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Il Tribunale di Catania, Sezione IV, si è pronunciata, con ordinanza del 21 settembre 2023, in tema di recesso ad nutum, con preavviso e senza motivazione, ad opera dell’istituto di credito, da due rapporti di conto corrente.

La pronuncia affronta una tematica attuale, che ha il pregio di fornire diversi spunti di riflessione, anche considerata la molteplicità di profili, sia processuali sia di merito, che ne risultano coinvolti, tra cui quelli del confine tra libera iniziativa economica ex art.41 Cost e sindacato giudiziale dell’atto di esercizio del diritto potestativo di recesso ad nutum, della portata dei principi di correttezza e buona fede ex artt. 1175 e 1375 c.c., della definizione del concetto di cd. abuso del diritto ed infine della rivoluzionaria (e prossima?) frontiera della configurabilità di un cd. diritto al conto corrente in capo al correntista e di uno speculare dovere a contrarre in capo alla banca.

*****

Il caso.

La pronuncia collegiale in commento trae origine da un atto di reclamo promosso avverso l’ordinanza in precedenza emessa dal Giudice monocratico di Catania, che, revocando la precedente pronuncia nella forma del decreto inaudita altera parte, aveva rigettato il ricorso promosso ex art.700 c.p.c. volto a sindacare il comportamento della banca che, senza addurre alcuna motivazione, aveva comunicato al ricorrente (poi reclamante) il recesso da due rapporti di conto corrente in essere, da intendersi perfezionato decorsi 60 giorni dalla notifica della relativa missiva.

In sede di reclamo, il reclamante chiedeva in via principale, anche inaudita altera parte, la revoca e/o la sospensione del recesso comunicatogli dalla banca ed in via subordinata, per l’ipotesi di insussistenza dei presupposti per la pronuncia inaudita altera parte, di provvedersi con ordinanza alla revoca e dichiarazione di inefficacia del recesso di cui trattasi, nel contraddittorio tra le parti.

In particolare, il reclamante contestava, preliminarmente, la correttezza dell’ordinanza impugnata nella parte in cui aveva escluso la sussistenza del nesso strumentale tra rimedio cautelare e successivo giudizio a cognizione piena ed evidenziava, nel merito, la contrarietà del comportamento dell’istituto di credito ai principi di buona fede e correttezza ex artt. 1175 e 1375 c.c. e dunque l’abuso di diritto perpetrato dalla banca reclamata, in aperta violazione dell’art. 41 Cost., per avergli comunicato il recesso dai rapporti di conto corrente in assenza di alcuna valida giustificazione, nonché la volontà di ottenere la sospensione del provvedimento reclamato al fine di proseguire con il successivo giudizio di merito, avente lo scopo di vagliare legittimità e correttezza del comportamento dell’istituto di credito ai sensi di legge, in assenza tuttavia dell’ intento di proporre alcuna azione risarcitoria.

La banca reclamata si costituiva rilevando l’infondatezza del gravame e chiedendone il rigetto.

 

La decisione.

Il Tribunale di Catania ha ritenuto il reclamo in parola non fondato, rigettandolo, sotto due profili:

– sul piano procedurale, per mancata indicazione da parte del reclamante, della successiva azione di merito da intentarsi avverso la banca reclamata, avendo così precluso al Tribunale ogni forma di controllo in ordine alla sussistenza dell’imprescindibile nesso strumentale tra rimedio cautelare e successivo giudizio di merito;

– nel merito, per difetto dei requisiti:

A) del fumus boni iuris, stante il prevalente orientamento giurisprudenziale in forza del quale, in presenza di rapporti negoziali di durata è consentito il recesso ex art.1373 c.c., senza necessità di motivazione specifica purché la volontà di recedere venga resa edotta con congruo anticipo e senza arrecare pregiudizio in danno della controparte.

Calando tali principi nel caso di specie, a detta del Collegio:

  • i rapporti oggetto di causa (conto corrente) sono pacificamente a tempo indeterminato;
  • il reclamante ha approvato il recesso;
  • la banca ha concesso un termine di preavviso più ampio di quello normativamente previsto, ossia 60 giorni;
  • non risulta che il reclamante si sia avvalso del termine di preavviso per procedere all’apertura di nuovi rapporti di conto corrente presso diverso istituto di credito;
  • i rapporti di conto corrente presentavano, al momento del recesso stesso, saldo attivo, con conseguente impossibilità di configurare, a causa della chiusura, alcun pregiudizio in capo al correntista, anche considerato che gli stessi rapporti non sono assistiti da alcun affidamento;

B) del periculum in mora, posta la mancata allegazione del pregiudizio grave ed irreparabile causato al correntista dal recesso della banca ed anzi avendo il cliente dimostrato il contrario, non essendosi adoperato nei termini di preavviso per l’apertura di nuovi rapporti di conto corrente presso altro istituto.

 

Le ragioni sottese alla decisione.

Aspetti processuali della decisione.

Alle considerazioni che seguono va necessariamente premesso che è oramai consolidato l’orientamento giurisprudenziale in ordine all’ammissibilità dello strumento cautelare atipico ex art.700 c.p.c. anche per la tutela di un diritto non assoluto, quale è l’accertamento della legittimità dell’esercizio del diritto di recesso [1].

Ciò posto, il Collegio Catanese, sotto un profilo strettamente processuale, ha ritenuto di rigettare il proposto reclamo avendo il reclamante omesso di indicare l’azione da proporsi avverso la banca in sede di merito, con impossibilità per i giudicanti di svolgere un esame in ordine alla sussistenza o meno di un necessario nesso strumentale, di causalità, tra azione cautelare ed azione di cognizione ordinaria.

La pronuncia si innesta sull’orientamento giurisprudenziale dominante [2] secondo cui il reclamante deve indicare con sufficiente precisione l’azione sostanziale che intende far valere e ciò al fine di consentire al giudice adito di valutare l’ammissibilità, sotto un profilo meramente formale, dello strumento cautelare specificamente richiesto e sotto il profilo sostanziale, di vagliare l’opportunità di concessione del provvedimento cautelare. Difatti, la giurisprudenza prevalente ritiene che nel ricorso ex art. 700 c.p.c. debbano necessariamente essere indicati, a pena di inammissibilità, quantomeno petitum e causa petendi [3], se non addirittura, a mente di un orientamento minoritario, le specifiche conclusioni [4], proprio in quanto il provvedimento d’urgenza ex art. 700 c.p.c. ha natura strumentale ed anticipatoria mirando alla provvisoria realizzazione di una situazione giuridica attiva (del tipo del diritto soggettivo) già perfetta, attraverso il provvisorio mantenimento di uno stato di fatto esistente, cosicché la sentenza di merito, delibando tale situazione di fatto e la correlativa situazione giuridica, vale a consolidare in via definitiva l’effetto giuridico già prospettato in via prodromica[5].

In ogni caso, il Collegio ha affermato che, anche a voler ritenere superato lo scoglio processuale, difettano gli ulteriori requisiti richiesti per ottenere la richiesta tutela cautelare.

Vediamo dunque i motivi di questa decisione, nel merito.

 

Aspetti di merito della decisione. Il quadro normativo.

L’art. 1373 c.c. regolamenta in via generale la disciplina del recesso, quale diritto potestativo.

Venendo nello specifico ai contratti cd. bancari, in cui rientrano i rapporti oggetto di causa (conto corrente) sono previste disposizioni normative che, da un lato tutelano l’interesse delle parti all’esercizio del proprio diritto potestativo di recesso e dall’altro lato, per il tramite dello strumento del preavviso, l’affidamento riposto dal correntista nel contratto.

Si tratta nello specifico:

– dell’art.120 bis TUB, che prevede un diritto di recesso, in capo al solo cliente, per ogni contratto di natura bancaria definito a tempo indeterminato nonché dell’art.118 TUB che disciplina l’ipotesi di recesso dal contratto qualora la banca di avvalga del cd. ius variandi;

– dell’art.1833 c.c. secondo cui, per il contratto di conto corrente, Se il contratto è a tempo indeterminato, ciascuna delle parti può recedere dal contratto a ogni chiusura del conto, dandone preavviso almeno dieci giorni prima”;

dell’art.1845 c.c. a mente del quale, per i contratti di apertura di credito, per ciascuna delle parti, è previsto il diritto di recesso per l’ipotesi di contratto a tempo indeterminato, nel termine di preavviso di cui al contratto o stabilito dagli usi, o in mancanza, di 15 giorni. Analogamente l’art.1855 c.c. prevede, per le operazioni bancarie regolate a tempo indeterminato in conto corrente, il libero recesso di ciascuna parte dal vincolo contrattuale, sempre nel rispetto del suddetto preavviso.

 

Le ragioni della decisione della Corte territoriale.

Posto tale quadro normativo di riferimento, nel merito, la Corte muove la propria decisione da una prima fondamentale considerazione: il recesso ad nutum da un rapporto contrattuale a tempo indeterminato è legittimo, senza alcun obbligo per l’intermediario di esplicitarne le ragioni ai sensi dell’art. 1373 c.c.

In ordine al profilo della legittimità del recesso ad nutum dal rapporto contrattuale, con riferimento ai contratti di durata ed a tempo indeterminato come il rapporto di conto corrente, è difatti sempre consentito il recesso ai sensi dell’art.1373 c.c. in quanto non sono ritenuti meritevoli di una tutela dall’ordinamento, rapporti giuridici che non possano essere oggetto di scioglimento, a tutela della libera iniziativa economica, quale valore costituzionalmente tutelato ai sensi dell’art. 41 Cost, e di un mercato libero composto da soggetti in grado di autodeterminarsi [6].

Con riferimento ai contratti a tempo indeterminato, quali quelli oggetto della pronuncia in oggetto, quindi il recesso può essere esercitato dai contraenti, in via generale, anche senza alcuna previsione di legge o contrattuale, ma nel rispetto del termine di preavviso, ed anche in assenza di giusta causa [7], posto che “la recedibilità ad nutum dai rapporti di durata a tempo indeterminato è principio generale del nostro ordinamento e risponde all’esigenza di evitare la perpetuità del vincolo obbligatorio[8].

In ordine al connesso profilo della liceità dell’assenza di motivazione del recesso da tali tipologie di contratti, a fronte di quanto sopra osservato, il Consesso catanese ha ritenuto legittima la scelta della banca di recedere dal contratto senza alcuna giustificazione, ma nel rispetto del preavviso, e ciò nel solco della giurisprudenza maggioritaria [9], secondo la quale:

– il recesso ad nutum non richiede alcuna motivazione [10] e dunque la legittimità del recesso stesso “non può essere messa in discussione sotto il profilo dell’inesistenza di un’eventuale giusta causa”  [11];

– l’assenza di un dovere di esplicitare le ragioni a fondamento del diritto di recesso risiedono nella considerazione per cui la scelta di recedere da parte dell’istituto di credito può rappresentare la conseguenza di una complessiva valutazione della posizione del correntista, cui gli intermediari sono tenuti per legge [12];

– esigere una ragione giustificatrice [13] per il recesso ad nutum snaturerebbe la natura giuridica dello stesso e annullerebbe la differenza ontologica esistente tra le diverse tipologie di recesso [14].

Stante l’assenza dell’obbligo di motivazione, nel rispetto del preavviso (in quanto “il recesso al nutum si configura come una modalità di scioglimento del rapporto contrattuale a tempo indeterminato che richiede un preavviso proprio in virtù dell’assenza di giusta causa[15]), il recesso ad nutum consente al Giudice esclusivamente un sindacato rivolto al vaglio dell’eventuale comportamento arbitrario o imprevedibile della banca [16], dato che gli obblighi di buona fede e correttezza sono fonte di un autonomo dovere giuridico espressione di un generale principio di solidarietà sociale ed infatti “la clausola generale di buona fede e correttezza è operante tanto sul piano dei comportamenti del debitore e del creditore nell’ambito del singolo rapporto obbligatorio (art.1175 c.c.), quanto sul piano del complessivo assetto di interessi sottostanti all’esecuzione del contratto (art. 1375 c.c.)[17], il tutto con lo scopo di consentire al Giudice di contemperare gli opposti interessi [18] in una prospettiva anche di equilibrio e correttezza dei comportamenti economici [19].

Tuttavia, l’importanza del rapporto per una delle parti implica il principio per cui il recesso debba essere comunicato con congruo preavviso, ma non comporta la sussistenza di una pretesa di prosecuzione del rapporto, poiché risponde al medesimo principio di buona fede anche “l’esigenza di evitare, a carico di chi intenda sciogliersene, una perpetrazione indeterminata del rapporto obbligatorio[20], con conseguente non configurabilità, allo stato dell’arte attuale, da un lato di un obbligo legale a contrarre in capo alla banca e di uno speculare diritto al conto corrente del correntista (salvo, ai sensi della vigente normativa, che questo si qualifichi come Consumatore ai sensi della Direttiva UE n.2014/1992).

Ad essere sanzionato quindi non è l’esercizio del diritto del recesso ad nutum in quanto tale, pacificamente consentito anche senza giusta causa per le ragioni di cui sopra purché nel rispetto del preavviso, ma il suo ipotetico esercizio in senso abusivo, ossia in violazione del dovere di buona fede e correttezza in executivis [21], dove l’abuso del diritto si intende configurato quando “il titolare di un diritto soggettivo” (i.e. il diritto di recesso) “lo eserciti con modalità non necessarie ed irrispettose del dovere di correttezza e buona fede, causando uno sproporzionato ed ingiustificato sacrificio della controparte contrattuale, ed al fine di conseguire risultati diversi ed ulteriori rispetto a quelli per i quali quei poteri o facoltà furono attribuiti”.

Nel caso di specie:

-l’assenza di un dovere normativamente previsto di giustificazione da parte della banca del cd. recesso ad nutum per contratti a tempo indeterminato;

– l’intervenuta approvazione del recesso da parte del correntista;

– la previsione di un preavviso ben più ampio (60 giorni) rispetto alla previsione normativa;

– l’assenza di prova da parte del correntista dell’avvenuta apertura di nuovi rapporti di conto corrente nei termini di preavviso;

– il saldo attivo di entrambi i rapporti, non assistiti da alcun affidamento

– l’assenza da parte del cliente di ogni prospettazione in punto pregiudizio grave ed irreparabile (e conseguente abuso da parte della banca) nonché l’espressa volontà manifestata di non voler agire, nel merito, ai fini del risarcimento del danno (non dimenticando che “l’integrazione della fattispecie del diritto di recesso e l’esercizio dello stesso sono in sé idonei a por fine al rapporto mentre l’eventuale violazione da parte della banca della regola della buona fede in executivis implica conseguenze di tipo esclusivamente risarcitorio” [22] non potendosi giungere, a causa della violazione di regole di condotta adinvalidità e dunque a inefficacia dell’atto che costituisce esercizio del diritto potestativo….sicché il recesso abusivo è comunque valido ed efficace e dunque idoneo a determinare lo scioglimento del rapporto contrattuale[23]), hanno dunque indotto il Tribunale di Catania al rigetto del reclamo per insussistenza di un profilo abusivo nell’esercizio del diritto di recesso da parte della banca, tenuto in considerazione che, anche alla luce dell’art.41 Cost, i rapporti negoziali possono essere interrotti a fronte di valutazioni compiute dalle parti, insindacabili da parte del giudice “qualora non emergano profili di rilevante pregiudizio per la parte debole del rapporto, alla luce del canone di buona fede, costituente diretta espressione dei doveri di solidarietà economica imposti dall’art. 2 Cost[24]

 

L’orientamento divergente.

Non manca tuttavia di rinvenirsi un orientamento giurisprudenziale divergente rispetto a quello adottato dal Tribunale di Catania, espresso tra gli altri dal Tribunale di Lecce con la pronuncia del 13 settembre 2022 (rep. 3171/2022 RG n.6291/2022), in un caso per certi aspetti simile a quello in commento.

Secondo l’ordinanza del Tribunale leccese non è da ritenersi pacifica la conformità dell’esercizio del recesso ai canoni di cui al Codice Civile avendo sì la banca garantito un ampio preavviso di 60 giorni, ma in presenza di saldo attivo di conto corrente e in assenza di ogni forma di motivo della decisione di recesso da parte della banca stessa (come nel caso de qua).

In particolare il Tribunale ha affermato che “a fronte della rispondenza formale della condotta…….alle fonti legali e negoziali summenzionate….neppure le risultanze emerse nel corso del presente giudizio….hanno permesso di valutare positivamente la conformità del comportamento ai doveri di correttezza e buona fede, al fine di scongiurare il divieto di abuso del diritto[25] ed infatti “non si è evidenziato alcun vantaggio in capo alla banca in seguito al recesso…né alcun motivo di utilità concreta meritevole di tutela da parte dell’ordinamento giuridico….dall’altro lato è di tutta evidenza il disagio causato” al soggetto istante “che si vede privata del servizio di conto corrente bancario pur senza aver commesso nessun inadempimento….è incontestato che il saldo fosse attivo e che non vi fosse apertura di credito in favore del ricorrente, tale da lasciar intravedere un pericolo di perdita in capo alla banca”.

 

Considerazioni finali e prospettive.

In chiusura, la pronuncia oggetto della presente nota di commento, offre anche lo spunto per esaminare se e quanto possa ancora essere ritenuto sostenibile, in un contesto di vita economica connotato dall’ormai essenzialità del ruolo dell’intermediario bancario nella gestione delle esigenze finanziarie, in particolare se connesse all’attività imprenditoriale, l’esercizio da parte della banca di un diritto di recesso ad nutum.

Nel senso del porre un limite all’esercizio di tale diritto, per il tramite della configurazione di un altro e diverso diritto, ossia quello al conto corrente e di un corrispettivo dovere di contrarre della banca, si è espresso il Tribunale di Palermo con un’interessante ed innovativa ordinanza del 14 gennaio 2021 in cui si legge che “la titolarità di un conto corrente sta diventando progressivamente indispensabile…sicché da più parti si sostiene che sia configurabile un vero e proprio diritto al conto corrente” e che “è del pari innegabile che, de iure condito, nel nostro ordinamento tre diritto non sia configurato direttamente da alcuna norma[26].

A ben vedere infatti l’ordinamento italiano ha solo visto nel 2020 la luce del Disegno di Legge n. 1712 del 2020 che proponeva l’introduzione dell’art. 1857bis c.c. in questa ottica: “Apertura e chiusura di un rapporto di conto corrente – La banca non può in alcun caso esimersi dallapertura di un rapporto di conto corrente. La banca non può recedere dal contratto di conto corrente prima della scadenza del termine quando i saldi siano in attivo”.

Posta l’assenza di norme positive, si chiede dunque il Giudice palermitano se il diritto al conto corrente “e lo speculare obbligo a contrarre delle banche – siano configurabili in via interpretativa” analizzando due norme a possibile fondamento di tale meccanismo diritto-obbligo a contrarre:

– l’art. 2957 c.c., di cui tuttavia il Tribunale di Palermo esclude l’applicazione analogica, essendo estraneo il sistema bancario da condizioni di monopolio legale;

– l’art. 1679 c.c. che dispone l’obbligo a contrarre per gli esercenti servizi di linea in forza di una concessione di carattere amministrativo e che il Tribunale palermitano ritiene invece applicabile in senso analogico, precisando che “E infatti, pur essendo scomparsa dal TUB la qualificazione dellattività bancaria in termini di funzione di interesse pubblico” (contenuta invece nella legge bancaria del 1936) e, pur essendo lesercizio dellattività bancaria subordinato al rilascio di una autorizzazione (art. 14 co. 2^ TUB); per un verso non può affermarsi che lattività privatistica delle banche e il conseguente fisiologico perseguimento da parte loro di obiettivi di efficienza e redditività, siano avulse dagli interessi generali che sono sottesi allesercizio del credito e alla raccolta del risparmio (art. 47 Cost) e, per altro verso, va evidenziato (anche) sulla scorta delle norme richiamate in ricorso che, a sempre più numerosi fini, è ormai indispensabile, quando non obbligatorio di fatto, dotarsi di un conto corrente bancario ordinario”.

Vi è di più.

Il Tribunale di Palermo, con visione lungimirante e considerando il contesto unionale, evidenzia che:

– in Francia l’obbligo delle banche a contrarre, quanto al contratto di conto corrente, è già previsto dall’art.312-1 del codice monetario e finanziario;

– la Direttiva UE n. 2014/1992 prevede (35° considerando) che “è opportuno evitare di discriminare i consumatori che soggiornano legalmente nellUnione a motivo della cittadinanza o del luogo di residenza o per qualsiasi altro motivo di cui allarticolo 21 della Carta dei diritti fondamentali dellUnione Europea (ndr. in materia di non discriminazione) in relazione alla richiesta di aprire un conto di pagamento o allaccesso al conto allinterno dellUnione. Inoltre, è opportuno che gli Stati membri garantiscano laccesso ai conti di pagamento con caratteristiche di base a prescindere dalle condizioni finanziarie dei consumatori, ad esempio il loro status professionale, il livello reddituale, la solvibilità o il fallimento”. Ebbene per il Tribunale di Palermo “il riferimento al fallimento induce a ritenere che la portata della considerazione non è limitata ai consumatori, ma è destinata alla generalità dei contraenti”.

Si auspica pertanto che anche nella materia del recesso da contratto di conto corrente, intervengano nell’ordinamento nazionale, come avvenuto quest’anno in diversi ambiti e spesso con portata di novità epocale, iniezioni innovative provenienti da frontiere extra nazionali.

 

 

______________________________________

[1] Cfr. Tribunale di Pescara ord.11 dicembre 2020 n.3859/2020 che richiama Tribunale di Milano Sez.Imprese del 3 gennaio 2013.

[2] Tra le più recenti pronunce in merito, si annovera il Tribunale di Campobasso che con Ordinanza del 20 gennaio 2021 ha affermato che “accanto alla cd. strumentalità strutturale, che comporta che il provvedimento cautelare si trovi in concatenazione temporale con un procedimento di merito, vi è una strumentalità funzionale o di scopo, essendo il provvedimento comunque emanato in attesa o in vista di un provvedimento principale di merito. Questa strumentalità funzionale non viene meno per lultrattività che caratterizza ora i provvedimenti anticipatori, poiché, anche se destinati a rimanere efficaci se il giudizio di merito non viene iniziato (o se successivamente al suo inizio si estingue), continuano ad essere provvisori, per cui resta inalterato il rapporto, di carattere funzionale, tra procedimento cautelare e procedimento di merito” e quindi “seppur con una portata attenuata rispetto a quanto previsto dalla disciplina previgente, la strumentalità e la provvisorietà rimangono elementi tipizzanti i provvedimento durgenza e, insieme alle altre caratteristiche della residualità ed atipicità ed ai requisiti del fumus boni iuris e del periculum in mora, contribuiscono a delineare i profili di ammissibilità e di contenuto nonché lambito di applicazione dei provvedimenti in questione”.

[3] Cfr. ex multis Trib. Latina, ord. 7503/2004, in www.judicium.it; Trib. Rovereto, 14 giugno 2004, in Giur. Mer., 2004, 2481; cfr. Trib. Milano, 7 giugno 2006, in Giur. Mer., 2006, 2691; Trib. Roma, 6 novembre 2006, in Riv. giur. lav., 2007, II, 507.

[4] Cf. Tribunale di Torino estensore Dott. Di Capua del 15 dicembre 2018 in www.expartecreditoris.it.

[5] Cfr. Tribunale di Bari Sez.III del 10 maggio 2012 in Redazione Giuffrè 2012.

[6] Cfr. Tribunale di Vicenza 26 luglio 2022 nella causa RG n.2957/2022.

[7] Cfr. ex multis, Cass. Civ. 14436/00, Cass Civ. 3296/02.

[8] Cfr. Cass. n.16269/2004.

[9] Cfr. ABF Roma 22441/2021; ABF Bari 10477/2020; ABF Torino 946/2020; ABF Roma 2538/2022.

[10] Cfr. ABF Bari n.21080/2020.

[11] Cfr. Cass. n.10125/2021.

[12] Cfr. ABF Roma n.2364/2015.

[13] Decisioni costanti di ABF hanno escluso la possibilità di imporre all’intermediario di specificare e dettagliare i motivi del recesso (cfr. ABF Bari 8164/2019 e ABF Bologna n.24077/2019). Non sono mancate decisioni più risalenti come ABF Napoli 2887/2016 del 31 marzo 2016) che ha stabilito che quando l’intermediario esercita la sua libertà di porre termine ad un rapporto di conto corrente con preavviso, il cliente abbia il diritto di conoscerne le ragioni.

[14] Cfr. ABF Roma n.15035/2020.

[15] Cfr. ABF Bologna n.550/2023.

[16] Cfr. Cass n.17291/2016.

[17] Cfr. Tribunale di Santa Maria Capua Vedere III Sez. Estensore Di Salvo del 5 giugno 2023.

[18] Cfr. SSUU n.23726/2007.

[19] Cfr. Cass. n.20106/2009.

[20] Cfr. Tribunale di Bari RG n.2920/2010 del 19 aprile 2016 e Cass. n.10125/2021.

[21] Considerato che la buona fede e la correttezza hanno la funzione di “mantenere il rapporto giuridico nei binari dell’equilibrio e della proporzione” (cfr. Cass.20106/2019).

[22] Cfr. ABF Bari n.18311 del 3 agosto 2021.

[23] Cfr. Tribunale di Grosseto n.311 del 2 maggio 2020.

[24] Cfr. Tribunale di Vicenza 26 luglio 2022 RG n.2957/2022 Estensore Dott. Davide Ciutto.

[25] In altre parole l’abuso del diritto delinea “l’utilizzazione alterata dello schema formale del diritto” (cfr. Cass. n.20106/2009.

[26] Cfr. In tal senso anche ABF Roma nn.8608/2019, 4286/2016 e 911/2016.

 

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