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La montagna si fa sempre più alta. Anziché calare l’ammontare delle cartelle esattoriali non riscosse ha sfondato il tetto di 1.200 miliardi di euro. La cifra esatta l’ha fornita il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Ernesto Maria Ruffini, intervenuto sul tema, anticipando quello che con molta probabilità sarà uno dei dati del prossimo rapporto sull’attività dell’Agenzia delle Entrate e della Riscossione. Appena 24 ore prima il viceministro dell’Economia, Maurizio Leo, con ampia delega sulle questioni fiscali a Via XX settembre, aveva parlato di 1.180 miliardi. La cifra continua a crescere a vista d’occhio, basti pensare che nel 2022 si era arrivati a 1.150 miliardi, anno in cui nel magazzino sono entrate le cartelle della Riscossione Sicilia, appensantendo di svariati miliardi il dato dell’anno. E questo nonostate il susseguirsi di sanatorie e rottamazioni. Proprio in queste ore si discute se riaprire la quater, dando modo a chi non era riuscito a pagare le prime rate di rientrare.

Con la prima manovra del governo Meloni era stata anche varata la cancellazione delle cartelle fino a 1.000 euro e sconti sull’importo da pagare di quelle fino a 3.000 euro. L’impatto di tale provvedimento è stato però quasi impercettibile. Anzi è quasi come svuotare il mare con un secchiello. Benché l’Agenzia stia migliorando le performance di riscossione e l’entità degli sgravi sia consistente, il flusso dei carichi affidati diventa sempre più consistente. Quindi se da una parte si riesce a riscuotere 10 o 15 miliardi di euro, dai circa 8.000 enti affidatari – ministeri, Comuni, enti, ordini professionali – dall’altra arriva una mole di tasse non pagate di segno inverso di 60-70 miliardi. Si parla, ad esempio della Camera di commercio cui non è stata pagato il tributo annuale da una azienda o della Cassa previdenziale che sollecita un iscritto. Insomma, il volume dei tributi non riscossi aumenta sempre più.

I numeri sono “il segno evidente del fatto che non si riesce a smaltire il residuo del magazzino fiscale”, spiega Marco Cuchel, presidente dell’Associazione nazionale commercialisti. “Lo stesso direttore dell’Agenzia delle Entrate ha peraltro  detto che soltanto 101 miliardi dei 1.200 totali sono effettivamente riscuotibili. L’ammontare continua a crescere perché la pressione fiscale è troppo alta, l’economia ancora non si è ripresa a pieno e quindi le imprese non riescono a pagare le imposte ordinarie. Dobbiamo ricordare che nella maggior parte dei casi non è evasione, parliamo di soggetti economici che hanno dichiarato le imposte ma che per varie difficoltà non riescono a pagare. Ora arriveranno tutte le cartelle per chi non ha potuto pagare nel periodo del covid. Sicuramente crescerà il credito da riscuotere. Le varie rottamazioni a saldo e stralcio e l’eliminazione delle cartelle entro i 1.000 euro riguardano soltanto agli anni del pregresso. Ora arriveranno le nuove cartelle, comprese quelle degli gli anni cruciali della pandemia”.

“Occorre mettere i contribuenti nelle condizioni di pagare con tempi ben più lunghi rispetto all’ultima rottamazione. Per come è stata strutturata per molti non è possibile adempiere. Ad esempio le prime due rate richieste sono molto consistenti, pari al 20% del totale dovuto, e sono state messe molto ravvicinate, a distanza di un mese tra ottobre e novembre, quando già ci sono altre scadenze ordinarie”, aggiunge. “Occorre un altro provvedimento per permettere di includere nuovamente chi non è riuscito a pagare e chi ha ricevuto nuove cartelle. È importante mettere i soggetti in difficoltà nelle condizioni di pagare. Altrimenti il magazzino continuerà a essere formato da crediti non più riscuotibili. Una soluzione è ad esempio eliminare quelli riferiti a soggetti deceduti o falliti”.

Ma non è l’unico problema.

“La riscossione è facile quando il debitore ha qualcosa da perdere e quindi paga perché sa che potrebbe essere espropriato. Quando il debitore è fallito, morto oppure è semplicemente accorto nel proteggere il proprio patrimonio intestandolo ad altri, siano, figli, società trust, prestanome, entità estere, allora ci vuole Sharlock Holmes e nessuno ha voglia di farlo. L’Agenzie delle entrate e riscossione si muove con piedi di piombo, nel rispetto delle forme. Dobbiamo poi considerare un sistema di tutela del credito debole, il codice civile è improntato al favor debitoris e le procedure di esproprio sono lente. A pagare sono solo i grandi”, spiega ad HuffPost il tributarista Raffaello Lupi.

Per il professore il grande errore è stato separare la gestione dei crediti dalla loro riscossione. “L’agenzia delle Entrate-Riscossione fa cose che potrebbe fare l’ente creditore che conosce meglio il debitore, avendo avuto con lui contatti precedenti. È inutile che un Comune faccia scrivere a un debitore dall’Agenzia prima che inizi l’esecuzione coattiva sull’Imu. Tanto vale lo faccia direttamente l’amministrazione locale. L’Agenzia dovrebbe occuparsi del pignoramento, ma prima dovrebbe essere l’ente impositore ad agire perché sa da cosa deriva il credito, conosce meglio il contribuente e lo ha già profilato. L’Entrate-Riscossione deve iniziare tutto da capo. Inoltre è meglio che i precetti li mandi il Comune, così è anche più facile sapere se qualcuno a pagato o meno. Troppe volte abbiamo visto pagamenti fatti e nel frattempo partire la procedura di riscossione dell’Agenzia, con solo uno spreco di carta e tempo.

Intanto Il governo, starebbe studiando una nuova riapertura dei termini della cosiddetta rottamazione quater. L’ipotesi sarebbe quella di intervenire con un emendamento del relatore al decreto Milleproroghe per dare tempo fino al 28 febbraio, per chi ha aderito alla Rottamazione, per versare le prime due rate scadute rispettivamente il 31 ottobre e 30 novembre 2023. Si tratterebbe della terza chance. Già con un emendamento dell’ultima ora erano stati riaperti i termini, consentendo il pagamento entro il 18 dicembre dello scorso anno. Eppure ai primi di dicembre proprio il viceministro Leo sembrava fiducioso dalle prime evidenze sugli incassi delle due rate iniziali.  La raipertura, al momento, piace a tutte le forze di maggioranza. Servirà però il parere positivo della Ragioneria di Stato, che già con il dl Anticipi aveva tergiversato. Non a caso l’emendamento era entrato soltanto durante la discussione in Aula, in modo confuso e dopo un buco nell’acqua durante l’iter in commissione.

E sempre nel Milleproroghe emendamenti sottoscritti da Forza Italia, Lega e Italia Viva, chiedono di estendere il ravvedimento speciale per cancellare le violazioni relative anche al periodo d’imposta 2022.

 

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