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Con la sentenza 23 luglio 2019, n. 19889, le Sezioni Unite della Cassazione si pronunciano in merito alla possibilità di impugnare il provvedimento con il quale il giudice dell’opposizione pre-esecutiva abbia deciso sull’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo (scarica il testo in calce).

A dire il vero gran parte della dottrina e parte della giurisprudenza avevano/hanno già espresso il loro favore per la reclamabilità del provvedimento (positivo o negativo) assunto in tema di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo nell’opposizione al precetto. La questione non poteva, tuttavia, considerarsi chiusa.

Sommario

Il caso

La questione rimessa alle Sezioni Unite

La decisione

Il principio di diritto

Il caso

Come ha dimostrato il Tribunale di Latina che, con ordinanza del 9/10/2018, negava l’ammissibilità del reclamo contro il provvedimento, emesso dal giudice dell’opposizione pre-esecutiva, di rigetto dell’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo. La decisione veniva motivata con l’inapplicabilità dell’art. 669-quaterdecies c.p.c. e, più in generale, del rito cautelare uniforme (compresa la reclamabilità dei provvedimenti), essendo ritenuta la misura ex art. 615 c.p.c., comma 1, di natura “solo latamente cautelare”. Aveva aggiunto che non sussisterebbero irragionevoli disparità di trattamento rispetto alla reclamabilità, voluta espressamente dall’art. 624 c.p.c., comma 2, del provvedimento di sospensione dell’esecuzione forzata.

La questione rimessa alle Sezioni Unite

Tutto questo ha fornito il pretesto al Procuratore Generale presso la Corte di cassazione – giusta la disposizione dell’art. 363, comma 1, c.p.c., rilevata la non impugnabilità dell’ordinanza del Tribunale di Latina e l’impossibilità per le parti di proporre ricorso ex art. 111 Cost. – per chiedere alla Suprema Corte l’enunciazione del principio di diritto al quale detto giudice di merito avrebbe dovuto attenersi – richiesta che è stata trattata dinanzi alle Sezioni Unite nella pubblica udienza del 2/07/2019. 

L’esame è stato eseguito ricorrendo tanto ad una interpretazione letterale quanto ad una interpretazione sistematica.

Esame Avvocato - Commentario Breve al Codice di Procedura Civile - Complemento Giurisprudenziale


La decisione

In base alla prima, ha osservato la Corte che è ben vero che il provvedimento di sospensione ex art. 615 c.p.c., comma 1, si riferisce testualmente all’efficacia esecutiva del titolo; però nessuna norma espressa vieta l’impugnabilità dell’ordinanza di sospensione disciplinata dall’art. 615 c.p.c., comma 1, mentre non è decisivo argomento che l’art. 624 c.p.c. preveda – quale oggetto del reclamo – la sola ordinanza di sospensione resa dal giudice dell’esecuzione (ciò che ne escluderebbe appunto la riferibilità all’opposizione pre-esecutiva, in occasione della quale non vi è ancora alcun giudice dell’esecuzione). Ciò è dimostrato dalla circostanza che, rispetto alla versione dell’art. 624, comma 1, c.p.c., previgente rispetto alle riforme 2005-2006[1], “nonostante la persistenza dei soli riferimenti testuali al giudice dell’esecuzione, è stato espressamente espunto dalla disposizione originaria il riferimento al solo art. 615 c.p.c. comma 2, (cioè all’opposizione esecutiva o successiva)”. 

Quanto all’interpretazione sistematica, la Corte ha affermato che la sospensione pre-esecutiva ha una funzione cautelare in senso proprio, per quanto “connotato dalla peculiarità dell’azione di cognizione cui accede e, quindi, sui generis”. Malgrado la lettera della legge (per l’art. 615, comma 1, c.p.c., l’opposizione riguarda l’efficacia esecutiva del titolo), l’oggetto di questo rimedio è la contestazione non già del diritto consacrato nel titolo, bensì del diritto del creditore ad agire in via esecutiva sulla base del precetto come in concreto formulato ed intimato. La sospensione anteriore al pignoramento mira ad anticipare l’effetto finale proprio dell’azione di cognizione cui accede quale misura interinale, cioè la declaratoria di inesistenza (anche per fatti sopravvenuti o anche solo parziale) di tale diritto di agire in executivis. E se dev’essere finalizzata all’esito finale di una tale domanda, la sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo ha natura cautelare sui generis, in quanto correlata al peculiare oggetto dell’opposizione pre-esecutiva.

E’ dunque da escludere l’analogia con le inibitorie dei titoli esecutivi giudiziali (artt. 351, 373 e 649 c.p.c.), per cui non è argomento utile a sostenere l’irreclamabilità la non impugnabilità affermata per quelle.

Si aggiunge che la sopradetta specifica qualificazione della sospensione pre-esecutiva esclude l’applicazione delle norme del processo cautelare uniforme, in presenza di norme speciali, cosicchè – essendo la sospensione anche pre-esecutiva compiutamente regolata in ogni altro aspetto da queste ultime (trattandosi di un vero e proprio microsistema di norme processuali, connotato da una sua spiccata specialità in funzione della sua finalizzazione al processo esecutivo) – la sola disposizione applicabile di tale rito uniforme è giusto quella sulla reclamabilità (art. 669 terdecies c.p.c.).

Il provvedimento sospensivo disciplinato dall’art. 615, comma 1, c.p.c., si inserisce nella fase particolare della tutela del diritto “che sta tra il suo riconoscimento, anche solo provvisorio in mancanza di giudicato su quello giudiziale, consacrato in un titolo esecutivo, ed il suo concreto azionamento”; la differenza con l’oggetto delle inibitorie tradizionali è che i titoli esecutivi presupposti nelle opposizioni pre-esecutive non sono stati sottoposti a preventiva verifica giurisdizionale, per quanto provvisoria, per i motivi posti a base della domanda: non quelli giudiziali, perchè istituzionalmente opponibili soltanto per fatti diversi, e neppure quelli stragiudiziali, perchè per definizione mai prima sottoposti ad un giudice. 

La Suprema Corte si spinge anche a trattare le questioni relative alla competenza: il provvedimento reso dal giudice dell’opposizione pre-esecutiva sarà reclamabile dinanzi al Collegio del tribunale competente, cioè – stavolta in applicazione di regole proprie del procedimento cautelare uniforme, non espressamente derogate da quelle del sottosistema del processo esecutivo e dei suoi incidenti cognitivi – quello cui appartiene il giudice monocratico che ha reso il provvedimento sull’istanza.

Analoga competenza sul reclamo spetterà al collegio del tribunale del circondario in cui ha sede il giudice di pace adito, sulla misura cautelare competente in via eccezionale, in virtù dell’espressa previsione derogatoria della generale sua esclusione di potestà in tal campo: ma stavolta in base ad un’interpretazione di sistema, per l’assenza istituzionale di un collegio nell’ufficio di quel giudice.

Il principio di diritto

Concludendo, la Corte è pervenuta alla pronuncia del seguente principio di diritto: “il provvedimento con il quale il giudice dell’opposizione all’esecuzione, proposta prima che questa sia iniziata ed ai sensi dell’art. 615 c.p.c., comma 1, decide sull’istanza di sospensione dell’efficacia esecutiva del titolo è impugnabile col rimedio del reclamo ai sensi dell’art. 669 terdecies c.p.c., al Collegio del tribunale cui appartiene il giudice monocratico – o nel cui circondario ha sede il giudice di pace – che ha emesso il provvedimento”.

CASSAZIONE, SS.UU. CIVILI, SENTENZA N. 19889/2019 >> SCARICA IL TESTO PDF



[1] Che così recitava: ““Se è proposta opposizione all’esecuzione a norma degli artt. 615 secondo comma e 619, il giudice dell’esecuzione, concorrendo gravi motivi, sospende, su istanza di parte, il processo con cauzione o senza”)

 

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