Un’indagine di Greenpeace mostra molte crepe nella narrazione per cui l’Italia sarebbe ai primissimi posti per tassi di riciclo. Il rapporto si concentra sulla plastica e mette in luce opacità, audit non soddisfacenti e dati reali più bassi di quelli sbandierati
L’Italia è davvero campione di economia circolare, come si ripete instancabilmente in ogni incontro e in ogni rapporto sul tema? Forse ci sono più ombre di quante siamo stati disposti ad ammettere fino ad ora. Ombre che riguardano il riciclo della plastica.
Il riciclo effettivo è inferiore al 50% dei rifiuti prodotti e per di più si basa su metodi di calcolo poco trasparenti. Lo sostiene un’inchiesta condotta dall’unità investigativa di Greenpeace.
I lati oscuri del riciclo della plastica in Italia
Come arriva a questo dato -solo il 48% dei rifiuti di plastica prodotti è effettivamente riciclato-, l’associazione ambientalista? Si parte da un altro dato, l’indice di recupero che secondo Corepla sta al 95%. Per Greenpeace, è essenziale distinguere tra recupero e avvio a riciclo. Il recupero incorpora anche i flussi di plastica che non vengono riciclati ma bruciati negli inceneritori (con recupero di energia). Il tasso di riciclo plastica effettivo, invece, supera di poco il 55% nel 2023.
C’è poi un altro lato del gap tra avvio a riciclo e riciclo effettivo. Ed emerge grazie al nuovo metodo di calcolo che il Conai è costretto a seguire da poco per adeguarsi alla normativa UE. Con il riciclo effettivo, l’Italia scende dal 55,1% al 48,6% degli imballaggi effettivamente riciclati (dati relativi al 2022). Aspetto importante: in questo modo l’Italia si scopre non ancora a posto con l’obiettivo UE al 2030, che è del 55%.
E ancora: per Greenpeace, il modo in cui viene calcolato questo 48% è poco trasparente. Non vi è accesso pubblico ai documenti tecnici che illustrano la metodologia di calcolo e l’audit svolto sarebbe carente. Aspetti, questi, che venivano messi in luce anche da una relazione della Corte dei Conti UE in cui venivano segnalate lacune nei sistemi di monitoraggio e di raccolta dati.
“Credere nell’eccellenza del sistema che gestisce i nostri imballaggi in plastica assomiglia più a un atto di fede”, dichiara Giuseppe Ungherese, responsabile della campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. “I dati di Corepla e Conai si caratterizzano per opacità e scarsa trasparenza sui criteri di calcolo e rendicontazione, e i risultati realmente ottenuti potrebbero essere ben più scarsi di quelli dichiarati”.
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