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Introduzione.

La sentenza del Tribunale di Torino del 29 gennaio 2024 rappresenta un punto di divergenza significativo rispetto alla precedente giurisprudenza della Cassazione (nota ordinanza n. 34889/2023) riguardante la manipolazione dell’Euribor e le sue implicazioni sui contratti di finanziamento. Mentre la Cassazione ha riconosciuto la nullità parziale dei contratti influenzati da tale manipolazione, il Tribunale di Torino ha confezionato una interpretazione antitetica, escludendo la nullità per i contratti di finanziamento di banche non direttamente coinvolte nell’intesa anticoncorrenziale. Questa decisione solleva “preoccupazioni” riguardo alla protezione dei consumatori e alla capacità delle normative antitrust di offrire una tutela efficace contro le pratiche di mercato sleali. La critica principale a questa sentenza riguarda la potenziale riduzione della responsabilità per le banche, che beneficiano indirettamente di accordi illeciti, minando gli sforzi volti a mantenere l’integrità e la trasparenza nel settore finanziario. La decisione sembra, inoltre, limitare la portata dell’applicazione della legge antitrust, con possibili implicazioni negative sulla fiducia dei consumatori nel sistema bancario e finanziario.

*****

Il fatto.

La parte attrice ha sostenuto che il tasso Euribor, nel periodo 2005-2008, dovrebbe essere considerato nullo o non applicabile a causa di un accordo tra alcune banche europee inteso a manipolare il tasso Euribor, come evidenziato dalle decisioni della Commissione Europea del 4 dicembre 2013. Questa affermazione si basa sul principio che la manipolazione influisce sulla validità dell’Euribor indipendentemente dalla partecipazione diretta della banca convenuta all’accordo. La Terza Sezione Civile della Corte Suprema di Cassazione ha recentemente riconosciuto questo principio, affermando che le intese che restringono la concorrenza non si limitano a quelle formalmente contrattuali, ma includono anche comportamenti o condotte non negoziali da parte di almeno due imprese. Di conseguenza, la manipolazione dell’Euribor porta alla nullità dei contratti che vi fanno riferimento, rendendo tale decisione un’evidenza privilegiata di un’intesa illecita, indipendentemente dalla partecipazione della banca.

L’ordinanza della Cassazione afferma il seguente principio di diritto che “le intese vietate ai sensi dell’art. 2 della l. n. 287 del 1990 (c.d. legge antitrust) non sono soltanto quelle trasfuse in contratti o negozi giuridici in senso tecnico, ma anche quelle veicolate da comportamenti o condotte “non negoziali” che, con la consapevole partecipazione di almeno due imprese, restringano o falsino, in qualsiasi forma e in modo consistente, la concorrenza all’interno del mercato; ne conseguono, da un lato, la riconducibilità alla citata nozione normativa dell’accordo manipolativo del tasso Euribor accertato dalla Commissione Europea con decisione del 4 dicembre 2013 e, dall’altro, la nullità dei contratti “a valle” che si richiamino per relationem al tasso manipolato, assurgendo la predetta decisione a prova privilegiata di un’intesa illecita, alla quale è irrilevante che non abbia preso parte l’istituto bancario contraente”.

Tuttavia, il 29 gennaio 2024, il Tribunale di Torino, in senso contrario, ha preso una decisione che ha scosso il mondo giuridico e finanziario, respingendo la richiesta di annullamento del mutuatario in conseguenza della manipolazione dei tassi Euribor compresi tra il 2005 e il 2008. Questa scelta è disallineata rispetto all’orientamento della Suprema Corte, illustrato nell’ordinanza n. 34889/2023 (in materia di intesa anticoncorrenziale sulla manipolazione dell’Euribor e nullità parziale del contratto di finanziamento), basandosi sulla Direttiva 2014/104/UE e il decreto legislativo n. 3 del 2017, che delimitano chiaramente chi può essere ritenuto responsabile per il danno da violazione delle norme sulla concorrenza. Nonostante le implicazioni della manipolazione del mercato sulle condizioni di prestito per i consumatori, il Tribunale ha interpretato che solo l’entità che viola direttamente il diritto della concorrenza può essere ritenuta responsabile.

Il Tribunale di Torino, nella sua sentenza, ha sottolineato che, secondo la normativa italiana e l’interpretazione della direttiva europea (Direttiva 2014/104/UE e D.lgs. n. 3/2017), solo l’autore diretto della violazione della concorrenza può essere ritenuto responsabile per il risarcimento dei danni[1]. Questo significa che, nonostante una banca possa essere influenzata dall’intesa anticoncorrenziale che ha manipolato l’Euribor, se non ha partecipato attivamente a tale intesa, non può essere considerata responsabile per i danni subiti dai clienti a causa di tale manipolazione. La sentenza ha, inoltre, evidenziato che la validità dell’Euribor come indice di mercato non viene automaticamente invalidata dall’esistenza di manipolazioni, a meno che non sia dimostrata l’adesione dell’impresa bancaria a tali pratiche anticoncorrenziali. Questo approccio limita la responsabilità ai soli partecipanti diretti all’intesa e sottolinea l’importanza delle prove nell’attribuire la responsabilità per il risarcimento del danno.

Questo approccio restringe il campo di chi può effettivamente richiedere risarcimenti, lasciando un margine limitato per i terzi danneggiati, nonostante il precedente stabilito dal caso Kone della Corte di Giustizia dell’Unione Europea. La sentenza solleva questioni significative sul diritto dei consumatori a una tutela effettiva e sulla capacità di tenere conto delle complessità del mercato finanziario moderno.

 

Osservazioni critiche.

Secondo la giurisprudenza del Tribunale di Torino, un soggetto che abbia stipulato un contratto “a valle” di un’intesa antitrust vietata può richiedere risarcimento anche se l’azienda con cui ha contrattato non è direttamente coinvolta nell’intesa. Questa posizione si basa sul Decreto Legislativo n. 3 del 2017, attuativo della Direttiva Europea 2014/104/UE, che regola le azioni di risarcimento per danni derivanti da violazioni del diritto della concorrenza, applicabile solo alle condotte illecite successive al 3 febbraio 2017. La Direttiva, infatti, specifica che le nuove disposizioni non hanno effetto retroattivo. Pertanto, per le manipolazioni del tasso Euribor avvenute tra il 2005 e il 2008, rimangono valide le normative preesistenti. Importante notare che il D.lgs. n. 3/2017 e la Direttiva 2014/104/UE distinguono tra responsabilità extracontrattuale e contrattuale, consentendo di richiedere il risarcimento del danno da violazione del diritto della concorrenza a prescindere dall’essere acquirente diretto o indiretto. Inoltre, si ribadisce la nullità delle intese antitrust ai sensi dell’art. 2 della legge n. 287/1990, confermando che è possibile agire sia per la nullità sia per il risarcimento del danno davanti al tribunale competente.

La Direttiva Europea n. 2014/104/UE, specificatamente nell’articolo 22 relativo all’”applicazione temporale”, stabilisce chiaramente che gli Stati membri devono garantire che le normative nazionali introdotte in ossequio all’articolo 21, volte a conformarsi ai principi cardine di detta direttiva, non retroagiscano.

Viene, inoltre, precisato che qualunque regolamentazione nazionale emanata sotto l’articolo 21, che non rientri nelle disposizioni del primo paragrafo, non sia applicabile a procedure di risarcimento danni avviate presso autorità giudiziarie nazionali prima del 26 dicembre 2014. Questo implica che né il Decreto Legislativo n. 3/2017 né la Direttiva 2014/104/UE si applicano retroattivamente a manipolazioni dei tassi Euribor verificatesi tra il 29 settembre 2005 e il 30 maggio 2008, o a qualsiasi azione legale avviata prima del 26 dicembre 2014, e a violazioni commesse prima del 3 febbraio 2017, per le quali restano valide le leggi precedenti.

Va notato che il D.lgs. n. 3/2017 e la Direttiva 2014/104/UE sono state concepite per normare esclusivamente la responsabilità extracontrattuale, escludendo quella contrattuale. Di conseguenza, viene richiesto ai contraenti “a valle” il pagamento di un “sovrapprezzo”, definito come la differenza tra il costo realmente sostenuto e quello che avrebbe prevalso senza violazioni della normativa antitrust. In supporto, l’articolo 10 del D.lgs. n. 3/2017 sottolinea che chiunque abbia subito un danno a causa di violazioni della concorrenza può richiederne il risarcimento, a prescindere dalla sua posizione di acquirente diretto o indiretto.

La causa analizzata dal Tribunale di Torino, che ha portato a richiedere la nullità di specifiche clausole di un contratto di mutuo legate all’Euribor in un dato periodo per violazioni normative, dimostra la possibilità di azionare sia la tutela contrattuale sia quella aquiliana. Questo principio è stato riaffermato dalla Suprema Corte nella sentenza SS.UU. 41994/2021, evidenziando che la legittimità a promuovere azioni di nullità o risarcimento spetta a tutti i soggetti del mercato interessati alla sua integrità competitiva, inclusi i consumatori finali.

La Suprema Corte, nella sentenza n. 41994 del 2021, ha esplicitamente dichiarato che il diritto di agire per l’annullamento di un accordo, secondo l’articolo 33 della legge n. 287 del 1990, è concesso non solo agli imprenditori ma anche ad altri attori del mercato interessati a preservare la competitività di esso, incluso il consumatore finale. Questo vale sia per le azioni di risarcimento che per quelle restitutorie, in base all’articolo 2033 del codice civile. Di conseguenza, la nullità di un’intesa anticoncorrenziale si estende ai contratti derivati, legittimando anche richieste di restituzione basate sulla nullità del contratto. Pertanto, il Tribunale di Torino potrebbe aver commesso un errore nell’assumere che un contraente possa chiedere risarcimento solo a chi ha direttamente violato la concorrenza, senza considerare la possibilità di azioni contrattuali.

Inoltre, è stato un errore applicare rigidamente questa interpretazione anche al caso della manipolazione dell’Euribor, che differisce significativamente dalle situazioni contemplate nella sentenza, come quelle relative alle fideiussioni omnibus conformi allo schema ABI.

Per il Tribunale di Torino “Cass. 13.12.2023 n. 34889 ha ritenuto la nullità parziale, per la parte concernente il parametro Euribor degli anni 2005-2008, del finanziamento concesso da un’impresa estranea all’intesa, perché -raggiunto dal divieto di cui alla L. n. 287 del 1990, art. 2 è qualunque contratto o negozio a valle che costituisca applicazione delle intese illecite concluse a monte (Cass. 12/12/2017, n. 29810). Sennonché è stato ripetutamente chiarito dalle Sezioni Unite della Cassazione (Cass. sez. un. 4.2.2005 n. 2207 seguita da Cass. sez. un. 30.12.2021 n. 41994) che -il cosiddetto contratto ‘a valle’ costituisce lo sbocco dell’intesa vietata, essenziale a realizzarne e ad attuarne gli effetti- e che -la funzione illecita di una intesa si realizza per l’appunto con la sostituzione del suo diritto di scelta effettiva tra prodotti in concorrenza con una scelta apparente. E ciò quale che sia lo strumento che conclude tale percorso illecito. A detto strumento non si può attribuire un rilievo giuridico diverso da quello della intesa che va a strutturare, giacché il suo collegamento funzionale con la volontà anti-competitiva a monte lo rende rispetto ad essa non scindibile-. In altri termini stante il “collegamento funzionale” con la volontà anti-competitiva a monte – ai contratti a valle non può attribuirsi un rilievo giuridico diverso rispetto all’intesa che li precede: nulla essendo quest’ultima, la nullità non può che inficiare anche l’atto consequenziale” (in motivazione Cass. n. 41994/2021). Succintamente, il contratto si trova “a valle” perché serve a dare esecuzione all’intesa anticoncorrenziale e a realizzare gli scopi illeciti delle imprese aderenti ed è, per tale strumentalità a un fine illecito, colpito da nullità ex art. 1418 comma 1 c.c. e art. 2 legge n. 287/90“.

La questione esaminata dalla Corte di Cassazione riguardava specificamente le fideiussioni omnibus, le quali sono state considerate in contrasto con le leggi antitrust non per il loro contenuto intrinseco, ma per l’imposizione generalizzata da parte delle banche italiane. Questa imposizione limitava la libertà di scelta dei clienti, configurando così una violazione antitrust. Differente è il caso dei riferimenti ai tassi Euribor nei contratti di mutuo, che sono stati direttamente collegati all’intesa vietata e manipolati, rendendo tali contratti nulli non per l’imposizione seriale ma per la loro sostanza illecita. La Corte ha chiarito che l’applicazione della sentenza non deve essere pedissequa ma deve tenere conto delle specificità del caso, specialmente quando si tratta di pratiche contrarie alle norme antitrust.

 

La Banca d’Italia.

Che in ragione della manipolazione dei tassi Euribor vi siano state conseguenze negative sulla concorrenza è provato dalla Banca d’Italia la quale ha analizzato nei suoi “Quaderni”[2] il mercato dei mutui dal 2004 al 2011. Afferma la Banca d’Italia (pagina 21) che “in Italia il contratto di mutuo più diffuso è quello a tasso variabile. L’incidenza di questi contratti si era tuttavia ridotta nel corso del 2007- 2008, in corrispondenza di un sostenuto incremento del tasso Euribor e del conseguente calo dello spread fra i tassi fissi e variabili sui mutui – fig. 12-. Come evidenziato in alcuni lavori empirici basati sulla IBF, la scelta della tipologia di tasso da parte dei mutuatari sembra dipendere principalmente dall’ammontare iniziale delle rate, che è tanto più elevato per i mutui a tasso fisso rispetto a quelli a tasso variabile, quanto è più alto il differenziale tra i due tassi al momento della stipula del contratto. Quando il divario ha toccato il punto minimo di 2 decimi di punto nel secondo semestre 2008, la quota dei nuovi mutui a tasso fisso ha raggiunto il 67 per cento del totale. Successivamente, a seguito del marcato calo dei tassi a breve e il conseguente aumento del differenziale, l’incidenza dei mutui a tasso fisso di è nuovamente ridotta al 19 per cento nel 2011”.

L’indagine della Banca d’Italia mostra che la manipolazione dei tassi Euribor ha influenzato negativamente la concorrenza nel mercato dei mutui, portando a una prevalenza di contratti a tasso fisso a discapito di quelli a tasso variabile, limitando così la libertà di scelta dei mutuatari.

 

Un precedente rilevante e gli errori di valutazione del Tribunale di Torino.

La Corte di Appello di Cagliari (Dr.ssa Maria Teresa Spanu) la quale ha accolto la domanda di nullità dei tassi quotati dall’EMMI dal 29/09/2005 al 30/05/2008, essendo l’art. 101 TFUE “disposizione di ordine pubblico vincolante per gli Stati dell’Unione Europea – V. Dir. 2014/104/UE-, che trova riscontro nel diritto interno italiano all’art. 2 L. 287/1990”, ha riconosciuto la manipolazione dei tassi Euribor come illecito, sottolineando che le decisioni della Commissione Europea supportano la domanda di nullità dei tassi manipolati. Questo caso rimarca la necessità di proteggere la libera concorrenza e offre una base giuridica per contestare contratti influenzati da pratiche anticoncorrenziali, estendendo la protezione anche ai consumatori attraverso azioni diverse da quelle[3].

Il fulcro delle deliberazioni giudiziali è stata la constatazione di nullità per i tassi Euribor riferiti al periodo identificato dalla Commissione Europea come oggetto di un cartello illegale, contravvenendo all’articolo 101 del Trattato sul Funzionamento dell’Unione Europea (TFUE). Di conseguenza, i contratti di mutuo che utilizzavano Euribor come riferimento per il calcolo degli interessi sono stati dichiarati nulli ai sensi degli articoli 1346 e 1418 del codice civile italiano. Questa nullità rende irrilevante la partecipazione o meno della banca all’intesa illecita o eventuali limitazioni alla libertà di scelta del mutuatario. La nullità contrattuale, scaturita dalla violazione dell’articolo 101 TFUE e della legge italiana 287/1990, permette sia ai consumatori sia agli imprenditori di agire legalmente senza dover necessariamente ricorrere a un’azione risarcitoria contro chi ha causato la nullità dell’indice di riferimento esterno.

Quando un contratto di mutuo fa riferimento a un tasso Euribor manipolato, tale contratto è considerato nullo secondo gli articoli 1346 e 1418 del codice civile, a causa della violazione dell’articolo 2 della Legge n. 287/1990 e dell’articolo 101 TFUE. Non è necessario dimostrare la variazione del tasso Euribor; basta fornire come prova le decisioni della Commissione Antitrust del 2013 e del 2016. Il Tribunale di Torino sbaglia nel distinguere questo caso dalle situazioni precedenti legate alle fideiussioni omnibus, poiché la questione fondamentale non riguarda l’appartenenza alla banca o l’impatto sul cliente, ma la manipolazione del tasso stesso.

Pare errare, quindi, il Tribunale di Torino quando afferma che: “due sono pertanto le primarie differenze tra il caso all’odierno esame e i precedenti riguardanti lo schema di fideiussione omnibus raccomandato dall’ABI alla generalità delle banche aderenti e da queste volontariamente adottato: (1) manca l’intervento di un ente esponenziale degli interessi dell’intero ceto bancario; (2) manca altresì una posizione collettiva comune all’intero ceto bancario nei confronti della clientela. Pertanto, non è possibile qualificare come contratto “a valle”, agli effetti della repressione dell’intesa anti-concorrenziale, qualsiasi contratto di credito in corso di esecuzione negli anni tra il 2005 e il 2008 e parametrato all’Euribor, a prescindere dall’accertamento – decisivo – dell’adesione dell’impresa bancaria all’intesa per la manipolazione del prezzo“.

Si ribadisce che il caso di cui si discute, è diverso da quello risolto dalle SS.UU. n. 41994/2021, così come è diverso il concetto di contratto “a valle”. Per chiarire il contesto, il dibattito giuridico in questione riguarda la manipolazione del tasso Euribor e le sue ripercussioni sui contratti di mutuo. In contrasto con il precedente caso delle fideiussioni omnibus, dove la violazione antitrust derivava dall’applicazione uniforme di uno schema dall’ABI, il focus qui si sposta sulla diretta implicazione dei tassi Euribor manipolati nei contratti di mutuo. La legge antitrust (articolo 2 della Legge n. 287/1990) e l’articolo 101 TFUE giocano un ruolo chiave, rendendo nulle le condizioni contrattuali che incorporano tali tassi manipolati, indipendentemente dall’intenzione o dalla partecipazione alla manipolazione da parte delle banche coinvolte. Le decisioni citate, specialmente l’ordinanza della Corte di Cassazione n. 34889/2023, chiariscono che qualsiasi distorsione del mercato, indipendentemente dalla sua forma, può innescare la violazione della legge antitrust, sottolineando l’importanza di tali decisioni come prova privilegiata nell’ambito delle contestazioni legali.

Il Tribunale di Torino ha commesso un errore nel considerare affidabile l’Euribor, interpretandolo come un tasso di interesse standard per prestiti a breve termine tra banche principali, quando in realtà è soggetto a variabilità e potenziali manipolazioni. L’Euribor, essendo basato su segnalazioni volontarie delle banche e influenzato da operazioni di mercato non sempre trasparenti, può divergere significativamente dai tassi effettivi di transazione. Questa visione del Tribunale non tiene conto delle dinamiche complesse del mercato interbancario e della possibilità di manipolazione, dimostrata da discrepanze nei tassi reali rispetto a quelli ufficiali Euribor, come evidenziato dall’EBA.

 

Conclusioni.

La sentenza del Tribunale di Torino del 29 gennaio 2024 ha dunque suscitato notevoli perplessità nel contesto della lotta contro le pratiche anticoncorrenziali e la manipolazione dell’Euribor. Pur deviando dall’interpretazione della Cassazione, apre una finestra di opportunità per i consumatori e imprenditori lesi da tali manovre. Essi, armati delle decisioni della Commissione Europea che attestano la manipolazione dell’Euribor, possono ora perseguire il recupero dei crediti per interessi indebitamente versati. Questa via non solo riafferma il diritto al risarcimento ma sottolinea anche l’importanza di una vigilanza costante e di una normativa efficace per tutelare l’integrità del mercato finanziario. In definitiva, malgrado le sfide interpretative, il diritto dei consumatori alla giustizia e alla trasparenza prevale, offrendo una speranza rinnovata per la tutela

 

 

 

 

____________________________________________

[1] Tribunale di Torino con sentenza del 29/01/2024: “La disciplina contenuta nella dir. 2014/104/UE -relativa a determinate norme che regolano le azioni per il risarcimento del danno ai sensi del diritto nazionale per violazioni delle disposizioni del diritto della concorrenza degli Stati membri e dell’Unione europea- e trasposta nell’ordinamento italiano con il d.lgs. 19.1.2017 n. 3, attribuisce la legittimazione passiva per il -danno causato da una violazione del diritto della concorrenza- (art. 1 d.lgs. 3/2017) esclusivamente all’autore della violazione, i.e. -l’impresa o l’associazione di imprese che ha commesso la violazione del diritto della concorrenza- (art. 2 comma 1, lett. a). Vedi anche, per la centralità dell’autore della violazione nell’azione di risarcimento del danno, l’art. 8 d.lgs. 3/2017, secondo cui il diritto al risarcimento del danno derivante da una violazione del diritto della concorrenza si prescrive in cinque anni. La giur. della Corte di giustizia UE concede l’azione di risarcimento del danno anche a favore di chi ha subito nella propria contrattazione una ricaduta negativa, in termini di prezzo, della manipolazione della concorrenza (c.d. umbrella effect). Situazione questa rispondente all’allegazione dell’attrice: la concertazione di talune imprese bancarie avrebbe influito sul risultato giornaliero di Euribor e ciò avrebbe comportato per l’attrice un maggior onere per interessi rispetto al giusto. È tuttavia da osservare che l’apertura della legittimazione attiva ai terzi danneggiati, senza aver intrattenuto vincoli contrattuali con le imprese aderenti all’intesa, non estende al contempo la legittimazione passiva all’impresa rimasta estranea, ma si sostanzia nell’attribuzione al danneggiato dalla politica di prezzo di un’azione extracontrattuale nei confronti delle imprese aderenti. Si legge infatti nel leading case (CGUE, 5.6.2014, c-557/2012, Kone) che pur in tal caso -la vittima di un prezzo di protezione («umbrella pricing») può ottenere il risarcimento del danno subito ad opera degli aderenti ad un’intesa, ancorché non abbia intrattenuto vincoli contrattuali con loro, laddove risulti accertato che, alla luce delle circostanze di specie e, segnatamente, delle peculiarità del mercato interessato, detta intesa fosse tale da poter incidere sull’applicazione di un prezzo di protezione da terzi agenti autonomamente e che tali circostanze e peculiarità non potessero essere ignorate dai membri dell’intesa medesima“.

[2] V. https://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/qef/2012-0125/QEF_125.pdf.

[3] Prosegue la Corte affermando che “la decisione della CE è prova idonea a supportare la domanda volta alla declaratoria di nullità dei tassi manipolati ed alla rideterminazione degli interessi nel periodo coinvolto dalla manipolazione – sulla vincolatività della decisione della Commissione v. art 16 Reg CE n. 1/03-. Il primo comma dell’art. 1418 cc ha concepito un sistema aperto di nullità per violazione di norma imperative in cui rientra qualsiasi assetto contrattuale che si ponga in contrasto con precetti inderogabili, quale certamente la disciplina posta a tutela della libera concorrenza”; prosegue a pag. 10 affermando che “non si discute della nullità della clausola sugli interessi al momento del perfezionamento del contratto bensì della perdurante validità / efficacia o inefficacia in senso stretto della determinazione convenzionale degli interessi che si accerti divenuta in contrasto con la norma imperativa in materia di tutela della libertà del mercato e della concorrenza. Se nella fase dinamica del rapporto le condizioni stabilite in contratto vengono a porsi in contrasto con una disposizione inderogabile, deve quanto meno riconoscersi un’inefficacia in senso stretto della relativa clausola se non addirittura l’inefficacia derivante da nullità sopravvenuta, intesa quale contrarietà -parziale- del contratto prodotta durante il suo svolgimento per effetto di un fatto sopravvenuto che  impone la verifica della tenuta di validità delle condizioni originariamente pattuite proprio in considerazione della prestazione periodica del pagamento degli interessi…nella specie la contrarietà alla norma imperativa non si è concretata al momento della stipulazione del contratto, risalente al 2004, ma nel momento in cui il tradens aveva ricevuto interessi frutto di un’intesa nulla sopraggiunta che aveva reso invalida la clausola di determinazione del tasso corrispettivo anche agli effetti di cui all’art. 1284 c. 3 cc”. Conclude la Corte affermando (pag. 11) “non è fuor d’opera richiamare la decisione resa dalla S.C. a SS.UU. n. 41994/2021” la quale ha compreso tra le categorie risarcibili anche i consumatori ed anche mediante azioni diverse da quella risarcitoria.

 

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