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Con sentenza n. 3108 del 29 novembre 2023 la Sezione II della Corte di Cassazione (Pres. Rago, Rel. Agostinacchio) conferma il sequestro preventivo di crediti d’imposta da Superbonus, anche se ceduti a terzi estranei al reato, quali i cessionari di tali crediti.

Per la Cassazione non rileva infatti l’assenza di responsabilità del terzo cessionario nell’ipotesi delittuosa contestata, occorrendo soltanto verificare se la libera disponibilità del credito sia idonea a costituire un pericolo, ai sensi dell’art. 321, c.1, C.p.p. ovvero quando vi è pericolo che la libera disponibilità di una cosa pertinente al reato (il credito d’imposta nel caso di specie) possa aggravare o protrarre le conseguenze di esso ovvero agevolare la commissione di altri reati.

Come ricorda la Cassazione, il sequestro preventivo, di cui all’art. 321, c. 1 C.p.p., richiede soltanto la prova di un legame pertinenziale tra la res ed il reato, ossia un collegamento che comprende non solo le cose sulle quali o a mezzo delle quali il reato è stato commesso o che ne costituiscono il prezzo, il prodotto o il profitto, ma anche quelle legate solo indirettamente alla fattispecie criminosa.

L’art. 121, d.l. 19 maggio 2020, n. 34 (c.d. legge sul “Superbonus”) stabilisce in particolare che coloro che sostengono spese per determinati interventi edilizi, possono optare, in luogo dell’utilizzo diretto della detrazione spettante, per la cessione di un credito d’imposta di pari ammontare ad altri soggetti, compresi gli istituti di credito e gli altri intermediari finanziari, a sua volta suscettibile di cessione, nei termini del comma 1, lett. b), oppure di essere portato in compensazione con debiti erariali.

Con particolare riguardo alla cessione del credito oggetto del ricorso all’esame della Corte, il beneficiario aveva scelto di spogliarsi del proprio diritto alla detrazione: tale diritto, trasformato in un credito, poteva quindi  circolare nei termini indicati dalla legge, e quindi essere contestualmente ceduto.

Secondo la Cassazione, non si riscontra, dunque, l’estinzione di un diritto alla detrazione (in capo al beneficiario) e la contestuale costituzione ex novo di un credito (in capo al cessionario), né un fenomeno novativo, ma soltanto l’evoluzione – non la sostituzione – del primo nel secondo.

A conclusioni diverse, peraltro, secondo la Suprema Corte, non si può pervenire valorizzando i commi 4, 5 e 6 dell’art. 121, in tema di controlli e sanzioni.

Tali commi non introducono infatti una disciplina derogatoria a quella ordinaria penale, con riferimento al sequestro preventivo: il vincolo impeditivo, infatti, implica soltanto l’esistenza di un collegamento tra il reato e la cosa, non tra il reato e il suo autore, cosicché possono essere oggetto del provvedimento anche le cose in proprietà di un terzo, estraneo all’illecito ed in buona fede.

Conseguentemente, non rileva l’eventuale responsabilità del terzo cessionario, né i presupposti oggettivi o soggettivi di questa per come ricavabili dai commi 4, 5 e 6 in oggetto, occorrendo soltanto verificare piuttosto se la libera disponibilità della res – anche in capo allo stesso terzo – sia idonea a costituire un pericolo, nei termini di cui all’art. 321, comma 1, C.p.p.

 

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