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Le imprese che hanno avuto accesso a una procedura concorsuale possono avvalersi della “rottamazione” dei ruoli (articolo 1 della legge 197/2022), alla quale tali soggetti hanno interesse a fare ricorso quando questa permette una riduzione degli importi da pagare al Fisco rispetto a quelli che dovrebbero venire versati mediante l’ordinario corso della procedura. Tuttavia, qualche problema sta emergendo circa il trattamento degli importi dovuti per effetto della definizione agevolata.

Infatti, il comma 248 del citato articolo 1, ai sensi del quale «alle somme occorrenti per aderire alla definizione agevolata, che sono oggetto di procedura concorsuale nonché di tutte le procedure di composizione della crisi d’impresa, si applica la disciplina dei crediti prededucibili», viene letto – da qualche ufficio dell’agenzia delle Entrate, e non solo – nel senso che tali somme dovrebbero essere pagate anteriormente al soddisfacimento dei crediti che hanno rango inferiore rispetto a quelli erariali.

In realtà detta norma stabilisce soltanto che «si applica la disciplina dei crediti prededucibili» e con riguardo al concordato preventivo e al piano di ristrutturazione soggetto a omologazione ciò significa che trova applicazione l’articolo 98 del Codice della crisi, il quale dispone che «i crediti prededucibili sono soddisfatti durante la procedura alla scadenza prevista dalla legge o dal contratto».

Orbene, il comma 232 dell’articolo 1, dunque una norma di legge, consente che le somme occorrenti per la “rottamazione” vengano pagate in diciotto rate nell’arco di poco meno di cinque anni; ne consegue che il versamento rateale di tali somme rispetta pienamente la disciplina dei crediti prededucibili dettata dall’art. 98 del Codice della crisi anche quando viene eseguito alle scadenze previste della legge e non solo in un’unica soluzione senza dilazione.

Da un lato, il comma 248 non può certamente essere interpretato in modo da privare di effettività la prededuzione da esso prevista, ma, dall’altro, non può esserne nemmeno data un’interpretazione da cui discenda l’abrogazione della norma (comma 238) che consente la dilazione di pagamento testé menzionata.

Poiché la prededuzione, come ha statuito la Corte di Cassazione (11 giugno 2019, n. 15724), consiste in un’operazione di prelevamento e separazione di una parte del patrimonio del debitore, non vi è dubbio che il pagamento dei crediti prededucibili debba essere assicurato, ma ciò può avvenire anche senza un pagamento integrale in un’unica soluzione, potendo tale assicurazione essere fondata sull’attestazione del piano o ad esempio sulla creazione di un vincolo di destinazione su una congrua parte del patrimonio del contribuente.

Se la procedura ha natura liquidatoria, non sussistono invero ragioni per non pagare i debiti prededucibili prima di quelli di rango inferiore; tuttavia, se l’attività prosegue e la dilazione può essere indispensabile ai fini del risanamento dell’impresa debitrice, nel senso che le somme non impiegate per il pagamento immediato della definizione agevolata possono essere essenziali per il pagamento degli ordinari oneri gestionali e quindi per la continuazione dell’attività, la prededuzione deve essere intesa in senso “dinamico”.

LA DISCIPLINA

L’obbligo
Alle somme occorrenti per aderire alla definizione agevolata, che sono oggetto di procedura concorsuale nonché di tutte le procedure di composizione della crisi d’impresa, si applica la disciplina dei crediti prededucibilI (articolo 1, comma 248, Dl 197/2022).

I tempi
I crediti prededucibili sono soddisfatti durante la procedura alla scadenza prevista dalla legge o dal contratto.
L’articolo 98 del Codice della crisi è applicabile al concordato preventivo e, in virtù del rinvio del comma 9 dell’articolo 64-bis, anche al Pro.

 

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