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Ritorniamo su un tema che abbiamo già trattato, le anticipazioni bancarie nelle procedure concorsuali, per un aggiornamento sulla base della recente giurisprudenza e anche per analizzarne il trattamento previsto dal nuovo Codice della Crisi.

Può la banca legittimamente procedere all’incasso del credito, anticipato prima dell’inizio della procedura, sia essa concordato preventivo o fallimento, dopo l’avvio della procedura stessa, e compensare così, in tutto o in parte, il suo credito?

Ovviamente in presenza di uno specifico patto di compensazione, dotato di data certa, in caso di fallimento, in quanto altrimenti la questione nemmeno si potrebbe porre.

A nostro personale avviso, in caso di fallimento le rimesse effettuate da terzi relativamente ad importi già anticipati dalla banca, al di là del meccanismo contabile adottato dalla stessa banca, sono sempre revocabili, ovviamente in presenza dei presupposti di cui all’art. 67 Legge fallimentare (conoscenza dello stato di insolvenza, consistenza e durevolezza) e all’art. 70 Legge fallimentare (rientro).

La Cassazione invece non sempre si è pronunciata in questo stesso senso. Dello stesso avviso siamo per la procedura di concordato preventivo, ed anche qui le sentenze di Cassazione non sono comunque univoche.

Prima o poi dovranno necessariamente pronunciarsi le Sezioni Unite, se non altro relativamente a situazioni sorte ante Codice della Crisi, essendo ora variata la norma, analizzata più avanti.

 

Le anticipazioni bancarie nel concordato preventivo

anticipazioni bancarie procedure concorsualiPrima del 2020, la Cassazione si è pronunciata molte volte sulla compensabilità delle anticipazioni bancarie nel concordato preventivo sia in un senso che nell’altro.

Analizzeremo poi le due sentenze del 2020, le n. 11523 e 11524 del 15 giugno 2020.

Per la non applicabilità del patto di compensazione, queste sono le sentenze della Cassazione, tutte peraltro riferite a casi sorti ante l’11 settembre 2012, della prima sezione (salvo quella del 1999, a Sezioni Unite): Cassazione, 25 settembre 2017, n. 22277; , 7 maggio 2009, n. 10548; 12 gennaio 2007, n. 578; Sez. Un. n. 7751 del 1999; 28 agosto 1995, n. 9030; 18 dicembre 1990 n. 11988; 28 giugno 1985 n. 3879; 26 febbraio 1981 n. 1182.

Per l’applicabilità, invece, del patto di compensazione, queste sono le sentenze della Cassazione sempre relative a casi sorti anteriormente alla data dell’11 settembre 2012, della prima sezione: Cassazione, 10 aprile 2019, n. 10091; 19 febbraio 2016, n. 3336 (relativamente ad una amministrazione controllata); 1° settembre 2011, n. 17999 (relativamente ad una amministrazione controllata); 15 aprile 2011, n. 8752; 23 marzo 2001, n. 4205; 7 marzo 1998 n. 2539; 5 agosto 1997 n. 7194; 17 luglio 1997 n, 6558; 23 luglio 1994 n. 6870.

L’11 settembre 2012 è la data di effetto della variazione apportata all’art. 169 bis Legge fallimentare (art. 33 D.L. n. 83/2012, conv. con modificazioni dalla L. 134/2012), articolo che ha trattato ex novo i contratti pendenti nel concordato preventivo.

Dalla sentenza della Cassazione n. 22277 del 25 settembre 2017, sempre riferita ad un caso sorto ante 2012, che si è pronunciata per la non applicabilità del patto di compensazione per crediti incassati post ammissione alla procedura di concordato preventivo, riportiamo una interessante affermazione:

“A differenza della cessione di credito, infatti, il mandato all’incasso non determina il trasferimento del credito in favore del mandatario, bensì l’obbligo di quest’ultimo di restituire al mandante la somma riscossa, e tale obbligo non sorge al momento del conferimento del mandato, ma soltanto all’atto della riscossione del credito, con la conseguenza che, qualora quest’ultima abbia avuto luogo dopo la presentazione della domanda di ammissione al concordato preventivo, non sussistono i presupposti per la compensazione”.

Il concetto espresso ci pare molto chiaro; e in effetti, ove così non fosse, si arriverebbe anche ad un evidente paradosso.

Mentre in presenza di una cessione di credito, non è sufficiente che si sia perfezionato il contratto per renderlo opponibile alla massa, risultando necessaria anche la notifica o l’accettazione del debitore ceduto, nel caso di mandato all’incasso con il patto di compensazione risulterebbe sufficiente a far valere il patto la semplice sottoscrizione del contratto.

È evidente che così non può essere.

Non si può compensare un credito con un debito sorto post presentazione della domanda di concordato preventivo.

Si tratta di norme imperative, di carattere cogente, non derogabili con un semplice patto contrattuale.

 

Anticipazione bancaria con patto di compensazione

La princ

 

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