Accusato di omicidio a soli quindici anni. Portato in Questura, dovrà rispondere di un’accusa gravissima: quella di aver concorso nel delitto di un coetaneo, di aver contribuito ad uccidere il 15enne Emanuele Tufano. Brutta storia a Napoli, ancora scontri tra bande, con due ragazzini di appena 15 anni al centro della cronaca e della scena giudiziaria: da un lato c’è Emanuele Tufano, un ragazzo incensurato, che è stato ucciso da un colpo di pistola alla schiena, mentre era in sella al proprio scooter; dall’altro, un suo coetaneo, parliamo di un ragazzino di 15 anni, sospettato di aver svolto un ruolo nella morte di Tufano.
Non era solo, secondo le indagini. Anzi: avrebbe fatto parte di una sorta di “paranza” di piazza Mercato, tutti giovanissimi e pronti a difendere il proprio territorio. Da cosa? Dalle scorrerie di altri gruppi, quelli – per intenderci – che arrivano da altre zone della città e usano la zona pedonale di piazza Mercato come una pista per le proprie evoluzioni in sella a uno scooter. E comincia da qui l’ultima follia metropolitana, che si lega alla morte di un quindicenne e ai pesanti sospetti su un suo coetaneo, un soggetto che – appena un anno e mezzo fa – venne accusato di aver preso parte all’aggressione armata (a colpi d coltello) di un cittadino bengalese. In quella cornice di odio tra bande ci sarebbe stato un altro violentissimo precedente: circa un mese fa tra le due bande di minori si sarebbe scatenata una rissa durante la quale un componente del Rione Sanità avrebbe staccato a morsi l’orecchio ad un rivale del Mercato.
La vittima
Ancora sangue nelle strade di Napoli. Nei fiumi di porpora che inondano le notti di una città che non dorme mai, tocca ancora una volta a un minorenne cadere sotto i colpi delle pistole. Aveva soltanto 15 anni Emanuele Tufano, figlio di quel Rione Sanità che da ventre flaccido del centro storico tenta una coraggiosa rinascita ambientale e morale. Ma la vita di Emanuele, a guardarla oggi, sembra lontanissima da quella risalita: l’adolescente – figlio di una famiglia di lavoratori, gente estranea alla camorra – è stato assassinato nel corso di una furiosa sparatoria avvenuta poco dopo l’una e mezza della notte tra mercoledì e giovedì in un vicolo che si distacca dal centralissimo corso Umberto per congiungersi nella casbah del Lavinaio, zona che di notte si percorre a proprio rischio e pericolo.
La dinamica
Emanuele è uscito di casa mercoledì sera per vedersi con un gruppetto di amici. Con lui c’erano almeno altri due ragazzini, di 17 e 14 anni. Poco più che bambini, tutti incensurati. Dove si siano diretti e perché resta uno dei tanti misteri da chiarire in questa tragedia: fatto sta che i tre tirano tardi, e si è fatta l’una e mezza quando incrociano un altro gruppo di giovanissimi armati fino ai denti. Le due comitive si conoscevano già, tra loro esistevano rancori pregressi, ma se – come pure si ipotizza – si fossero dati un appuntamento saranno le indagini della polizia a dimostrarlo.
Fatto sta che Emanuele, a bordo di uno scooter che aveva in uso, e la coppia di amichetti che lo affiancano in sella ad un secondo ciclomotore, intuiscono di essere finiti in una trappola e che a tallonarli ci sono dei ragazzi con le armi in pugno. Iniziano a fuggire imboccando via del Carminiello al Mercato, ed è qui che si scatena un inferno di piombo e fuoco: vengono esplosi almeno venti colpi di pistola, una sparatoria furiosa i cui segni testimonieranno, alle prime luci dell’alba, la evidente volontà di uccidere da parte dei killer. Emanuele, mentre tenta di fuggire, viene centrato alla schiena da uno dei proiettili: un solo colpo, ma fatale, che gli penetra nel polmone. Il ragazzo stramazza a terra mentre è ancora sul motorino e muore sul colpo.
In quel fuoco incrociato – a sparare sono state pistole di diverso calibro, tra le quali una “9 Parabellum” – finiscono anche i due compagni di Emanuele: i quali riescono tuttavia a fuggire, per presentarsi poco dopo al pronto soccorso dell’ospedale CTO: il 17enne ha un proiettile conficcato in un braccio mentre il 14enne presenta numerose escoriazioni al volto e agli arti. Nessuno dei due è in pericolo di vita. Per farsi un’idea della violenza che si è scatenata in strada basti pensare che l’inseguimento è durato per circa 200 metri, come testimoniano le ogive dei colpi che si sono infrante in alcune vetrine, nei lunotti di ben quattro autovetture parcheggiata e nelle mura di diversi palazzi.
Le ipotesi
Di lì a poco i feriti racconteranno agli agenti della squadra mobile diretta da Giovanni Leuci una bugia: «Abbiamo subìto un tentativo di rapina al Vomero». Non è così, ovviamente. E solo in mattinata smentiranno quella versione che non regge.
Iniziano i sopralluoghi della scientifica in via del Carminiello, mentre dalle finestre di alcuni bed and breakfast ci sono stranieri che scattano foto e si inquadrano nei selfie con lo sfondo delle divise della polizia, immaginandosi quasi su un set di “Gomorra”. Forse nemmeno sanno della tragedia che si è consumata nel cuore della notte.
Vengono acquisite le immagini di una decina di impianti di videosorveglianza pubblica e privata, si iniziano a scandagliare tutti i fotogrammi che potrebbero aver immortalato i sicari e i ragazzini in fuga. Ogni immagine può rivelarsi decisiva in questi casi. E si mettono al lavoro due Procure: quella ordinaria e quella dei minori, con altrettanti fascicoli in co-delega anche con la Direzione distrettuale antimafia, perché al momento nessuno scenario può essere escluso. Per tutta la giornata di ieri al quarto piano della Questura di Napoli, negli uffici della Squadra Mobile, sono sfilati numerosi testimoni.
E ancora nelle prossime ore verranno anche riascoltati i due ragazzini sopravvissuti: sono loro i veri custodi di una verità (forse anche scomoda) che va fatta per individuare i killer. Considerata la loro minore età, le testimonianze andranno raccolte con tutte le accortenze e i requisiti previsti dalla legge. E in questo lavoro congiunto dei pubblici ministeri della Procura ordinaria e dei minorenni cominciano a prendere corpo alcune ipotesi. Quella di un regolamento di conti tra gruppi di adolescenti che si conoscevano e che erano animati da livori pregressi. Nella notte potrebbe arrivare la svolta, e già stamattina il baby killer di Emanuele potrebbe avere un volto e un nome.
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