La legge 3/2012 nota come “salvasuicidi” ed il nuovo codice della crisi di impresa, mettono a disposizione di imprenditori e consumatori strumenti utili per uscire dalla crisi. È il caso di un imprenditore edile di Trani, ormai in pensione da tre anni, che aveva accumulato debiti per 300mila euro con alcuni creditori, tra cui banche e Stato. A causa della crisi che ha colpito il settore ha chiuso l’attività con il debito già citato, intrecciando i problemi con il sovraindebitamento della moglie che negli anni, per far ottenere al marito liquidità da parte delle banche, ha firmato garanzie in suo favore mettendo a rischio la sua proprietà immobiliare che di fatto era finita all’asta con i beni immobili del marito.
L’esecuzione su tutti i beni dei due coniugi era fissata per maggio ma l’imprenditore ha scelto di avviare la procedura di gestione della crisi di impresa, e veniva seguito, in questo suo percorso, dall’avvocato Davide Tarantini, con studio legale nella città di Trani, il quale avviava tempestivamente la procedura di sovraindebitamento in favore di entrambi. L’avvocato Tarantini ha chiesto quindi al Tribunale di Trani la nomina di un gestore della crisi di impresa e, nella qualità di gestore, veniva nominato l’avvocato Floriana Baldino, con studio in Trani. Visionati gli atti dei debitori, e fatte tutte le richieste di certificazione del credito ai creditori dell’ex imprenditore, l’avvocato Baldino ha depositato in Tribunale una relazione al fine di richiedere in favore solo dell’ex imprenditore, la procedura di liquidazione controllata. La moglie dello stesso invece si riservava di procedere con diversa gestione della crisi con un piano di ristrutturazione dei debiti.
I debiti che l’imprenditore tranese aveva accumulato negli anni, di circa 300 mila euro, erano sia con le banche che con lo Stato. Andato in pensione, l’imprenditore non ha più potuto saldare i suoi debiti sin lì accumulati, atteso che egli oggi viveva poi solo di una modestissima pensione, di circa 900 euro, e non aveva, di conseguenza al suo nuovo status sociale, liquidità sufficienti per pagare i debiti maturati con lo Stato e con le banche. Aveva invece degli immobili suoi personali, che non aveva alcuna intenzione di sottrare ai creditori, compreso lo stato, mentre invece ciò che sperava di salvare dall’esecuzione già avviata da un creditore, ovvero dalla Banca, era solo l’immobile della di lui moglie, divenuta debitrice con il marito per delle garanzia firmate in suo favore.
Il decreto del Tribunale di Trani. Depositato il ricorso, con la richiesta di apertura del procedimento di liquidazione controllata ex art. 268 CCII, in favore dell’ex imprenditore tranese, ed allegato al ricorso le relazione particolareggiata redatta dal gestore della crisi dallo stesso Tribunale di Trani, il Giudice designato disponeva che: “ai sensi degli artt. 270, c. 5 e 150 CCI, a partire dalla data di pubblicazione della presente sentenza nessuna azione individuale esecutiva o cautelare anche per crediti maturati durante la procedura di liquidazione controllata del patrimonio può essere iniziata o proseguita sui beni compresi nella liquidazione controllata del patrimonio”.
Il giudice dell’esecuzione inoltre, sempre sul tribunale di Trani, a seguito del deposito della sentenza nella procedura esecutiva, prendeva atto della sentenza di apertura della liquidazione controllata e ha sospeso la procedura esecutiva.
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