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La buona notizia è che i salari crescono, l’Italia rasenta la piena occupazione e la crescita del nostro Paese fa ben sperare nel panorama europeo. La cattiva è che l’inflazione è ancora più alta dei salari, l’accesso al credito è troppo selettivo e le aspettative sul futuro delle famiglie restano incerte. In questo scenario, la domanda di casa degli italiani, che sempre più guarda con interesse alla locazione, resta sorprendentemente dinamica e, pur se con un previsto calo di compravendite, si mantiene su livelli superiori al periodo pre-covid. Queste sono alcune delle evidenze emerse dal  2° Osservatorio sul Mercato Immobiliare 2024 di Nomisma, presentato a Milano il 9 luglio scorso, che ha analizzato l’andamento dei mercati nelle 13 principali città italiane: Bari, Bologna, Cagliari, Catania, Firenze, Genova, Milano, Napoli, Padova, Palermo, Roma, Torino e Venezia.

Potere di acquisto degli italiani

Come spiegato dal capo economista di Nomisma Lucio Poma, i fondamentali del nostro Paese sono tutt’altro che disprezzabili. Se nell’area Euro il 2023 si è chiuso con un Pil del +0.4 per cento, l’Italia ha messo a segno un +0,9 per cento, eguagliato solo dalla Francia (mentre la Germania arranca con un -0,3 per cento) e chiuderà il 2024, secondo le previsioni, con un +0,7 per cento (a fronte di un +0.8 per cento europeo).

Si imposta poi al ribasso l’inflazione, con il prezzo del gas calato del 60 per cento dal 2022 e con un costo della vita che nel giugno 2024 si è attestato nell’area euro al 2,5 per cento mentre un Italia si è fermato al +0,8 per cento. La cattiva notizia si nasconde nei dettagli: al calo del prezzo del gas non corrisponde un calo pari nel prezzo del petrolio, a causa delle politiche dell’Opec, e men che meno un calo della benzina alla pompa, il che mantiene alta l’inflazione “core”. Peraltro,

il fatto che l’inflazione abbia ormai smesso di crescere, non significa che i prezzi siano tornati ai livelli precedenti alla fiammata inflattiva degli ultimi tempi; il +12 per cento che è stato immagazzinato in passato non è ancora stato smaltito,

e ne sono una prova i livelli dei prezzi degli alimentari e in generale del paniere Istat.

Di contro, se in Italia abbiamo praticamente raggiunto la piena occupazione (con rischio tuttavia, avverte Poma, che la crescita si fermi presto, data la presenza di ben un terzo di inattivi tra la forza lavoro disponibile), i salari dal 2022 sono cresciuti intorno al 5 per cento, a fronte di una inflazione che ha registrato una impennata di circa il 15 per cento, a danno, nonostante tutto, della disponibilità di spesa e del potere di acquisto degli italiani. Il differenziale tra dinamica inflazionistica e dinamica salariale nel 2024 si attesta al 9,6 per cento.

A ciò si aggiungano i criteri di concessione del credito (e segnatamente dei mutui casa) fattisi più stringenti, in assenza di campagne promozionali da parte delle banche per la concessione di prestiti per l’acquisto di casa, e lo stesso costo di mutui e prestiti, che resta alto nonostante i primi tagli dei tassi da parte della Bce. Il calo del potere d’acquisto, non suffragato dalla possibilità di agevole accesso al credito, insomma, influenza la capacità di spesa degli italiani e, tra l’altro, la domanda di nuove abitazioni. Nomisma stima in 300.000 il numero di famiglie che nonostante fossero intenzionate ad acquistare casa con mutuo, non siano riuscite a concretizzare il proposito.

Compravendite, domanda e offerta nel mercato immobiliare italiano

Alla luce di quanto sopra, secondo l’Ad di Nomisma Luca Dondi il dinamismo mostrato nonostante tutto dal mercato immobiliare italiano è comunque notevole. A fronte di un ricorso al credito storicamente basso, reso ancor più difficoltoso, come si diceva, dalle condizioni stringenti delle banche, il numero di potenziali interessati ad un acquisto di casa nell’anno resta sotto l’1 per cento, a fronte di erogazioni di mutui che nella prima parte del 2024 non superano i 7,7 miliardi di euro (la metà di quanto registrato nel 2022). Le previsioni per le erogazioni di mutui nel 2024, 2025 e 2026 si attestano rispettivamente a 38 miliardi di euro, 39,9 miliardi e 40,2 miliardi.

Ciononostante, il 2023 si è chiuso con 710 mila compravendite che, se pure rappresentano un calo significativo rispetto alle cifre del 2021 e 2022 (rispettivamente 749 mila e 785 mila) sono comunque ben più di quanto registrato dal 2008 in poi (in media circa 570 mila compravendite l’anno). Di queste, nel primo trimestre 2024 il 38,6 per cento sono acquisti assistititi da mutuo, drasticamente calate dal 51,9% del primo trimestre 2022. Il calo delle compravendite registrato nel 2023 è quindi probabilmente imputabile solo alla componente di domanda uscita dal mercato perché dipendente dal credito bancario (-26%), mentre gli acquisti senza mutuo hanno continuato a crescere (+4,8%). Il che significa che l’acquisto di casa resta interessante per quella fetta di famiglie che dispone di risorse economiche sufficienti per affrontarlo senza la necessità del supporto bancario.

Le previsioni per i prossimi anni secondo Nomisma parlano quindi di 694 mila compravendite per il 2024, 708 mila per il 2025 e 710 mila per il 2026.

 

I prezzi immobiliari nelle principali 13 città italiane sono saliti a inizio 2024 dell’1,9 per cento, con il massimo di Milano (+3,2 per cento, quota dimezzata rispetto al 2022) e il minimo di Catania, +0.3 per cento. Le previsioni Nomisma sui prezzi vedono valori nominali in crescita nel 2024 e nel 2025 del 2 per cento e nel 2026 dell’1,9 per cento; per quanto riguarda i valori reali, le previsioni sono rispettivamente per un +0,8, +0,0 e +0,1 per cento.

I fattori della domanda e offerta di case nei prossimi anni

A muovere il mercato immobiliare, secondo Luca Dondi, nei prossimi anni saranno due fattori principali: da un lato la trasformazione demografica, dall’altro le conseguenze della direttiva Case Green.

Sotto il profilo della trasformazione demografica, saremo testimoni di un calo della popolazione che porterà a un livello di 47,8 milioni di residenti sul territorio nazionale entro il 2070, una perdita di circa il 20 per cento che colpirà soprattutto il sud e le isole. Si avrà inoltre una disgregazione sempre maggiore della famiglia tradizionale; il che tuttavia non sarà negativo per il mercato immobiliare, perché la minore numerosità delle famiglie sarà compensata da un maggior numero di nuclei familiari, che arriveranno a 26,3 milioni di, anche se composti solo da una o due persone. Se la tendenza si dovesse mantenere invariata, le coppie senza figli supereranno quelle con i figli nel 2045 mentre nel 2041 la quota degli over 65 sul totale delle persone sole inciderà per il 60 per cento.

Tale “salvagente” non ci sarà, tuttavia, per quanto riguarda la direttiva Case Green, che costringerà gli italiani a interventi dispendiosi sul patrimonio immobiliare che, in massima parte, è obsoleto e lontano dagli standard fissati dalla norma europea.

La riqualificazione, osserva Dondi, non può essere posta tutta in capo ai privati, ma vanno pensati degli incentivi per sostenerla.

Il mercato delle locazioni

Un altro fattore che sposta l’attenzione dalle compravendite residenziali saranno le locazioni, sempre più presenti tra le alternative abitative degli italiani. La domanda di sistemazioni in locazione si differenzia tra affitti a lungo termine, a breve termine/turistici e studenteschi/lavorativi, ma lato proprietari l’offerta diventa sempre più selettiva, con un calo dei contratti di affitto passati nel 2023 a 1,282 milioni circa dagli 1,324 del 2021. D’altro canto i canoni di affitto vengono influenzati da un lato dalla carenza di offerta, dall’altro dagli affitti brevi. I quali, se è pur vero che numericamente incidono poco in termini di appartamenti disponibili (gli alloggi in affitto breve sono davvero una percentuale risibile del totale), è anche vero che si concentrano tutti in zone specifiche di città specifiche, con un potere di incidere sull’andamento dei prezzi e sulla riconfigurazione dei centri urbani che è amplificato di conseguenza.

I canoni di affitto si prevedono quindi in crescita, creando un tema che va affrontato a livello di politiche abitative e di investimenti. Nella prima parte del 2024 abbiamo visto un aumento dei canoni di affitto del 4,6 per cento, con il massimo registrato da Bologna con il +7,3 per cento e il minimo di Venezia Mestre con un +1,4 per cento.

Le performance immobiliari delle principali città italiane

Secondo quanto rilevato da Nomisma, i prezzi delle abitazioni in ottimo e buono stato continuano a salire, registrando nel semestre un incremento rispettivamente del +1,6% e del +1,4%. Questi aumenti, leggermente superiori a quelli del primo semestre dello scorso anno, confermano il trend di crescita dei prezzi delle abitazioni iniziato nel post pandemia. In particolare, i prezzi delle abitazioni nuove variano dal +0,4% semestrale di Torino al +2,4% di Milano. Il capoluogo lombardo detiene anche il primato per la variazione dei prezzi delle abitazioni usate, con un +2% rispetto alla crescita minima del +0,5% di Genova.

Sul mercato delle locazioni, la crescente domanda ha determinato un incremento dei canoni del +2,5% semestrale. I mercati di Torino e Firenze, pur avendo nel complesso sottoperformato rispetto agli altri principali mercati, hanno registrato la maggiore crescita dei canoni, superando il 3% semestrale. Considerando i canoni medi, le città con i valori più elevati sono Milano, Roma, Firenze, seguite da Bologna e Padova, con affitti compresi tra 780-930 euro al mese per un appartamento di circa 80 metri quadrati. All’estremo opposto, si trovano i mercati di Catania, Palermo, Torino e Bari, con canoni medi tra 450-520 euro al mese.

Nomisma rileva che il tempo medio per finalizzare una compravendita è di poco meno di 5 mesi, con Milano che segna un record di 4,2 mesi. Molto più brevi i tempi per stipulare un contratto d’affitto, con una media di circa 1,9 mesi, eccezion fatta per Bologna, dove bastano poco più di 1 mese.

 

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