Neppure il tempo di leccarsi le ferite per la sconfitta, e a Genova il centrosinistra è già alle prese con la sfida delle comunali del dopo Bucci, forte della vittoria – inattesa nelle proporzioni – proprio nel capoluogo. Marco Bucci annuncia che traslocherà nel palazzo della regione a piazza De Ferrari tra una settimana, per alcuni mesi la sua poltrona sarà occupata dal vicesindaco e fedelissimo Pietro Piciocchi, in pole position a destra per le prossime elezioni comunali che dovrebbero tenersi a primavera.
A CALDO L’EX GOVERNATORE Toti, entusiasta del risultato che a suo avviso lo riabilita dopo il patteggiamento per corruzione, ha messo più di un paletto sull’uomo di Bucci: «Genova ha rischiato di farci perdere, si è investito molto sulle opere e meno sulla cura quotidiana, col passare del tempo Bucci si è un minimo logorato come sindaco», ha detto al Secolo XIX. Tra i nomi papabili per il dopo c’è anche Ilaria Cavo, di Noi Moderati, già assessore con Toti e ora deputata. Ma il coordinatore regionale di Fdi Matteo Rosso e anche Salvini blindano Piciocchi. «Persona validissima che potrà portare avanti il rinascimento della città», dice il capo leghista. Siamo solo agli antipasti di uno scontro che riguarderà anche la composizione della giunta regionale: il neogovernatore punta a fare di testa sua, ma i partiti della destra non sono disponibili a troppe rinunce. A partire dalla Lega, che ha visto il suo coordinatore regionale e viceminisro Edoardo Rixi sconfitto nelle urne: non è tra i quattro leghisti eletti. Quasi certo un posto in squadra per Marco Scajola, nipote di Claudio, e più votato tra tutti i neoconsiglieri di centrodestra con 6308 preferenze: la loro performance nell’estremo ponente, tra Imperia e Sanremo, è stata fondamentale per battere Orlando che a Genova città ha vinto con 18mila voti in più del sindaco in carica.
SONO PROPRIO I NUMERI di Genova a consolare i dem, e anche Alleanza Verdi-sinistra (29,7% e 7,5%). Quegli 8 punti percentuali in più presi dal centrosinistra fanno sì che il day after, almeno qui, non sia di lunghi coltelli, dentro il Pd e tra alleati. Semmai di rimpianto per una vittoria che era alla portata. Il flop del M5S, che in città va un filo meglio della regione col 5,5%, sembra aver tolto dal campo l’ipotesi che il candidato possa essere il senatore 5S Luca Pirondini, schierato da Conte due mesi fa come possibile alternativa a Orlando. «Il nome toccherà a noi», giurano i dem, difficile il bis di un civico dopo l’esperienza del 2022 con Ariel Dello Strologo. Circolano alcuni nomi: tra questi c’è Simone D’Angelo, segretario provinciale e neoeletto in regione. E poi il deputato Luca Pastorino, che è già sindaco di Bogliasco, nel levante genovese. E Alberto Pandolfo, ingegnere, decano dei consiglieri comunali Pd nonostante abbia solo 38 anni. Molto dipenderà anche dalla decisione di Orlando, che potrebbe lasciare la Camera per fare il capo dell’opposizione in regione. «Ci sta pensando seriamente», spiegano fonti dem, che escludono che possa essere lui a correre da sindaco.
L’UNICA VERA RESA dei conti è in corso tra i 5S. In regione è stato eletto un solo consigliere, Stefano Giordano, il candidato più vicino all’ortodossia contiana, che ha battuto il movimentista Fabio Ceraudo dopo una lotta senza sconti. Ma la faida è nazionale. Grillo di primo mattino scrive sui suoi profili «Si muore più traditi dalle pecore che sbranati dai lupi». Poi Toninelli, ancora nel collegio dei probiviri 5S, sferra l’affondo: «In Liguria il M5S non c’era, c’era il partito di Conte: lui e non gli iscritti ha scelto candidati e alleanze. Si facesse il suo simbolo e permettesse a Grillo di estinguere il Movimento». Replica la vicepresidente Paola Taverna: «Falsità, le liste in tutte le regioni sono votate dagli iscritti. Se abbiamo il 4,5% è colpa delle guerre interne». Critiche a Conte anche dalla senatrice Mariolina Castellone, mentre in Emilia una fronda di attivisti ed eletti definisce «tossica» l’alleanza col Pd. Conte tira dritto sulla costituente di fine novembre e sul veto ad alleanze con Renzi. Ma nel Pd cresce il malcontento verso il riottoso alleato. «Siamo consapevoli che non bastiamo.
Scontiamo le difficoltà degli altri e speriamo che questo risultato faccia riflettere tutte le forze alternative alla destra», il commento a caldo di Schlein. L’ala destra del Pd chiede alla leader di non accettare più i veti dell’avvocato e di riaprire il dialogo coi centristi. «Non mi sembra politicamente saggio lasciarli soli alle lusinghe di Forza Italia e simili, basta con le interdizioni», dice Debora Serracchiani. E Bonaccini: «Ora passo avanti risolutivo nella costruzione di un centrosinistra nuovo, capace di vincere». Il sindaco di Milano Sala torna a proporsi come nuovo alfiere dei moderati: «Manca una forza centrale e moderata: soprattutto al nord non ci si può appiattire su un Movimento al 5%».
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