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Una articolata vicenda processuale è infine sfociata in una pronuncia della Corte di Cassazione che pare fare definitivamente luce sul tema della stipula di un contratto di locazione da parte di un soggetto che non sia proprietario del bene immobile.


Nel caso di specie, un professionista aveva stipulato, in qualità di conduttore, un contratto di locazione con un soggetto che, invece, non era legittimato ad assumere la veste di locatore (in quanto il bene era in proprietà di terzi).


Il terzo proprietario aveva quindi ottenuto giudizialmente la restituzione dell’immobile e il conduttore aveva agito nei confronti del locatore non legittimato alla stipula del contratto per ottenerne la condanna al risarcimento dei danni subiti.


Dopo che il giudice di primo grado aveva accolto la domanda, in secondo grado veniva affermata la tesi secondo cui il conduttore avrebbe potuto opporre il contratto di locazione al terzo proprietario, così impedendo a quest’ultimo di rientrare nella disponibilità del bene: in tale ottica, la responsabilità dei danni subiti non sarebbe dunque stata ascrivibile al locatore, quanto invece al conduttore che si era “mal difeso” nel giudizio instaurato dal proprietario.


La Corte di Cassazione, rivestita della questione, aveva però cassato la pronuncia di secondo grado, ritenendo errata in diritto laddove veniva affermato tale principio, con il conseguente rinvio al giudice di secondo grado.


Il secondo grado di giudizio veniva dunque ripetuto e la Corte d’Appello, pur nell’uniformarsi al principio di diritto espresso dalla Cassazione giungeva ad una ricostruzione della vicenda ancora una volta sfavorevole per il conduttore: affermava infatti il giudice di secondo grado che il contratto di locazione stipulato con un soggetto non legittimato in quanto non proprietario del bene sarebbe stato da qualificarsi come invalido. Da tale circostanza, la conseguenza giuridica che, essendo il contratto improduttivo di obbligazioni, non vi sarebbe alcun inadempimento da parte del locatore e, dunque, alcun diritto al risarcimento del danno a favore del conduttore.


Investita nuovamente della questione, la Corte di Cassazione ha ancora una volta cassato la pronuncia di primo grado.


Al riguardo, è da sottolineare come la decisione della Corte di Cassazione si sia fondata sulla distinzione concettuale fra i due istituti dell’efficacia e della validità del contratto.


La Corte ha infatti ricordato come possano esistere contratti validi ma inefficaci (come il contratto con condizione sospensiva), quanto contratti invalidi ma inefficaci (come il contratto affetto da un vizio che conduca alla annullabilità dello stesso).


Il contratto in questione, stipulato da un soggetto non legittimato a disporre del diritto, sarebbe quindi inquadrabile fra i contratti validi ma inefficaci.


Questo perché non vi sarebbe alcun vizio relativo alla validità dell’atto, in quanto lo schema legale fornito dal legislatore rispetto al contratto di locazione sarebbe pienamente rispettato: semmai, la carenza di legittimazione nel disporre del diritto da parte del locatore condurrebbe all’impossibilità per il contratto di produrre i suoi effetti tipici. Il contratto sarebbe dunque da qualificarsi come valido, sebbene privo di effetti, con la conseguenza che il locatore, non potendo adempiere agli obblighi (validamente) assunti, risponde di inadempimento contrattuale.


Sul punto, pare rilevante l’ulteriore considerazione svolta dalla Corte: essa ha infatti affermato che il principio da essa enunciato risulta del tutto uniforme in giurisprudenza e privo di precedenti contrastanti. Vi sarebbe, semmai, la possibilità di essere indotti in errore sull’esatto contenuto di alcune pronunce laddove si leggesse soltanto alcune massime: il riferimento è ad alcune pronunce che, affrontando il tema dal solo punto di vista dell’opponibilità del contratto stipulato dal non proprietario nei confronti dell’effettivo proprietario o della legittimazione alla stipula del contratto da parte del non proprietario, avevano del tutto omesso di affrontare il tema, qui pertinente, della responsabilità per inadempimento contrattuale del locatore non legittimato. Il principio, dunque, secondo la Corte sarebbe del tutto pacifico anche nella precedente giurisprudenza.


Infine, è da sottolineare un ulteriore elemento trattato dalla pronuncia in esame.


Il ricorrente aveva infatti chiesto la cassazione della pronuncia deducendo la violazione dell’art. 12 della disposizioni preliminari: in sostanza, il ricorrente aveva dedotto in giudizio un motivo di ricorso mirante a sostenere che dalla validità/esistenza del contratto di locazione, in forza del principio recato dall’art. 12 citato occorresse procedere ad una interpretazione analogica delle disposizioni sulla locazione (in particolare, le disposizioni che stabiliscono l’obbligo del locatore di far consentire il godimento del bene al conduttore).


La Corte di Cassazione ha però ritenuto erronea tale ricostruzione: dalla validità del contratto ne deriverebbe infatti l’applicazione diretta delle norme sulla locazione, e non la loro applicazione in via analogica.


Detto ciò, la Corte ha però ritenuto che tale errore nella ricostruzione giuridica effettuato dal ricorrente sia “emendabile” da parte del giudice stesso, senza che vi sia la necessità di dichiarare l’inammissibilità del ricorso. Sul punto, è stato infatti affermato che “Se è infatti vero che l’art. 366, comma primo, numero (4), cod. proc. civ., stabilisce che il ricorso deve contenere a pena di inammissibilità i motivi per i quali è chiesta la cassazione, con l’indicazione delle norme di diritto su cui si fondano, è altresì vero che tale disposizione va coordinata con quella per cui il giudice nel pronunciare sulla causa deve applicare le norme di diritto (art. 113, comma primo, cod. proc. Civ.)”. Ricordando, ancora, che “le Sezioni Unite di questa Corte hanno tratto la conseguenza che il ricorso è ammissibile anche se indica in modo erroneo gli articoli di legge di cui si lamenta la violazione, a condizione che le ragioni esposte dal ricorrente consentano comunque l’identificazione del principio di diritto che si assume violato”. E nel caso di specie è stata ritenuta integrata tale ultima fattispecie.


Sul tema:


(Altalex, 9 dicembre 2013. Nota di Riccardo Bianchini)

 

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