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Bancarotta fraudolenta: con questo addebito è stato arrestato e messo ai domiciliari l’architetto e imprenditore Alex Amirfeiz, 51 anni, una carriera professionale che lo avevaa portato a restaurare il Colosseo. Nell’inchiesta a carico del professionista, condotta dalla Guardia di Finanza, sono indagati cinque commercialisti (Gianluca Accomazzo, Paolo Grasso, Carlo Moriani, Luca Verdino, Carlotta Testino, Roberto Maria Benedetti, Riccardo Costa e Carlo Laganà), sottoposti a interdizione professionale, e sono stati sequestrati 3,3 milioni di euro. Le accuse sono di bancarotta fraudolenta per distrazione e per dissipazione, false comunicazioni sociali, bancarotta impropria da false comunicazioni sociali ed auto-riciclaggio

L’inchiesta riguarda il fallimento di Aspera, l’ex azienda di Amirfeiz, che un tempo aveva 130 dipendenti e superava i 20 milioni di fatturato annuo. La società, che aveva sede nel quartiere di Albaro, attiva nelle costruzioni industriali e civili, si era specializzata nel restauro di edifici storici e monumentali: dal 2013 al 2016 aveva lavorato al restauro del principale monumento di Roma e della civiltà classica, operazione finanziata da Diego Della Valle, e aveva sedi a Roma, Milano, Torino e Pisa.

La società era stata dichiarata fallita nel 2019, andata a vuoto la richiesta di accesso al concordato preventivo. Amirfeiz – a suo tempo tra i principali collaboratori in Regione di Sandro Biasotti, durante il mandato di governatore del futuro parlamentare di centrodestra – aveva attribuito il tracollo societario alla crisi del settore e ai ritardi nei pagamenti da parte della pubblica amministrazione. Secondo la procura, che ha coordinato le indagini del Nucleo operativo della guardia di finanza, gli indagati avrebbero fatto fallire la Aspera.  Dopo la dichiarazione di fallimento erano partite le indagini, concentrate anche sulle società che facevano capo all’amministratore delegato della fallita. Gli investigatori hanno analizzato i bilanci e libri contabili accertando, secondo l’accusa, numerose operazioni “sospette”, come la completa svalutazione di crediti maturati nel tempo e stralciati nell’ultimo bilancio prima del fallimento, pagamenti su conti transitori privi di giustificazione, indebita svalutazione di rimanenze, esecuzione di bonifici per finanziamenti infruttiferi e successiva rinuncia al credito maturato. Il depauperamento della società sarebbe partito dal 2015 e, attraverso l’esposizione in bilancio di fatti rilevanti non rispondenti al vero, ha impedito ai terzi creditori di avere la piena consapevolezza sulla reale condizione debitoria. I finanzieri hanno accertato debiti a partire dal 2014 e fino al fallimento del 2018, pari a circa 18 milioni.

 

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