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Italian Supreme Court order no. 22090/2021 ruled that during an objection to enforcement against a judicial enforcement order the opposing party is only allowed to invoke amending or extinctive facts occurred after its issuance. It´s forbidden to invoke questions about its substance since they belong to the judgment on the merits.

Sommario: 1. Massima; 2. La vicenda e la questione giuridica; 3. Opposizione all’esecuzione ed eccezioni anteriori alla formazione del titolo esecutivo; 4. Conclusioni.


1. Massima


In sede di opposizione all’esecuzione, di cui all’articolo 615 c.p.c., promossa in base a un titolo esecutivo di formazione giudiziale è consentito all’opponente dedurre unicamente questioni relative a fatti modificativi o estintivi, restando inammissibile la deduzione di quelle di merito, precluse o non proposte nella competente sede di cognizione.


2. La vicenda e la questione giuridica


Tizio incardinava un giudizio contro la società Alfa, la quale veniva dichiarata estinta in pendenza di giudizio.


Ad ogni modo, il giudizio predetto si chiudeva con un provvedimento di condanna dell’attore, il quale veniva altresì condannato a rifondere Mevio, avvocato di controparte, delle spese di lite, in quanto distrattario ai sensi dell’articolo 93 c.p.c.


Ciononostante, dette spese non venivano rimborsate e per questo il professionista provvedeva a notificare ritualmente un atto di precetto. 


Detto atto propedeutico all’esecuzione veniva, tuttavia, prontamente opposto ai sensi dell’articolo 615 c.p.c. ed il giudizio si chiudeva con l’accoglimento dell’opposizione all’esecuzione.


Nella specie, i giudici dell’opposizione convenivano con l’opponente Tizio nel ritenere il titolo di formazione giudiziale alla base del precetto opposto non si era validamente formato, in quanto, il giudizio presupposto era stato incardinato da una società estinta e cancellata dal registro delle imprese e – come tale – sfornita della richiesta capacità processuale.


Sennonché, avverso detta sentenza di accoglimento, il difensore Mevio proponeva impugnazione, la quale veniva anch’essa accolta dai giudici del gravame, con conseguente riforma della sentenza resa dal giudice dell’esecuzione di prime cure.


Contro detto provvedimento proponeva, infine, ricorso per cassazione Tizio, originario opponente, deducendo il difetto di motivazione della sentenza resa all’esito della riforma del provvedimento di accoglimento dell’opposizione di cui all’articolo 615 c.p.c.


I Supremi giudici, rigettando la domanda del ricorrente, hanno avuto modo di ribadire principi che, seppur consolidati e pacifici tanto in dottrina, quanto in giurisprudenza, tornano ad essere riproposti di tanto in tanto. Nella specie, la questione affrontata riguarda la possibilità di eccepire questioni modificative o estintive in fase di opposizione all’esecuzione, di cui all’articolo 615 c.p.c., di un titolo di formazione giudiziale.


3. Opposizione all’esecuzione ed eccezioni anteriori alla formazione del titolo esecutivo


Come noto, l’opposizione all’esecuzione, disciplinata dall’articolo 615 c.p.c., ha il pregio di incardinare un vero e proprio procedimento di cognizione occasionato da quello di esecuzione, grazie al quale è possibile contestare l’an dell’azione esecutiva.


Nella specie, grazie ad essa l’opponente può far accertare l’inesistenza del diritto del creditore a procedere in executivis per difetto originario o sopravvenuto del titolo esecutivo, ovvero può contestare la pignorabilità dei beni o, infine, può richiedere l’accertamento della perdurante validità del titolo esecutivo[1].


Infatti, il processo esecutivo deve essere sorretto, per tutto l’arco della sua durata, da uno dei titoli esecutivi disciplinati dall’articolo 474 c.p.c. Particolare motivo di interesse è, in questa sede, il titolo esecutivo di formazione giudiziale, fra cui rientra anche la sentenza di condanna.


Ebbene, per tale tipologia di provvedimento, l’opposizione all’esecuzione incontra due limiti:


  1. l’efficacia del giudicato formale e sostanziale;
  2. l’impermeabilità tra i motivi di impugnazione e i motivi di opposizione.


Il primo limite opera, di fatto, allorquando oggetto dell’opposizione sia un provvedimento passato in giudicato. Difatti, il noto principio per cui il giudicato copre il dedotto ed il deducibile preclude al giudice dell’opposizione di tornare sul contenuto decisorio del provvedimento, ossia sull’intrinseco. Non è pertanto consentito al decidente invalidare l’efficacia del provvedimento opposto sulla scorta di eccezioni o difese che dovevano essere dedotte nel corso del giudizio in cui il titolo medesimo è stato emesso e che non sono state fatte valere.


Il secondo limite è destinato a operare, invece, nel caso in cui oggetto dell’opposizione sia un provvedimento giurisdizionale non ancora passato in giudicato. In simile occasione, le eccezioni proposte nel giudizio di merito e non ritenute fondate possono essere fatte valere solo azionando i mezzi di impugnazione specificamente previsti dall’ordinamento, ai sensi degli articoli 323 ss. c.p.c.


Da ciò ne deriva che l’opposizione contro il titolo esecutivo di formazione giudiziale non può fondarsi su fatti deducibili, ma che non sono stati dedotti, nel processo che ha dato luogo al giudicato.


Corollario di questo principio è che l’opponente può, in generale, proporre unicamente questioni che non implichino un riesame, da parte del giudice dell’opposizione, della legittimità della formazione del titolo o, più nello specifico, eccepire fatti modificativi o estintivi del rapporto, successivi alla formazione del titolo.


Le questioni sorte anteriormente alla formazione del titolo seguono, invece, la medesima sorte dei fatti deducibili, ma non dedotti in corso di causa (così Cass. n. 27159/2006, conformi Cass. n. 8331/2001 e Cass. n. 12664/2000).


Diversamente opinando, infatti, si minerebbe l’esigenza di certezza dei rapporti giuridici e la regola di diritto che disciplina i rapporti sostanziali tra le parti.


Inoltre, si consentirebbe, da un lato, al giudice dell’esecuzione di interferire col giudizio di merito, dando luogo ad un ulteriore mezzo di impugnazione non previsto dalla legge; dall’altro lato si snaturerebbe il concetto di titolo esecutivo, così come strutturato dall’articolo 474 c.p.c., in cui è preponderante il requisito dell’astrattezza[2].


Il giudizio di esecuzione, invece, viaggia su un doppio binario rispetto a quello di cognizione. Pertanto, il giudice dell’esecuzione non può conoscere di questioni prettamente attinenti al merito. Da ciò ne consegue che il titolo esecutivo giudiziale va inteso in executivis «non come prodotto o, peggio, prosecuzione del giudizio da cui esso è originato, bensì come dato autonomo e indipendente rispetto a quel processo di formazione»[3].


La violazione dei limiti sopra richiamati comporta la declaratoria di inammissibilità, e non la mera infondatezza, dell’opposizione all’esecuzione. Come tale, dunque, essa può essere rilevata anche d’ufficio dal giudice, persino in grado d’appello (cfr. Cass, sent. 26948/2014).


Resta, tuttavia, possibile eccepirsi fatti sorti anteriormente alla formazione del titolo e che non sia stato possibile far valere tempestivamente per causa a sé non imputabile, ai sensi dell’articolo 615, comma 2, ult. periodo, c.p.c. (sul punto, cfr. Cass., sent. 4505/2011).


Sulla base di tali argomentazioni, pur non espressamente richiamate nel corpo della sentenza, i Supremi giudici hanno dichiarato inammissibile e manifestamente infondato il ricorso di Tizio, enunciando il seguente principio di diritto: «in sede di opposizione all’esecuzione promossa in base a titolo esecutivo di formazione giudiziale possono essere dedotte solo questioni relative a fatti modificativi o estintivi del rapporto successivi alla formazione del titolo e non quelle di merito, precluse o non proposte nella competente sede di cognizione» (cfr. ex multis, Cass. sent. 14636/2017; Cass., sent. 17903/2012; Cass., sent. 12911/2012).


Pur essendo precluso ogni giudizio sull’intrinseco, la proponibilità dell’opposizione dell’esecuzione non risulta, tuttavia, inficiata, trattandosi di un mezzo che ha una portata molto ampia e che nella pratica registra un largo impiego. Infatti, non essendo previsto alcun termine di decadenza per la proposizione dell’opposizione di cui all’articolo 615 c.p.c., è possibile eccepire una vasta gamma di questioni successive alla formazione del titolo.


A tal proposito, senza alcuna pretesa di esaustività, i principali fatti modificativi, impeditivi o estintivi adducibili dall’opponente sono:


  • l’inesistenza, originaria o sopravvenuta, del provvedimento;
  • il pagamento del quantum dopo la notifica del precetto[4];
  • la transazione, purché la stessa non sia intervenuta prima della formazione del giudicato (Cass. sent. n. 11581/2011; Trib. Milano, sent. 23/02/2019);
  • la compensazione di crediti, purché quello fatto valere in sede di opposizione sia sorto successivamente alla formazione del titolo esecutivo (Cass., sent. 9912/2007; Trib. Lucca, sent. n. 2197 del 22/12/2015);
  • il pactum de non exequendo prima del passaggio in giudicato della sentenza (Cass., sent. 8774/1991);
  • la prescrizione del titolo esecutivo;
  • le domande accessorie, quali la restituzione di somme percepite in executivis sulla scorta di un titolo successivamente caducato (Cass., Trib Bari, sent. 28/04/2016);
  • la restituzione di parte di somme, a seguito della parziale riduzione della condanna emessa dal giudice di prime cure, purché si sia verificato l’effetto preclusivo del giudicato (Cass., sent. 8928/2006);
  • la contestazione della somma precettata, qualora si assuma che il precetto sia stato emesso per somme superiori a quelle effettivamente dovute o erroneamente calcolate (Trib. Lucca, sent. n. 2197 del 22/12/2015);
  • qualsiasi altro fatto che pur non inficiando il titolo esecutivo nella sua formazione, ne dimostri l’inefficacia, in quanto il diritto in esso consacrato è già stato soddisfatto.


4. Conclusioni


Quanto sancito dalla sentenza in rassegna può apparire solo prima facie banale. Tuttavia, tali motivi di doglianza si avvicendano tanto dinanzi alle corti di merito, quanto in Corte di Cassazione in maniera costante, venendo puntualmente messi in discussione.


Ad ogni buon conto, l’orientamento dei Supremi giudici rimane tetragono nel ritenere che non sia possibile proporre in sede di opposizione all’esecuzione, di cui all’articolo 615 c.p.c., l’esistenza di fatti impeditivi, modificativi o estintivi sorti anteriormente alla formazione del titolo esecutivo di formazione giudiziale. Ciò, in quanto dette eccezioni investirebbero inequivocabilmente il contenuto decisorio del titolo, eludendo il principio della non permeabilità tra motivi di impugnazione e motivi di opposizione, previsto dal Legislatore (cfr. ex multis, Cass., sent. 3667/2013; Cass., sent. 12911/2012; Cass., sent. 22402/2008; nel merito, Trib. Roma, sent. 7/08/2019).


Condivisibile si reputa, in definitiva, l’orientamento dei giudici di piazza Cavour, sulla scorta del paradigma secondo cui l’opposizione all’esecuzione non è un giudizio di impugnazione del titolo medesimo.


Note e riferimenti bibliografici

[1] Secondo la dottrina maggioritaria, l’opposizione all’esecuzione ha natura di azione di accertamento negativo del diritto a procedere con l’esecuzione forzata. Da ciò ne consegue che il giudizio scaturente dall’opposizione ex art. 615 c.p.c. è un giudizio ordinario nel quale l’attore ha l’onere di fatti a fondamento della propria avversa posizione (cfr. E. FURNO, Disegno sistematico delle opposizioni nel processo esecutivo, Firenze, 1942).

[2] P. Marini, Opposizione esecutiva: non invocabili fatti estintivi anteriori a formazione del titolo, in www.altalex.com.

[3] B. Capponi, Autonomia, astrattezza, certezza del titolo esecutivo: requisiti in via di dissolvenza?, in Corriere giuridico, 10, 2012, p. 1169.

[4] Resta dubbio se detto fatto estintivo sia rilevabile d’ufficio, anche dietro sollecitazione di parte, o se la relativa eccezione debba necessariamente formare oggetto di opposizione all’esecuzione, di cui all’art. 615 c.p.c. Sul punto, cfr. B. CAPPONI, Ordinanze decisorie “abnormi” del g.e. tra impugnazioni ordinarie e opposizioni esecutive, Relazione svolta il 27/03/2017 al convegno – organizzato dalla Scuola Superiore della Magistratura e dall’università di Roma Tre – su L’interpretazione del titolo esecutivo e i poteri del giudice dell’esecuzione.

 





 

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