Missione compiuta per l’emissione della prima tranche obbligazionaria, la strada scelta nell’aprile del 2022 dal Gran Consiglio per aiutare il processo di ricapitalizzazione dell’Istituto di previdenza del Cantone Ticino, l’Ipct, e far fronte al maggior costo a carico della cassa pensioni (circa 700 milioni) dovuto alle garanzie di pensioni concesse dallo stesso parlamento nel 2012. Dopo un primo tentativo andato a vuoto, complice anche l’incertezza dei mercati finanziari, il Cantone è riuscito a ‘piazzare’ una prima tranche da 100 milioni di franchi. La strada però è ancora lunga: il percorso intrapreso dal Gran Consiglio prevede infatti di raccogliere in totale 700 milioni di franchi attraverso l’emissione di una o più tranche obbligazionarie. Capitali che – tecnicamente considerati degli anticipi dei contributi – entreranno nella disponibilità dell’Ipct e saranno investiti a loro volta sui mercati finanziari. «Non è quindi un contributo che possiamo incamerare e utilizzare per ridurre il disavanzo, come invece sarebbe successo se fosse stata accolta la proposta originaria del Consiglio di Stato di un unico contributo da 500 milioni. Una versione, quest’ultima, che avremmo preferito ma che purtroppo non ha trovato una maggioranza politica», dichiara, interpellato dalla ‘Regione’, il direttore dell’Istituto di previdenza del Cantone Ticino Daniele Rotanzi. Si è preferita una scelta ibrida, definita dal parlamento “innovativa”. «Ci viene messo a disposizione un capitale che possiamo investire, ma che allo stesso tempo ci impone di riconoscere al Cantone il costo per gli interessi dell’obbligazione. Il principio voluto dal Gran Consiglio è che non si generassero costi per lo Stato. L’obiettivo è quindi avere più capitale da investire siccome abbiamo 8 miliardi di passivo da remunerare e solo 5 miliardi di capitale. Per quanto chiaramente meno incisiva rispetto alla proposta originale, siamo convinti che sul lungo termine questa operazione potrà portare dei benefici, grazie in particolare al differenziale tra il rendimento dei nostri investimenti ampiamente diversificati e il costo per interessi dell’obbligazione». L’obiettivo resta quello di raggiungere, entro il 2051, un grado di copertura dell’85 per cento per l’Istituto di previdenza del cantone che conta circa 17mila assicurati attivi e 10mila beneficiari di rendita tra dipendenti del Cantone, di Comuni ed enti parapubblici.
‘Confidiamo in un’altra emissione nei primi mesi del 2025’
La prima tranche obbligazionaria, di 100 milioni, è inferiore a quanto si era annunciato pubblicamente nel 2022. L’idea era infatti di raccogliere 700 milioni sul mercato monetario attraverso l’emissione di tre tranche: due da 250 milioni e una da 200 nell’arco di un anno e mezzo circa. «Quando è stato concepito il progetto e la relativa convenzione tra Stato e Ipct, nell’autunno del 2021, i tassi con i quali il Cantone si poteva indebitare erano molto bassi, inferiori all’1 per cento. Complice il contesto internazionale, nel corso del 2022 i mercati e i livelli dei tassi sono però cambiati. La convenzione è stata così resa più flessibile in merito al numero, all’importo e al momento delle singole emissioni». Approccio che si è tradotto, come detto, in una prima emissione più contenuta di 100 milioni. «Ci troviamo verso la fine dell’anno e la domanda di obbligazioni a lunga scadenza, quelle per noi necessarie e tipiche di investitori istituzionali, è limitata. La buona notizia è che i tassi sono tornati circa ai livelli del 2021. Confidiamo di poter concretizzare un’altra emissione nei primi mesi del nuovo anno, magari più sostanziosa».
Merlini (Vpod): ‘Ottenuti a condizioni che dovrebbero giovare al finanziamento’
Premette Adriano Merlini del sindacato Vpod, rappresentante degli assicurati attivi nel Consiglio di amministrazione dell’Istituto di previdenza: «Avremmo preferito i cinquecento milioni a fondo perso come prospettato in un primo tempo dal Consiglio di Stato per quel che riguarda il finanziamento della cassa, cinquecento milioni che sarebbero andati a coprire parte del maggior costo delle garanzie rispetto a quanto era stato stimato nel 2012 quando il parlamento decise il passaggio dal primato delle prestazioni a quello dei contributi». Detto ciò e tornando ai 700 milioni e alle tranche, «è chiaro che il rischio dell’operazione è tutto a carico della cassa pensioni e quindi dei suoi affiliati», evidenzia l’ex presidente del Cda dell’Ipct. «Comunque questi cento milioni sono meglio di niente – continua Merlini –. Oltretutto secondo i nostri esperti e il perito in materia di previdenza professionale sono stati ottenuti a condizioni che dovrebbero poter giovare al finanziamento dell’Ipct sul lungo periodo. Dunque, un aumento della massa del capitale e una resa superiore a quello che è l’interesse che dobbiamo riversare al Cantone per questo anticipo dei contributi da parte del datore di lavoro, nella speranza che ne arrivino altri. Personalmente sono moderatamente ottimista. Dovremmo insomma poter riuscire a seguire il cammino stabilito per il risanamento della cassa che ha come obiettivo il 2051».
Quaresmini (Rete): ‘La soluzione non è certo a costo zero per gli assicurati’
In seno al Consiglio di amministrazione, e tra i rappresentanti degli assicurati, hanno votato contro la sottoscrizione della tranche i tre membri di ErreDiPi (Rete per la difesa delle pensioni). La conferma arriva da Enrico Quaresmini. «Secondo noi questa è la pietra tombale sui 500 milioni, sulla soluzione proposta inizialmente dal governo ma rifiutata dal Gran Consiglio, che ha scelto il cosiddetto lodo Pamini (l’allora deputato Udc Paolo Pamini, ndr) – sostiene Quaresmini –. Gli assicurati e le assicurate all’Ipct sono ora chiamati a farsi carico del costo aggiuntivo delle garanzie concesse dal parlamento stesso agli over50. Il datore di lavoro non paga nulla, semplicemente anticipa contributi dovuti. Ci stanno dicendo: ‘Le garanzie concesse dal parlamento agli over50 costano 700 milioni in più? Le abbiamo concesse noi, ma arrangiatevi poi voi…’. Oltre a ciò, assicurati e assicurate dovranno sobbarcarsi i rischi insiti nell’operazione per la quale ha optato il parlamento e gli interessi obbligazionari da restituire al datore di lavoro: la soluzione dei 700 milioni, a costo zero per il Cantone, non lo è infatti per gli assicurati. Oltre all’onere degli interessi, si trasferisce semplicemente all’Istituto di previdenza, cioè agli assicurati e al datore di lavoro, il rischio derivante dall’imprevedibilità degli investimenti sui mercati. La soluzione adottata inoltre non esclude affatto di dover essere chiamati a rifinanziare nuovamente l’Ipct. Con i 250 milioni con riserva sull’anticipo di 700 milioni ci si aspetta – aggiunge Quaresmini – di riportare al massimo a circa il 70% il grado di copertura, un grado di copertura influenzato a sua volta da diversi fattori e troppo vicino al limite minimo previsto».
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