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Ho ricevuto un atto dall’ex Equitalia per sanzioni amministrative relative ad assegni. Le violazioni risalgono al 2015. Sono prescritte?

Innanzitutto, occorre dire che quella che lei ha ricevuto non è una cartella esattoriale, ma un’intimazione di pagamento.

L’intimazione di pagamento è l’atto che l’agente della riscossione (ex Equitalia) notifica al contribuente dopo la notifica della cartella di pagamento.

Dalla lettura dell’atto che lei ci ha inviato emerge che:

  • le sanzioni amministrative che le sono state inflitte riguardano la materia degli assegni emessi senza autorizzazione del trattario o emessi senza provvista (articoli 1 e 2 della legge n. 386 del 1990);
  • prima dell’intimazione di pagamento, le fu notificata nel 2019 una cartella di pagamento con la quale le furono chieste in pagamento le stesse sanzioni amministrative oggetto dell’intimazione che lei ci ha allegato.

Quindi, sulla base di questi

dati, possiamo dire che:

  • nel 2015, il Prefetto le inviò atto di contestazione con il quale le fu addebitata la violazione dell’articolo 1 o 2 della legge n. 386 del 1990 (cioè l’emissione di assegni senza autorizzazione del trattario oppure l’emissione di assegni senza provvista) e le furono inflitte le conseguenti sanzioni amministrative;
  • a seguito del mancato pagamento da parte sua delle sanzioni amministrative, il Prefetto affidò la riscossione dei relativi importi all’Agente della riscossione (ex Equitalia) che nel 2019 le recapitò la cartella di pagamento;
  • a seguito del mancato pagamento da parte sua degli importi delle sanzioni amministrative indicate nella cartella di pagamento, l’Agente della riscossione le ha infine recapitato l’intimazione di pagamento che lei ci ha allegato.

Oggi, lei non può più contestare nel merito le sanzioni amministrative perché avrebbe dovuto farlo impugnando l’atto di contestazione che il Prefetto le inviò nel 2015 nel termine perentorio di trenta giorni dalla data in cui le fu notificato.

Le sarebbe invece consentito impugnare l’intimazione di pagamento che le è stata notificata qualche giorno fa solo se fossero prescritti gli importi in essa indicati.

Ma le sanzioni amministrative collegate a violazioni in materia di assegni si prescrivono in cinque anni (articolo 28 della legge n. 689 del 1981), mentre invece nel suo caso, dalla data di notificazione della cartella di pagamento e fino alla data di notificazione dell’intimazione di pagamento sono passati solo poco più di tre anni.

Non esistono pertanto validi motivi per poter impugnare l’intimazione di pagamento che le è stata notificata (si sarebbe potuto proporre opposizione davanti al Giudice di Pace se gli importi fossero caduti in prescrizione, ma così non è).

Le consiglio di verificare, (nelle restanti pagine dell’atto di intimazione), la possibilità di chiedere la rateizzazione degli importi che le sono stati contestati.

Eviterebbe così, presentando istanza di rateizzazione, la concreta possibilità di subire un pignoramento (dello stipendio o di beni mobili) oppure il fermo amministrativo di un veicolo di sua proprietà da parte dell’Agente della Riscossione.

L’intimazione di pagamento è infatti l’ultimo atto che precede le cosiddette azioni esecutive da parte dell’Agente della Riscossione (cioè pignoramenti, fermi e ipoteche).

Articolo tratto dalla consulenza resa dall’avv. Angelo Forte

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