Venticinque anni fa nasceva la Fondazione Ricerca per la Pace. Il presidente: «Chiederemo una tregua alle guerre durante le Olimpiadi di Cortina»
Venezia capitale mondiale della Pace. Che prende il posto dell’Europa ostaggio del voto all’unanimità di tutti i Paesi membri e dell’Onu, dove il Consiglio di sicurezza a cinque decide tutto e la Russia che invaso l’Ucraina ha diritto di veto. Onu che il premier israeliano Netanyahu ha umiliato definendola «una sprezzante farsa». Compie venticinque anni la Fondazione Ricerca per la Pace di Venezia e le celebrazioni iniziate sabato con una giornata di studi alla Scuola Grande di San Marco sul tema «Pensare e praticare la pace dal Mediterraneo» sono l’atto rivoluzionario di un centro studi partecipato da Comune e Regione che ormai è pronto fare il salto dal lavoro di ricerca di background a quello in prima linea di attore della pace. Venezia come luogo di mediazione in una tempesta geopolitica di risentimenti sedimentati in cui i boomer scatenano le guerre e i loro nipoti Gen Z ci rimettono la pelle.
Professore Silvio Antonio Calò, da presidente della Fondazione per la Pace ha annunciato la volontà di invitare qui i 42 Nobel della Pace. Perché Venezia dovrebbe riuscire dove altri organismi hanno fallito?
«È un simbolo. I ponti per le connessioni, i campielli le micro-agorà, rappresenta da sempre la multiculturalità. È conosciuta e riconosciuta a livello mondiale ma solo per il turismo. Le vogliamo restituire un volto, un ruolo, una riconoscibilità civica. Il Mediterraneo, da sempre luogo di scambi e speranza è diventato negli ultimi decenni un mare di morte, barconi affondati, corpi e vite mai più recuperati. È importante che la civiltà del mare si riprenda un ruolo in questa tragedia. Ruolo che l’Europa e l’Onu non hanno».
Con i suoi studenti ha esplorato il tema dei conflitti in Medio Oriente. I ragazzi si sono messi nei panni dei Palestinesi e in quelli degli Israeliani. Hanno dibattuto fino a concludere che la pace non è possibile farla in due.
«La pace si fa in tre perché occorre un mediatore esterno ai conflitti. Chi è esterno può voltarsi dall’altra parte. O intervenire per mediare. Da Venezia partirà un messaggio diplomatico per la Pace».
L’assemblea dei premi Nobel per la Pace? Quando è prevista?
«Il 14 novembre 2024 a Roma presenteremo francobollo corale congiunto tra lo Stato Città del Vaticano e lo Stato italiano. Un piccolo seme per far germogliare la pace a partire tra coloro che si sono maggiormente esposti: Papa Francesco e il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Invieremo il francobollo a tutte le nunziature, a tutti i Paesi, a tutti i premi Nobel. A tutti coloro che sono i testimoni della Pace».
Nel frattempo, per le Olimpiadi Milano-Cortina 2026, i suoi studenti disegneranno una specie di Google Map della Pace?
«Proprio così. Andranno nei territori a ricostruire vicende, intervistare residenti, interrogare i luoghi e realizzare una mappa di coloro che nel Veneto hanno lavorato per la pace: nonni, zii, avi, conoscenti, estranei. Si tratta di un progetto per la pace che è stato selezionato dalla Regione. Inizierà nell’anniversario della dichiarazione dei Diritti il 10 dicembre 2025 con gli studenti che con la fiaccola faranno una staffetta tra San Vito di Cadore e lo stadio Olimpico di Cortina. Portando un messaggio importante: chiedere una tregua alle guerre duranti le olimpiadi invernali. Il messaggio per l’Onu sarà dare voce a tutti i Paesi membri; per l’Europa, rinunciare ad essere ostaggio dell’unanimità che la rende irrilevante nel panorama geopolitico mondiale».
La guerra attiva la primitiva amigdala in ogni essere umano. Se la Russia invade l’Ucraina e inizia un traffico di armamenti, se Hamas uccide 1.200 persone prende 250 ostaggi e Israele risponde con 41.500 morti e due milioni di sfollati, la pace è davvero praticabile?
«Ci sono 53 conflitti nel mondo, non due. La soluzione sta agli Stati: se si fermano i rubinetti degli armamenti, i conflitti si esauriscono. La pace non è una parentesi tra le guerre, non è di destra né di sinistra. È un fondamentale orizzonte dell’umanità. E l’accoglienza è il tema propedeutico».
A proposito: nel 2015 ha accolto in casa insieme ai suoi quattro figli e a sua moglie sei richiedenti asilo. Come sono cambiate le loro vite?
«Hanno tutti trovato lavoro e stanno mettendo su famiglia».
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