07.23 – martedì 19 novembre 2024
(Il testo seguente è tratto integralmente dalla nota stampa inviata all’Agenzia Opinione) –
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L’Unione Europea sta trascinando la Repubblica Italiana verso il disastro politico, economico e sociale. La Commissione europea sta sempre più esponendo i paesi membri nella guerra suicida a fianco dell’Ucraina di Zelensky. Nonostante l’elezione di un Presidente degli Stati Uniti come Donald Trump che ha promesso di portare a termine il conflitto nel più breve tempo possibile, e quindi con un compromesso realistico, l’Unione Europea insiste su posizioni negoziali irrealizzabili che escludono ogni prospettiva di pace, condannando l’Ucraina ad una sempre più probabile sconfitta militare.
Tutto questo nonostante sia proprio l’Europa a pagare il prezzo più alto per questa guerra, non solo per le immani distruzioni sul teatro del conflitto, ma per una crisi energetica, e di conseguenza economica, che sta spingendo il nostro Continente verso la deindustrializzazione. Anche il contenimento dei flussi migratori clandestini viene di fatto impedito dall’Unione europea, che sta costringendo l’Italia in una posizione sempre più paradossale e insostenibile.
Da un lato in base al Trattato di Dublino si impedisce la redistribuzione dei migranti e si accetta che altri paesi membri chiudano le frontiere rispetto ai flussi provenienti dal nostro Paese, dall’altro lato con la sentenza della Corte di giustizia europea di dà un’interpretazione così restrittiva della definizione di “paese di origine sicuro” da rendere per noi impossibile qualsiasi rimpatrio di migranti irregolari. Nessuno a Bruxelles sembra aver capito che il problema dei flussi migratori non sono solo le decine di migliaia di arrivi di questi anni, che pur vanno bloccati, ma dei milioni che arriveranno nei prossimi decenni quando la popolazione dell’Africa raddoppierà.
Dal punto di vista economico la Commissione europea, dopo la fine dell’emergenza Covid e l’ambigua operazione del Next Generation EU, ha imposto il ritorno all’austerità fiscale attraverso un nuovo Patto di stabilità che impone sacrifici ancora più insostenibili di quelli previsti dal Fiscal compact. Questo comporta per l’Italia un taglio di risorse finanziarie di 14 miliardi di euro all’anno per sette anni – incredibilmente accettato dal nostro Governo – che già in questa Legge di bilancio sta creando problemi irrisolvibili.
Come se non bastasse, l’Unione Europea si è imposta a livello mondiale come portabandiera della “transizione green”, costringendo i paesi membri alle scelte energetiche e ai regolamenti anti-emissioni più duri di tutto il pianeta, seppure il nostro contributo globale alle emissioni di CO2 è marginale rispetto a quello di Cina e altri paesi. Questo sta contribuendo alla recessione economica, alla distruzione del comparto automobilistico, allo scempio del paesaggio con sterminate estensioni di pale eoliche e di pannelli fotovoltaici e – soprattutto in Italia – alla perdita di valore delle nostre case.
La transizione green dimostra ulteriormente che per salvare la nostra economia ormai non è più sufficiente uscire dall’Euro, ma bisogna rimettere in discussione tutto l’impianto dell’Unione europea. A tutto questo si aggiunge la Banca Centrale Europea che, dopo l’emergenza dell’euro e il Quantitative Easing, compra sempre meno titoli di Stato, non immette liquidità sul mercato e mantiene tassi di sconto ancora troppo elevati. In questo modo ostacola il rilancio dell’economia reale del Continente e non aiuta i paesi membri a sostenere i propri debiti pubblici, al contrario di quello che fanno tutte le altre banche centrali dei paesi sovrani, dagli USA al Giappone, alla Cina.
La conseguenza di queste e altre imposizioni è che rimanendo all’interno dell’Unione europea è sempre più difficile garantire i diritti sociali previsti dalla nostra Costituzione, il cui impianto sociale e lavoristico è opposto all’impostazione neoliberista dei Trattati europei. Già questo dovrebbe imporre alle nostre istituzioni di rimettere in discussione la permanenza della Repubblica Italiana nell’Unione europea. Ma oggi c’è un fatto nuovo che apre un’opportunità che sarebbe gravissimo non cogliere: l’elezione di Donald Trump, un Presidente degli Stati Uniti isolazionista e ostile alle organizzazioni sovranazionali, permette all’Italia di uscire dall’Unione europea senza per questo trovarsi isolata nel contesto internazionale.
Al contrario, la nostra Nazione, riprendendosi integralmente la propria sovranità, si troverebbe al centro della vasta rete di relazioni che si aprono nel nuovo mondo multipolare, senza per questo scontrarsi necessariamente con lo storico alleato statunitense. Per questo chiediamo al Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, al Governo e al Parlamento di aprire una vertenza finale, un vero e proprio ultimatum, con le istituzioni dell’Unione Europea. Una vertenza che parta dalla preminenza delle nostre norme costituzionali rispetto alle previsioni dei Trattati europei e quindi imponga di uscire dal Patto di stabilità, essendo i criteri di Maastrich (debito/Pil, Deficit/Pil) privi di alcun senso economico, come ormai evidente ad ogni osservatore obiettivo.
Allo stesso modo, devono essere rigettati tutti i regolamenti vessatori dell’Unione che mettono in discussione il diritto alla casa, le libertà individuali e la libertà d’impresa, ovvero i regolamenti sulla transizione green, la direttiva Bolkestein, le norme sanitarie che impongono campagne vaccinali e quelle educative che promuovono le teorie gender. Infine, vanno rifiutate le sanzioni contro la Russia e le forniture di armi con cui l’Italia contribuisce ad alimentare il conflitto in Ucraina, invece di collaborare con la nuova Amministrazione Trump per giungere ad un rapido cessate il fuoco.
Questa vertenza finale deve essere rafforzata dalla consapevolezza che il nostro Paese è contributore netto nei confronti dell’Unione europea, ovvero conferisce a Bruxelles più soldi di quanti ne riceve indietro con le varie forme di contributo (mentre i fondi del PNRR sono principalmente prestiti che dovranno essere integralmente restituiti nel prossimo decennio), il cui utilizzo viene condizionato al rispetto di una serie di vincoli e previsioni lontani dal nostro interesse nazionale. È evidente che queste richieste per essere accettate dovrebbero prevedere una completa riscrittura dei Trattati costitutivi dell’Unione Europea e quindi di fatto portare alla dissoluzione di questa sovrastruttura burocratica e ordoliberista.
Per cui l’alternativa da porre è la seguente: sciogliere Unione Europea per come oggi è concepita, o liberare la Repubblica Italiana da questa sudditanza. In ogni caso l’obiettivo non è quello di isolare l’Italia dall’Europa, ma di ricostruire una nuova Europa basata sulla cooperazione tra Nazioni sovrane. Si tratta di un obiettivo ambizioso ma ineludibile: diversamente la prospettiva sarebbe quella di rimanere travolti nel crollo economico e istituzione dell’attuale Unione europea, sprecando la grande opportunità offerta dalla elezione di Donald Trump a Presidente degli Stati Uniti e dalla nascita del BRICS come struttura di cooperazione del nuovo mondo multipolare.
Uscire dall’Unione Europea è oggi non solo un atto di sovranità e di rispetto dei principi fondamentali della nostra Costituzione, ma una necessità per salvare l’Italia da un disastro annunciato.
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Movimento Indipendenza
Roma, 18 novembre 2024
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