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Nei giudizi di espropriazione mobiliare presso terzi l’ordinanza di assegnazione costituisce fonte dell’obbligazione del terzo pignorato nei confronti del creditore esecutante, sicché l’eventuale opposizione alla stessa deve essere fondata su fatti sopravvenuti, impeditivi o estintivi della pretesa creditoria, relativa ai suoi rapporti con il creditore pignorante. 

Con l’ordinanza del 4 gennaio 2023, n. 108, la Corte di Cassazione ha chiarito la questione circa l’ammissibilità dell’opposizione agli atti esecutivi ex art. 617 c.p.c. da parte del terzo pignorato avverso l’ordinanza di assegnazione delle somme. 

Nella vicenda in esame, l’esecuzione veniva avviata nella forma del pignoramento presso terzi, ritualmente notificato dal creditore esecutante sia al debitore che, a sua volta, al debitore di questi, il c.d. “terzo pignorato”. Il terzo pignorato rendeva, dunque, la dichiarazione ai sensi dell’art. 547 c.p.c., specificando l’ammontare delle somme da lui dovute al soggetto pignorato e, conseguentemente, il Giudice, rilevatone il carattere positivo, emetteva l’ordinanza di assegnazione delle anzidette somme.

Avverso l’ordinanza veniva proposta opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c. da parte del terzo pignorato, il quale ne eccepiva l’insussistenza e, comunque, l’inesigibilità delle somme dovute; il Giudice dell’esecuzione, atteso che l’opposizione era tardiva, la rigettò sulla base della sua inammissibilità.

In seguito alla conclusione del giudizio di esecuzione, la creditrice esecutante cedeva il proprio credito ad un’altra società, la quale a sua volta lo cedeva ad una terza società. L’originaria creditrice assegnataria incardinava, medio tempore, una nuova procedura esecutiva fondata sull’ordinanza di assegnazione e notificava atto di precetto alla società terza pignorata; quest’ultima proponeva, a sua volta, opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.

L’opposizione era fondata su due motivi: in particolare, con il primo motivo la società debitrice sosteneva che la fonte del credito derivava dalla cessione del credito da parte del creditore esecutante, prodromica rispetto alla notifica dell’atto di precetto, nei confronti di un’altra società, che a sua volta l’aveva ceduto ad una terza società. Il secondo motivo, invece, si fondava sulla circostanza che il credito oggetto di pignoramento fosse inesigibile, giacché traeva origine da un contratto di appalto di opera pubblica nel quale l’appaltatore non aveva prestato la garanzia fideiussoria.

Il Tribunale di Bologna con sentenza del 15 novembre 2008, n. 20960, rigettava l’opposizione in quanto l’opponente non aveva fornito la prova riguardante la sottoscrizione del cessionario del contratto e, soprattutto, l’inesigibilità del credito andava contestata in sede di opposizione ai sensi dell’art. 617 c.p.c. all’ordinanza di assegnazione delle somme, non già con lo strumento dell’opposizione all’esecuzione ex art. 615 c.p.c.

A seguito di appello avverso la sentenza emessa dal Giudice di prime cure, la Corte di Bologna, dopo aver verificato che la cessione del credito – ritualmente comunicata all’appellante – era intervenuta prima della notifica dell’atto di precetto e che si era perfezionata per facta concludentia, accoglieva l’opposizione della società debitrice e, per l’effetto, invalidava l’atto di precetto.

La Suprema Corte, investita della questione, ha fatto luce in merito all’eventualità di conclusione del contratto di cessione del credito per comportamento concludente, statuendo che “nel caso di specie, la Corte d’Appello accertava in punto di fatto che la cessione del credito era avvenuta per contratto, e non per atto unilaterale del cedente, fondando la decisione sull’assunto che il contratto di cessione si era concluso nel momento in cui il destinatario della proposta aveva comunicato la propria accettazione al terzo ceduto”. 

La notifica dell’accettazione al terzo ceduto è, dunque, di per sé sufficiente a considerare il contratto di cessione concluso e non richiede alcun requisito formale, potendo “discendere, in difetto di previsioni di legge, solo da una richiesta del proponente o da un preventivo accordo tra le parti”.

La Suprema Corte ha poi precisato che il credito nascente da un’ordinanza di assegnazione costituisce una fonte di obbligazione per il terzo pignorato, per cui nell’ipotesi di opposizione agli atti esecutivi ai sensi dell’art. 617 c.p.c. l’opponente dovrà porre a sostegno della propria pretesa solo fatti sopravvenuti, impeditivi o estintivi della pretesa creditoria. Laddove, invece, il credito oggetto di assegnazione diventi inesigibile o non dovuto per fatti attinenti al rapporto tra l’originario debitore esecutato e il terzo pignorato, occorrerà ricorrere allo strumento del giudizio ordinario di cognizione e non all’opposizione all’esecuzione, al fine di dimostrare che i pagamenti al creditore assegnatario non siano dovuti.

Sulla base di tale assunto la Suprema Corte, accertata la carenza del mezzo d’impugnazione in parola nell’originaria opposizione agli atti esecutivi, ha accolto la domanda di rigetto.

 

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