Il 2019 per quanto riguarda le pensioni è un anno che è passato agli annali per diverse ragioni. Infatti parliamo dell’anno del famoso “decretone”, come fu ribattezzato il decreto n° 4 con cui il governo di allora del Premier Giuseppe Conte con Lega e Movimento 5 Stelle in maggioranza e con Luigi Di Maio e Matteo Salvini Vicepremier, varò la quota 100, la prima pace contributiva e il Reddito di Cittadinanza. Il 2019 però, sempre in materia previdenziale, è un anno passato agli annali perché fu dal primo gennaio di quell’anno che è stato registrato l’ultimo incremento dei requisiti di accesso alle pensioni per l’aspettativa di vita.
Le pensioni sono salite come requisiti sia per quanto riguarda quelli contributivi della pensione anticipata ordinaria che per quelli anagrafici della pensione di vecchiaia ordinaria. Da troppo tempo non aumentano i requisiti. Ecco perché adesso molti temono che qualcosa possa cambiare nei prossimi anni. Ma cosa potrebbe cambiare per davvero?
“Buonasera, mi chiamo Pietro e sono un lavoratore che ha appena compiuto 63 anni di età. Ho 22 anni di contributi versati e quindi una carriera che difficilmente mi consentirà di andare in pensione prima di aver compiuto 67 anni di età. Ho paura però che nel frattempo, mentre passano gli anni, quando sarà il momento di arrivare alla pensione e quindi di compiere 67 anni di età qualcosa possa cambiare e che di colpo i requisiti possano crescere di nuovo. Da quando cominceremo a dire addio alla pensione a 67 anni di età perché saliranno i requisiti anagrafici?”
Pensioni: ecco quando non basteranno più i 67 anni di età e serviranno oltre 43 anni di contributi
Le pensioni ordinarie cioè la pensione anticipata e quella di vecchiaia sono due misure strutturali del sistema e come tali non prevedono modifiche da un anno all’altro, se escludiamo quelle legate all’aspettativa di vita. Infatti in Italia le pensioni sono legate a doppio filo alla vita media della popolazione.
Più aumenta l’età media della popolazione più aumentano i requisiti per le pensioni. In pratica, ciò che è accaduto nel 2019 come abbiamo detto in premessa.
Con la Legge Fornero fu introdotto un meccanismo che prevede adeguamenti biennali in base ai dati ISTAT sull’aspettativa di vita della popolazione. In teoria ogni due anni se la vita media della popolazione cresce, crescerebbero anche i requisiti sia per le anticipate che per la vecchiaia. Nel 2019 l’incremento fu di ben 5 mesi, con l’età della pensione di vecchiaia che passò dai 66 anni e 7 mesi di prima ai 67 anni di dopo. E si arrivò a pensioni anticipate senza limiti di età ma con 42,10 anni di versamenti per gli uomini e 41,10 anni per le donne. E questi sono i requisiti ancora oggi validi per entrambe le misure. La pandemia, tremenda e distruttiva come fu, ha di fatto ridotto la vita media della popolazione durante gli anni in cui c’è stata. Adesso però la stima di vita degli italiani torna a crescere. E allora cosa succede?
A quando i futuri scatti per l’aspettativa di vita?
Per il momento non succede niente. perché fino al 2026 i requisiti per andare in pensione dovrebbero essere sempre gli stessi. Sia per la pensione di vecchiaia ordinaria per la quale serviranno sempre almeno 67 anni di età ed almeno 20 anni di versamenti. E sia per le pensioni anticipate ordinarie che sempre senza alcun vincolo di età, consentiranno le uscite a 42 anni e 10 mesi di versamenti contributivi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi di versamenti contributivi per le donne. Dal 2027 però, visto il trend di adesso, uno scatto di 2 mesi è da mettere in preventivo. Se non addirittura di 3 mesi. Al momento non ci sono certezze però. Tutto dipenderà dalla stima di vita e dai dati statistici dell’ISTAT.
Resta il fatto che probabilmente nel 2027 serviranno 67 anni e 2 o 3 mesi per andare in pensione di vecchiaia. Come serviranno 43 anni ed uno o 2 mesi per la pensione anticipata degli uomini e sempre un anno in meno per le donne.
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