FIRENZE. Due fratelli di origine brasiliana, Matheus e Guillerme Ponciano, di 19 e 24 anni, sono stati rinviati a giudizio per l’omicidio di Safaei Chakar Kiomars, 72enne cittadino iraniano, titolare di un banco di souvenir al Mercato del Porcellino nel centro di Firenze, ucciso nel suo appartamento, all’interno di condominio di via Francesco De Pinedo, nel quartiere di Novoli nella serata del 29 novembre 2023. Lo ha deciso al termine dell’udienza preliminare il Gup del Tribunale di Firenze che ha confermato tutte le imputazioni e tutte le aggravanti a carico dei due imputati, che erano stati dipendenti della vittima. Il processo inizierà davanti alla Corte di Assise di Firenze il 9 gennaio 2025.
Le accuse e il tentativo di fuga
Ai due imputati, spiega in un comunicato il procuratore capo Filippo Spiezia, sono stati contestati “il reato di rapina in concorso aggravata – perché commessa in concorso tra loro ed appositamente riuniti, ai danni di un uomo ultrasessantacinquenne, reso, nell’occasione, incapace di agire, approfittando delle relazioni di prestazione d’opera con la vittima – e il reato di omicidio in concorso aggravato dalla crudeltà, dalla sussistenza di un progetto esecutivo, dalla premeditazione e dall’esistenza di relazioni d’opera con la vittima”. Il giudice ha trovato corretta e fondata integralmente la qualificazione giuridica avanzata dalla Procura, rigettando la richiesta, avanzata dalle difese, di restituire gli atti al pubblico ministero per modificare le imputazioni. I due giovani brasiliani, irregolari in Italia erano stati fermati pochi giorni dopo l’assassinio all’aeroporto di Bologna dove si apprestavano a tornare in Brasile con due biglietti aerei acquistati all’indomani di quella che allora il procuratore Spiezia definì una “esecuzione efferata”, avvenuta al termine di una rapina. Sussistendo il pericolo di fuga, è stato emesso il decreto di fermo per i due fratelli.
La rapina e l’omicidio violento
Secondo quanto ricostruito dalle indagini della squadra mobile della questura di Firenze, le telecamere di videosorveglianza avevano ripreso uno dei due fratelli entrare con il volto travisato da un cappuccio in testa nel palazzo di via Francesco De Pinedo, dove la vittima viveva da tempo, poco dopo le ore 18 del 29 novembre, alcuni minuti prima del ritorno a casa del commerciante dal lavoro, che era stato pedinato dai due fratelli. L’aggressore incappucciato era salito al sesto piano del palazzo e aveva spinto dentro l’appartamento la vittima al suo arrivo. Nel corso della rapina, al 72enne iraniano vennero tappati gli occhi e la bocca con del nastro adesivo cerato nero, poi gli era stato applicato un sacco di tessuto nero in testa, mentre con del nastro adesivo trasparente gli erano state legate le mani dietro la schiena. Nel corso della rapina gli vennero inferte anche percosse. «La vittima è stata picchiata selvaggiamente durante un’esecuzione efferata che rivela tutta la disumanità, semmai si posa riconoscere dell’umanità in un atto omicidiario», disse il 4 dicembre di un anno il procuratore capo, convocata per annunciare il fermo dei due giovani brasiliani. La morte di Safaei Chakar Kiomars sopraggiunse dopo ore per asfissia. Dopo la violenta rapina, l’aggressore scappò e si ricongiunse con il fratello che lo attendeva in strada, per poi allontanarsi insieme, come mostrarono le immagini riprese dalle telecamere di videosorveglianza della zona.
Le perquisizioni e i sequestri
Nel corso della perquisizione a casa dei due fratelli brasiliani, la polizia sequestrò indumenti della stessa foggia di quelli dell’individuo ripreso dalle telecamere. Durante le rapide indagini che portarono un anno fa all’identificazione dei autori dell’omicidio e della rapina, la squadra mobile della questura aveva ascoltato numerosi testimoni, tra i quali i residenti del condominio in cui Kiomars viveva da solo dal 1976 e tra gli amici e i colleghi della Loggia del Porcellino dove ogni mattina apriva il suo banco di souvenir in attesa degli acquisti dei turisti. Molte le tracce e le impronte utili rinvenute dalla polizia scientifica sul luogo del delitto. La premura degli indagati di voler abbandonare precipitosamente l’Italia e l’appartamento dove vivevano a Firenze, con l’acquisto di due biglietti aerei per far ritorno in Brasile, venne accertata anche grazie alle intercettazioni telefoniche. Il procuratore Filippo Spiezia ha espresso, con un comunicato, “un sentito apprezzamento per gli investigatori della squadra mobile della questura fiorentina e del Cosc della polizia postale per la Toscana per le indagini svolte e, in particolare, per l’impegno e la professionalità dimostrate”.
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