32.000 euro di arretrati sulla pensione: ecco come l’INCA permette di far valere anche i diritti inespressi.
Qualsiasi prestazione legata al reddito e non liquidata direttamente dall’INPS può essere in teoria richiesta dall’avente diritto. Ma per essere ottenuta deve essere esplicitamente richiesta. E che cosa succede se il soggetto richiedente non sa di aver diritto a una determinata prestazione o un trattamento particolare?
Sul cedolino di pensione mensile, di norma, appaiono conguagli e arretrati relativi agli assegni previdenziali delle mensilità precedenti. Non sempre però l’INPS si preoccupa di versare tutto il dovuto a chi ne ha diritto. Si parla per l’appunto di diritti inespressi, che sono quei soldi che non arrivano al lavoratore o al pensionato per il semplice fatto che non ne fa richiesta, pur potendoli ottenere.
In pratica, accade spesso che l’INPS penalizzi gli aventi diritto con tali omissioni di pagamento. Una fattispecie che si aggiunge agli errori nel calcolo originario della rendita, ai blocchi della perequazione e di rivalutazione dei contributi figurativi. L’INCA è un istituto con una missione chiara: difendere i diritti dei lavoratori, delle lavoratrici e di tutti i cittadini italiani, attraverso forme di tutela ispirate a un ideale di protezione basato sui principi di uguaglianza e libertà.
I patronati dell’Istituto Nazionale Confederale di Assistenza sono dunque enti privati che offrono servizi di pubblica utilità e tutela. Referenti assai diversi dai più noti CAF. L’INCA prova infatti a promuove i diritti riconosciuti per tutti i contribuenti, mettendoli al corrente delle varie disposizioni normative e contrattuali riguardanti il lavoro, la pensione, la salute, la cittadinanza e l’assistenza sociale ed economica.
E così può succedere che un lavoratore, rivolgendosi all’INCA, possa scoprire di avere diritto alla pensione e di poter recuperare 32.000 euro di arretrati. Il fatto è avvenuto l’estate scorsa presso Fidenza, grazie al lavoro di un patronato della CGIL di Parma.
Con l’INCA gli arrivano 32.000 euro di arretrati sulla pensione: la bella scoperta di un lavoratore
Un lavoratore precario, d’età superiore ai settant’anni, si è infatti recato presso l’INCA di Fidenza per fare domanda di assegno sociale, spinto da un’evidente situazione di bisogno. Il soggetto aveva già provato inutilmente a ottenere la pensione di vecchiaia. Si era rivolto a un CAF che gli aveva fatto notare che nella sua pratica di pensionamento mancavano i 20 anni di contributi richiesti dalla legge.
Secondo le disposizioni vigenti, il soggetto non poteva accedere alla pensione, poiché provvisto di una contribuzione di poco superiore a 15 anni di lavoro. L’INCA si è messa però a ricercare i diritti inespressi, ovvero quei diritti posseduti da chi non ne è consapevole. Sospesa la richiesta di assegno sociale, il patronato si è impegnato nelle verifiche sull’estratto contributivo INPS.
È emerso che il lavoratore poteva far valere una speciale deroga, quella prevista dalla Riforma Amato del 1992. In base a questa riforma poteva andare in pensione di vecchiaia con almeno 15 anni di contributi. Questo grazie alla sua lunga anzianità contributiva e ai molti lavori a tempo determinato svolti nel corso della sua vita lavorativa.
È partita dunque la domanda, comprensiva di nota che citava la deroga. E l’INPS? Alla fine ha liquidato la pensione e riconosciuto tutti gli arretrati per un importo di 32.000 euro. Ecco come chi ignorava di poter ottenere la pensione e gli arretrati è riuscito a ottenere ciò che gli spettava.
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