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Non possono in alcun modo essere oggetto di Terzo
Condono Edilizio
le opere abusivamente
realizzate
in aree soggette a vincoli
paesaggistici
– ad eccezione solo di determinati lavori
“minori” – a maggior ragione se si tratta di nuove costruzioni che
comportano incrementi di volume e superficie.

Tale disposizione è da considerarsi valida a prescindere dal
fatto che il vincolo di inedificabilità sia assoluto o solo
relativo, e a prescindere anche dall’eventuale parere delle
Autorità preposte alla tutela, in quanto la norma vieta
rigorosamente la sanabilità delle grandi opere abusive nelle zone
soggette a vincoli.

L’Amministrazione comunale ha quindi il diritto, e il dovere, di
disporre in questi casi il diniego del condono – anche dopo lunghi
periodo di tempo dalla presentazione dell’istanza – senza la
necessità di fornire ulteriori motivazioni oltre a quelle di
ripristino della legittimità violata.

Terzo Condono: mai sanabili le grandi opere in aree
vincolate

A ribadirlo è il TAR Lazio con la sentenza del
22 aprile 2024
,
n.
7943
 
con cui rigetta il ricorso proposto contro
il diniego dell’istanza di condono di cui alla Legge n. 326/2003
(Terzo Condono Edilizio), relativo alla
realizzazione di una veranda chiusa che ha comportato incrementi di
superficie (15,8 mq) e volumetria (40,69 mc).

I giudici chiariscono che non sono mai suscettibili di terzo
condono le grandi opere costruite abusivamente all’interno delle
aree assoggettate a vincoli paesaggistici ai sensi del d.Lgs. n.
42/2004 (Codice dei beni culturali e del
paesaggio
), neanche se il vincolo di inedificabilità
dovesse essere solo relativo, e a prescindere dal parere delle
Autorità preposte alla tutela.

Il tempo non estingue l’abuso

Il diniego della sanatoria è quindi un provvedimento legittimo e
doveroso anche se emesso a distanza di molti anni e, così come
l’ordine di demolizione, non richiede altre motivazioni
giustificative oltre a quelle mirate alla repressione degli
abusi.

Nel caso in questione, l’area è risultata essere gravata da
differenti vincoli, tra cui quello che tutela le aree site
all’interno dei Parchi protetti a livello nazionale e regionale, ed
è quindi da escludersi categoricamente la concessione del terzo
condono, come previsto dallo stesso D.lgs. n. 269/2003 convertito
nella L. 326/2003 citata, che all’art. 32, comma 27, lettera d),
dispone espressamente che le opere abusive non sono in alcun modo
suscettibili di sanatoria qualora “siano state realizzate su
immobili soggetti a vincoli imposti sulla base di leggi statali e
regionali a tutela degli interessi idrogeologici e delle falde
acquifere, dei beni ambientali e paesistici, nonché dei parchi e
delle aree protette nazionali, regionali e provinciali qualora
istituiti prima della esecuzione di dette opere, in assenza o in
difformità del titolo abilitativo edilizio e non conformi alle
norme urbanistiche e alle prescrizioni degli strumenti
urbanistici
”.

Deroga alle aree tutelate per legge: quando si applica?

Non risulta applicabile a tale casistica la deroga richiamata
dal ricorrente, ovvero quella prevista dal Codice dei beni
culturali all’art. 142 (Aree tutelate per legge),
comma 2, che prevede l’esclusione dal vincolo per le aree che, alla
data del 6 settembre 1985, erano delimitate negli strumenti
urbanistici come Zone omogenee A e B.

Tale disposizione infatti si applica esclusivamente alle aree
tutelate di cui alle lettere a), b), c), d), e), g), h), l) ed m)
del primo comma dello stesso articolo, mentre non include quelle
indicate alla lettera f) – ovvero i parchi e le riserve nazionali o
regionali, nonché i territori di protezione esterna dei parchi –
tra le quali rientra quella in oggetto.

È emerso peraltro che la zona in cui insiste la veranda
abusiva
, attualmente classificata come Zona omogenea B, è
divenuta tale solo dal 2008 con l’approvazione del nuovo piano
regolatore, mentre quello precedente, in vigore dal 1965 al 2008,
la classificava in Zona C.

Al momento della presentazione dell’istanza di condono, avvenuta
nel 2004, pertanto, l’area in questione era qualificata in Zona C,
risultando ulteriormente inapplicabile la deroga di cui al citato
art. 142 del Codice.

A prescindere poi anche dalla classificazione delle zone
omogenee, si sottolinea, comunque, che l’insistenza delle opere
abusive nel perimetro del Parco Regionale è una circostanza che
mantiene sempre ferma la classificazione della zona tra le aree di
interesse paesaggistico. Il ricorso viene quindi respinto.

© Riproduzione riservata

 

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