Nel primo semestre 2024 l’economia del Veneto si è indebolita: secondo l’indicatore trimestrale dell’economia regionale (ITER) elaborato dalla Banca d’Italia, il prodotto è ristagnato rispetto al corrispondente periodo del 2023 (0,5% in Italia).
Ven-ICE, l’indicatore elaborato dalla Banca d’Italia per misurare la dinamica congiunturale di fondo dell’economia del Veneto, è rientrato in territorio negativo nel corso del secondo trimestre; a settembre è sceso ulteriormente. Alla fase ciclica sfavorevole ha contribuito in particolare la manifattura.
Secondo Unioncamere del Veneto nella media dei primi due trimestri 2024 la produzione manifatturiera delle imprese con almeno 10 addetti si è ridotta rispetto allo stesso periodo dello scorso anno. L’ultima edizione del Sondaggio congiunturale della Banca d’Italia, appena svolta, conferma la prosecuzione del calo dell’attività industriale nei primi nove mesi 2024, anche sulla scorta dell’incertezza del quadro economico e geopolitico internazionale e delle difficoltà della Germania, primo mercato di sbocco per le esportazioni regionali. Oltre il 60% delle imprese industriali venete con almeno 20 addetti ha rapporti commerciali diretti con la Germania (una quota significativamente più elevata della media italiana) e la metà di queste ha sperimentato nei primi nove mesi dell’anno una riduzione delle vendite in volume in quel paese.
Anche le esportazioni complessive di beni in volume si sono ridotte nella prima metà del 2024 rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, risentendo della debolezza della domanda proveniente dai paesi dell’Unione monetaria. Il calo ha interessato quasi tutti i principali settori di specializzazione della regione.
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Il comparto edile è cresciuto anche nella prima parte del 2024: l’avanzamento delle opere del Piano nazionale di ripresa e resilienza (PNRR) e il completamento dei lavori relativi al Superbonus 110% hanno sostenuto il settore.
I servizi privati non finanziari hanno continuato a risentire dell’indebolimento della domanda e del quadro di incertezza geopolitica meno intensamente rispetto all’industria. Il fatturato a prezzi costanti delle imprese con almeno 20 addetti è infatti rimasto invariato rispetto ai primi nove mesi del 2023 per oltre la metà delle aziende e il saldo tra i casi di aumento e quelli di riduzione è risultato pressoché nullo. Nei primi otto mesi 2024 le presenze turistiche hanno continuato ad aumentare, anche se a un ritmo molto più moderato rispetto agli anni immediatamente successivi alla crisi pandemica. La crescita delle presenze straniere ha più che compensato il calo di quelle italiane.
Nel primo semestre del 2024, dopo i forti incrementi dei precedenti periodi, l’occupazione in regione è calata. Nel complesso dei primi nove mesi dell’anno i dati amministrativi delle comunicazioni obbligatorie, riferiti al lavoro dipendente del settore privato non agricolo, mostrano un rallentamento dei saldi occupazionali, concentrato nei contratti a tempo indeterminato.
Dopo la marcata riduzione registrata nel corso del 2023, l’inflazione si è mantenuta su valori contenuti a settembre. Per i nuclei familiari residenti in regione, il potere d’acquisto è tornato a salire, sostenuto dai redditi nominali; i consumi hanno ristagnato.
Nonostante i segnali di indebolimento dell’economia del Veneto, la quota d’imprese venete in utile si manterrebbe elevata nel 2024. La liquidità finanziaria delle imprese si è consolidata su alti livelli nel confronto storico. I prestiti alle imprese si sono ridotti in misura sensibile e più accentuata rispetto alla media nazionale. Il calo è riconducibile principalmente alla debolezza della domanda di credito, influenzata dai tassi ancora elevati, dall’indebolimento dell’economia e dalla perdurante incertezza che scoraggia gli investimenti. Anche l’abbondante liquidità accumulata e i buoni risultati economici contribuiscono a limitare il ricorso a risorse finanziarie esterne da parte delle imprese. Sulla base di dati provvisori la contrazione dei prestiti alle imprese si è lievemente attenuata nei mesi estivi. I finanziamenti alle famiglie sono rimasti sostanzialmente stabili. I nuovi mutui per l’acquisto di abitazioni sono diminuiti, mentre è proseguita la crescita delle nuove erogazioni di credito al consumo. La qualità del credito si è mantenuta elevata: il tasso di deterioramento si è mantenuto su livelli contenuti sia per i prestiti alle imprese sia per quelli alle famiglie. I depositi bancari sono cresciuti grazie alle giacenze delle imprese. Le famiglie, a fronte della lieve flessione dei depositi, hanno aumentato gli investimenti in titoli di debito che offrivano dei rendimenti maggiori.
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