Trenta anni di reclusione al presunto killer di Pasquale Mangione, il pensionato del Comune di Raffadali ucciso il 2 dicembre del 2011 nella sua casa di campagna in contrada Modaccamo. Sono stati inflitti nei confronti del 39enne Angelo D’Antona.
La Corte di assise di appello di Palermo, dopo che la Cassazione aveva annullato il precedente verdetto, ha riconosciuto l’aggravante della premeditazione e ha ripristinato la sentenza del gup di Agrigento, Stefano Zammuto.
Pensionato ucciso in campagna a colpi di pistola: due condanne anche in appello
Insieme a lui era imputato il 44enne di Raffadali, Antonino Mangione (solo omonimo della vittima), morto nei mesi scorsi, che si è autoaccusato di avere organizzato l’omicidio tirando in ballo uno dei figli della vittima, in un primo momento indagato con l’accusa di essere stato il mandante.
“Mi chiese se potevo organizzare l’omicidio del padre, era diventato un fastidio per lui perché andava in giro a molestare donne in paese. Mi diede 5mila euro che spartimmo con Roberto Lampasona e Angelo D’Antona, altri 1.300 euro li pagò a parte per la pistola che acquistai da un palmese”. Così il collaborante aveva raccontato la decisione di uccidere il pensionato.
Pensionato ucciso nella sua casa di campagna a colpi di pistola, chieste due condanne in appello
A commettere materialmente l’omicidio, secondo il racconto di Mangione, sarebbero stati Lampasona e D’Antona. Il collaborante aveva aggiunto: “Ho chiesto l’autorizzazione a Francesco Fragapane (condannato con l’accusa di essere il nuovo capo mandamento) che mi disse che la vittima non apparteneva a Cosa Nostra e, in definitiva, potevamo fare quello che volevamo”.
Pensionato ucciso a colpi di pistola nella sua casa di campagna: condannati pentito e killer
La posizione di Lampasona è stata stralciata perché la Procura non ha notificato, per un disguido, l’avviso di conclusione delle indagini a uno dei difensori, con la conseguenza che l’ordinanza di custodia cautelare in carcere era decaduta per scadenza dei termini. Nel frattempo è arrivata la condanna all’ergastolo che D’Antona ha evitato con il giudizio abbreviato. La posizione del figlio della vittima è stata, invece, archiviata per mancanza di riscontri come quella di Fragapane. Di fatto il movente non è stato mai accertato ma le intercettazioni nei confronti di Lampasona e D’Antona, che mostravano timore per il pentimento di Antonino Mangione e sembravano sapere dettagli su quanto avvenuto nelle fasi dell’omicidio, sono state sufficienti per condannare i due presunti killer.
La condanna a 30 anni di D’Antona era stata ridotta a 16 anni in Corte di assise di appello (da 16 a 10 per Antonino Mangione) ma nel nuovo giudizio di secondo grado, deciso dalla Cassazione per valutare la sussistenza della premeditazione, è stata riconosciuta l’aggravante. I difensori di D’Antona, gli avvocati Antonino Gaziano e Teresa Alba Raguccia, adesso, potranno ancora impugnare il verdetto in Cassazione.
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