Gli operatori portuali infuriati con l’Autorità che non interviene sulla sistemazione di tratti di banchina interdetti
di Umberto Serenelli
Il dragaggio del basso fondale di porto-canale e darsena di Fiumicino continua a slittare. Ottobre sta per finire e aumenta la rabbia degli operatori portuali con in testa la categoria della pesca che tra pochi giorni torna in mare dopo il fermo biologico.
“È il solito bluff dell’Autorità di sistema portuale: ogni volta che deve fare interventi sulla sicurezza della navigazione all’interno dell’approdo sposta l’asticella più avanti – afferma con infuriato Gennaro Del Prete, presidente della coop Pesca Romana – La flotta è rimasta ferma nella Fossa Traianea, tra il Ponte 2 Giugno e la passerella, per un mese lasciando libera la parte di fiume soggetta all’escavo: perché non si è dragato senza ostacoli per il traffico fluviale? Purtroppo non è stato fatto ancora nulla dopo i continui annunci, ‘sminamento’ a parte che è iniziato qualche giorno fa”.
Gli armatori della flotta più numerosa dei porti laziali, lamentano il fatto che si poteva approfittare dello stop alla pesca, per eseguire la rimozione dei detriti dal fondale, senza incontrare disagi per chi opera e soprattutto per la sicurezza della navigazione alla foce.
Al coro di proteste si sono uniti anche gli operatori dei due rimorchiatori. I danni agli scafi e soprattutto alle eliche non si contano più: c’è chi ha proposto di mandare la fattura degli interventi di riparazione all’Autorità.
“Il porto di Fiumicino è abbandonato mentre l’Autorità continua ad investire su Civitavecchia e Gaeta – aggiunge Del Prete – È ovvio che manca un minimo di programmazione perché da tempo è noto il problema quando dobbiamo uscire o rientrare in porto e quale occasione migliore per effettuare il dragaggio nel mese di fermo”.
Dal 4 novembre la flotta tornerà in mare con gli stessi cronici problemi che insistono ormai da molti mesi sul porto e in darsena, con gli operatori costretti a ricorre a particolari accorgimenti per dribblare i danni ai motopesca. Tanto per fare un esempio il peschereccio “Nonno Ciro”, di 180 tonnellate, sarà obbligato a fare solo 10mila litri di gasolio, anche se i serbatoi hanno una capienza di 50mila, per non appesantire l’imbarcazione e prendere il largo senza subire danni allo scafo. Al centro dell’alveo infatti il pescaggio è 3,5-3,80 metri quando dovrebbe essere di almeno 5 metri, mentre a ridosso delle banchine non supera i 3 metri.
Stessa difficoltà nella darsena, dove attraccate circa 200 barche da diporto, e domenica scorsa, con la prima regata del Campionato di vela, l’immagine della Città ha fatto la solita figuraccia con la superficie coperta di detriti. L’altra dolente nota sono le banchine in alcuni punti sprofondate, soprattutto nel tratto su viale Traiano davanti alla Capitaneria, e costituiscono un pericolo per gli imbarcati. Non parliamo poi del punto interdetto, a ridosso della passerella, che per fortuna è stato recintato a causa del distacco dei lastroni in granito del ciglio.
“Sono circa 60 metri che da oltre un anno restano in attesa di sistemazione – conclude Del Prete – Anche per questo motivo riteniamo inutile la presenza dell’Autorità che si preoccupa solo di Civitavecchia e lascia nell’abbandono Fiumicino“.
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