Possono essere conseguiti tramite la presentazione della
CILA gli interventi che non siano riconducibili a
quelli realizzabili in edilizia libera, né a quelli che necessitano
del Permesso di Costruire o della SCIA.
La CILA (Comunicazione di Inizio Lavori
Asseverata) infatti è un istituto
intermedio tra l’edilizia libera e la SCIA e, a differenza
di quest’ultima, non prevede una fase di controllo sistematico
successivo, sicché l’Amministrazione, nei riguardi della CILA, non
può compiere una valutazione in termini di ammissibilità o meno
dell’intervento, ma dispone del solo potere di verifica
dell’impatto delle opere sul territorio e della conformità
delle stesse, e può provvedere all’archiviazione della
Comunicazione se dovesse accertare la realizzazione di
abusi edilizi.
CILA e SCIA: differenze riguardo ai poteri
dell’Amministrazione
A chiarirlo è il TAR Lombardia con la sentenza del
21 ottobre 2024, n.
2785, con cui ha rigettato il
ricorso contro l’atto di archiviazione della
CILA presentato per la sostituzione di un recinto preesistente
con una nuova rete metallica con paletti in ferro, che ha
comportato la riduzione della carreggiata della relativa strada
vicinale; il tutto senza titoli, all’interno di un’area
sottoposta a vincoli di tutela ai sensi del D.lgs. n.
42/2004 (Codice dei beni culturali e del
paesaggio).
Spiegano i giudici amministrativi che la CILA – disciplinata
dall’art. 6-bis del d.P.R. n. 380/2001 (Testo Unico
Edilizia) – rappresenta un istituto intermedio tra il
regime dell’edilizia libera (art. 6 del TUE) e gli
interventi subordinati a SCIA di cui
all’art. 22 dello stesso TUE.
La CILA infatti è un titolo a carattere
residuale, che va a racchiudere tutte quelle opere che non
trovano spazio tra gli interventi autorizzabili mediante gli altri
titoli edilizi, quali Permesso o SCIA, né tra i lavori realizzabili
senza titoli o comunicazioni in edilizia libera.
Può essere quindi riconosciuta come “attività di
edilizia libera certificata”.
Al pari della SCIA, la Comunicazione di Inizio Lavori è
ascrivibile nel genus della liberalizzazione delle
attività private, ma, al contrario di questa, non prevede
una fase successiva di controlli in seguito alla
presentazione, essendo un atto di natura privatistica, che non è
suscettibile di autonoma impugnazione.
Si chiarisce nello specifico che: “l’attività assoggettata a
CILA non solo è libera, come nei casi di SCIA, ma, a differenza di
quest’ultima, non è sottoposta a un controllo sistematico, da
espletare sulla base di procedimenti formali e di tempistiche
perentorie, ma deve essere soltanto conosciuta
dall’amministrazione, affinché essa possa verificare che,
effettivamente, le opere progettate importino un impatto modesto
sul territorio“.
Di conseguenza, se con la SCIA il Comune può esercitare un
potere repressivo, inibitorio e conformativo, nonché di autotutela,
con la CILA invece può far valere un potere meramente
sanzionatorio, che comunque non preclude la
verifica della conformità delle opere con le prescrizioni
della disciplina urbanistico-edilizia.
Difformità in area vincolata: senza titoli, inutile la
compatibilità paesaggistica
Nel caso in esame, il TAR condivide l’operato del Comune che ha
disposto l’archiviazione della CILA per inefficacia del titolo ai
fini edilizi e perché le opere sono risultate essere difformi alle
normative in materia urbanistico-edilizia.
I lavori infatti sono stati conseguiti senza
titoli all’interno di un’area sottoposta a
tutela paesaggistica, per la
quale il PGT vigente all’epoca della realizzazione degli interventi
disponeva il vincolo di inedificabilità
assoluta.
Lo stesso Piano territoriale disponeva peraltro una previsione
di viabilità di 6 metri per la strada vicinale interessata dai
lavori, mentre, in seguito al restringimento della
carreggiata, la larghezza è risultata essere di soli 2
metri.
In particolare si rileva che, a seguito dell’accertata assenza
dell’autorizzazione paesaggistica, è stata data comunicazione di
avvio di procedimento amministrativo per opere eseguite in assenza
di titoli, alla quale seguiva la richiesta da parte del ricorrente
della compatibilità paesaggistica di cui all’art.
167, comma 4, del Codice dei Beni Culturali.
La sanatoria paesaggistica è stata effettivamente rilasciata a
favore del soggetto, che provvedeva quindi a depositare la
Comunicazione di Inizio Lavori, poi correttamente archiviata per i
motivi suddetti.
In merito viene specificato che, ai sensi dell’art. 27
del TUE, l’Amministrazione ha il dovere di vigilare
sull’attività urbanistico-edilizia che si svolge
sul proprio territorio – al fine di assicurare che le opere siano
conformi alle norme di legge e di regolamento, alle prescrizioni
degli strumenti urbanistici e alle modalità esecutive fissate nei
titoli abilitativi – ed è tenuta ad intervenire
nel caso in cui dovesse essere accertata la presenza di opere
realizzate abusivamente.
Il comma 2 dell’art. 27 prevede in particolare
che:
“Il dirigente o il responsabile, quando accerti l’inizio o
l’esecuzione di opere eseguite senza titolo su aree assoggettate,
da leggi statali, regionali o da altre norme urbanistiche vigenti o
adottate, a vincolo di inedificabilità, […] nonché in tutti i casi
di difformità dalle norme urbanistiche e alle prescrizioni degli
strumenti urbanistici, provvede alla demolizione e al ripristino
dello stato dei luoghi.”
Il ricorso è stato quindi respinto: il provvedimento di
archiviazione risulta quindi giustificato – a prescindere dal
rilascio della compatibilità paesaggistica – dal fatto che non
fosse sufficiente una CILA per effettuare i lavori oltre che
dalla presenza di opere difformi alla disciplina urbanistica, non
sussistendo peraltro l’obbligo in capo al Comune di svolgere la
comparazione tra gli interessi pubblici e quelli maturati dal
privato, in quanto non rinvenibile alcun affidamento tutelabile a
favore del soggetto.
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