«Mio figlio non riesce a trovare pace, a rassegnarsi a tutta questa faccenda. Da un anno e mezzo riceve solo notizie negative: prima l’arresto a sorpresa, poi un processo ingiusto e adesso anche il rinvio della decisione di estradarlo in Italia». Ornella Matraxia è la madre di Filippo Mosca, che il prossimo 20 gennaio compirà 30 anni dietro le sbarre. Potrebbero essere ancora quelle della prigione di Rahova, a Bucarest, perché la Corte d’appello di Caltanissetta non ha ancora deciso sulla richiesta di estradizione in Italia. Il ragazzo è in prigione in Romania dal maggio 2023. È stato condannato a 8 anni e 3 mesi, con sentenza definitiva, per spaccio internazionale di droga, traffico di sostanze stupefacenti e possesso per uso personale nell’ambito di una storia controversa. In un hotel di Bucarest era stato consegnato un pacco contente 150 grammi di droga portando all’arresto di tre italiani: Mosca, l’amico Luca Cammalleri e una loro conoscente.
La donna si è subito assunta tutta la responsabilità del plico, sia davanti alla polizia che in sede processuale. Non è servito a nulla. Come non è servito dimostrare che le intercettazioni ambientali realizzate durante il fermo, sulla cui base i due giovani sono stati condannati seguendo la tesi che avrebbero convinto la terza persona a dichiararsi colpevole, non erano state autorizzate da nessun giudice e soprattutto erano tradotte male.
Sia Mosca che Cammalleri, assistiti dall’avvocata Armida Decina, avevano chiesto al tribunale siciliano, oltre all’estradizione, di riconfigurare la pena inquadrandola nella normativa italiana. Puntavano ad avere uno sconto di due anni. Il giudice, però, ha obiettato di non poter svolgere un controllo di merito. «Non è quello che chiedevamo – afferma Decina – La legge quadro dice che l’autorità italiana può riconsiderare una pena diversa laddove quella fattispecie di reato è prevista con un differente regime sanzionatorio. Se fossero stati arrestati nel nostro Paese avrebbero preso massimo sei anni, in base al quarto comma dell’articolo 73 Testo unico sugli stupefacenti. In Romania li hanno giudicati in base al primo, che prevede da 6 a 20 anni. Ricorreremo in Cassazione».
Per adesso l’istanza riguarderà soltanto Cammalleri. La sua pena a 8 anni e 2 mesi è stata riconosciuta e il ragazzo ha avuto il via libera all’estradizione. Per Mosca, invece, la via Crucis continua. I 30 giorni in più di condanna dipendono dal fatto che aveva in tasca 0,6 grammi di marijuana. In Romania è un reato penale, in Italia un illecito amministrativo. «Pertanto trattandosi di riconoscimento parziale [della condanna, ndr] deve essere attivato il meccanismo di consultazione preventiva tra lo Stato di emissione e quello di esecuzione», si legge nell’ordinanza della sezione penale della Corte d’appello di Caltanissetta, dove il ragazzo viveva. In pratica serve un approfondimento tra le autorità dei due paesi e tutto è rimandato al 2 dicembre, data della prossima udienza.
«Il tribunale avrebbe potuto semplicemente riconoscere la sentenza romena decurtando un mese, che Filippo ha già abbondantemente scontato», continua Decina. Un cavillo tecnico, insomma, che però rischia di avere un grande impatto sulla condizione di Mosca. «Speravamo in una reazione dell’opinione pubblica e del governo – continua Matraxia – Le istituzioni italiane si sono attivate per sostenere il trasferimento ma non hanno fatto nulla durante il processo. Hanno sempre detto di non poter interferire nella vicenda giudiziaria. E lo capisco. Ma è ingiusto che davanti alle tante prove di irregolarità processuali che abbiamo prodotto non sia successo niente. Fa molto male sentirsi abbandonati dal proprio paese. Mio figlio è distrutto».
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