superato l’orientamento della Corte Costituzionale (C. Costituzionale 10 luglio 2020, n. 145) che, anche, in tale recente sentenza aveva ritenuto che l’art. 709-ter, comma 2, c.p.c., dovesse essere interpretato nel senso che il mancato pagamento dell’assegno di mantenimento della prole, nella misura in cui è già sanzionato penalmente, non doveva essere compreso nel novero delle condotte inadempienti per le quali poteva essere irrogata dall’autorità giudiziaria adita la sanzione pecuniaria del pagamento alla Cassa delle Ammende. Le condotte suscettibili di tale sanzione – a parere della Consulta – dovevano infatti essere “altre“, ossia soltanto le tante condotte, prevalentemente di fare infungibile, che possono costituire oggetto degli obblighi relativi alla responsabilità genitoriale e all’affidamento di minori.

Il legislatore, invece, con tale norma superando l’interpretazione costituzionalmente orientata ha, invece, precisato che rientrano nel novero delle “gravi inadempienzeanche quelle di natura economica e non solo quelle condotte di fare infungibile, come, ad esempio, quelle relative all’affidamento della prole e all’esercizio del diritto di visita.

Il potere d’ufficio del giudice di determinare misure sanzionatorie

L’articolo in esame, inoltre, concede al giudice il potere d’ufficio di individuare, ai sensi dell’articolo 614-bis c.p.c., la somma di denaro dovuta dall’obbligato per ogni violazione o inosservanza successiva ovvero per ogni giorno di ritardo. Questa misura vorrebbe fungere da deterrente, operando una sorta di coercizione dell’obbligato al rispetto dei provvedimenti.

A tal proposito, la Relazione illustrativa al decreto legislativo 10 ottobre 2022, n. 149 in Gazz. Uff. 19.10.2022, serie gen. n. 245, suppl. ord. n. 5, offre indicazioni utili per l’interpretazione dell’art. 473 bis 39, sostenendo che: “Il giudice una volta verificata la sussistenza dei descritti comportamenti incidenti negativamente sul corretto svolgimento del programma di affidamento, ovvero anche per gravi inadempienze di ordine economico, può intervenire a modificare il provvedimento vigente e, anche in assenza di istanze di parte, procedere a condannare le parti al pagamento delle sanzioni descritte dalla norma. La natura di queste ultime, tipicamente sanzionatoria, può essere ricondotta, a quei “punitive damages“, molto diffusi nei paesi di Common law, previsti in relazione a comportamenti denotati dalla cd. “malice” (assimilabile al dolo del nostro ordinamento) relativi alla possibile lesione di diritti fondamentali. La natura sanzionatoria assimilabile tipicamente a quella di natura penale di tali provvedimenti ne consente la cumulabilità con il risarcimento del danno previsto dal successivo quarto comma dell’articolo in esame. Risarcimento al quale il giudice può procedere anche d’ufficio nel caso venga disposto in favore del minore.”

Come si impugnano i provvedimenti assunti dal giudice

L’ultimo comma della norma stabilisce infine che “I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari”. La norma riproduce il disposto dell’art. 709-ter c.p.c. e deve essere interpretata come riferita ai mezzi tradizionali e comuni di impugnazione previsti per il modello formale di provvedimento nel cui ambito le misure vengono in concreto in emanate, intendendosi dunque che le misure previste dalla norma in esame sono sempre impugnabili nelle forme previste per il provvedimento che fa ad essi da cornice.

Ciò significa, a mero titolo esemplificativo, che dovrà considerarsi esperibile l’appello avverso le sentenze e il reclamo ex art. 473 bis.24 avverso i provvedimenti temporanei e urgenti di cui all’art. 473 bis.22.

La competenza e la forma della domanda

Qual è il giudice competente a conoscere i procedimenti ex art. 473 bis 39?
Per l’attuazione dei provvedimenti sull’affidamento del minore e per la soluzione delle controversie in ordine all’esercizio della responsabilità genitoriale è competente il giudice del procedimento in corso, che provvede in composizione monocratica.
Se, invece, non pende un procedimento è competente, in composizione monocratica, il giudice che ha emesso il provvedimento da attuare o, in caso di trasferimento del minore, il luogo di residenza abituale del minore.

La forma della domanda è quella prevista dal rito unitario, cioè il ricorso, con annesse quelle incombenze, a seconda del caso concreto, enunciate dall’art. 473 bis 12 .

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*A cura del Prof. Avv. Giancarlo Cerrelli, Partner 24 ORE Avvocati

 

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