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La circostanza che il giudizio di opposizione all’esecuzione abbia a oggetto l’accertamento del diritto del creditore di procedere all’esecuzione forzata non toglie che quel giudizio resti pur sempre un ordinario giudizio di cognizione, e che ad esso si applichino le regole generali in tema di cumulo oggettivo (articolo 104 Cpc) e di connessione per riconvenzione (articolo 36 Cpc). L’opponente, pertanto, può legittimamente chiedere con l’atto introduttivo del giudizio di opposizione non solo l’accertamento dell’inesistenza del diritto del creditore di procedere esecutivamente, ma anche la condanna del creditore procedente al pagamento dell’eccedenza rispetto ad un controcredito opposto in compensazione. Analogamente, e latere creditoris, il convenuto nel giudizio di opposizione può formulare domande riconvenzionali: ad esempio, esercitando in quella dell’opposizione, oppure formulando una domanda diretta a costituire un nuovo titolo esecutivo. Deve escludersi, pertanto, che l’ambito del giudizio di opposizione all’esecuzione deve rimanere sempre circoscritto alla contestazione del diritto della parte a procedere ad esecuzione forzata, con la conseguenza che non è consentito alle pari proporre, ed al giudice esaminare, questioni diverse da quelle che attengono all’esistenza o alla validità del titolo esecutivo, ovvero domande che non siano in riferimento o siano in contrasto con il contenuto di esso, salvo il caso di espressa accettazione del contraddittorio. Lo hanno affermato i giudici della terza sezione della Cassazione con l’ordinanza 11 maggio 2021 n. 12436 (presidente De Stefano; relatore Rossetti).

La vicenda in esame e gli esiti alla Suprema corte

Proposta opposizione all’esecuzione l’odierno ricorrente aveva domandato, in grado di appello, oltre che la dichiarazione di nullità del precetto e del pignoramento anche la condanna di controparte della restituzione delle somme versate in esecuzione di provvedimenti giurisdizionali successivamente caducati.

Denunciando, in sede di ricorso per cassazione, l’opponente l’omessa pronunzia, da parte del giudice di appello, sulle domande restitutorie, la Suprema corte ha accolto il ricorso evidenziando che la tesi secondo cui non è consentito in sede di opposizione alla esecuzione, proporre questioni diverse da quelle che attengono all’esistenza o alla validità del titolo esecutivo, è in aperto contrasto con il principio di ragionevole durata del processo e con il divieto di inutile dispendio della attività giudiziaria, di cui all’articolo 111 della Costituzione.

 

Gli orientamenti segnalati dalla Cassazione nella decisione

Da segnalare che sono state ricordate in motivazione, nella pronunzia in rassegna, le seguenti motivazioni:

– ove nel giudizio di opposizione all’esecuzione il debitore opponente, minacciato col precetto, deduca un suo credito, di entità superiore a quella del debito opposto, non soltanto al fine di impedire e paralizzare l’esecuzione in suo danno, ma anche allo scopo di ottenere la condanna dell’opposto al pagamento della differenza, tale domanda è ammissibile, salvo poi eventualmente a stabilire da parte del giudice dell’esecuzione che, essendo il maggior credito dedotto in compensazione di non pronta e facile liquidazione, il processo esecutivo non possa essere sospeso, Cassazione, sentenza 23 luglio 2003, n. 11449;

– in sede di opposizione all’esecuzione è possibile eccepire in compensazione un credito non potuto opporre nel precedente giudizio di cognizione concluso con la sentenza che costituisce titolo della esecuzione, Cassazione, sentenza 20 aprile 1963, n. 917;

– nel giudizio di opposizione all’esecuzione in cui sia dedotta l’esistenza di un vincolo di impignorabilità del bene assoggettato ad espropriazione derivante da un determinato atto negoziale, è ammissibile la domanda riconvenzionale del creditore opposto volta ad ottenere, ai sensi dell’art. 2901 Cc, la dichiarazione di inefficacia dell’atto negoziale posto a base dell’opposizione, sussistendo connessione, in relazione all’oggetto e/o al titolo, tra le due domande, anche se tale dichiarazione di inefficacia, stante la natura dichiarativa della decisione e la necessità del suo passaggio in giudicato, potrà giovare al creditore esclusivamente ai fini dell’instaurazione di un nuovo processo esecutivo, Cassazione, ordinanza 13 febbraio 2020, n. 3697;

– in sede di opposizione all’esecuzione è ammissibile la domanda riconvenzionale diretta a costituire un nuovo titolo esecutivo che si aggiunga a quello per cui si procede o che ad esso si debba sostituire per intraprendere un’esecuzione diversa da quella iniziata, Cassazione, sentenza 29 marzo 2006 n. 7225, in Giustizia civile, 2007, I, p. 2005;

– il creditore procedente può proporre, nel giudizio di opposizione all’esecuzione, tutte le domande dirette a rimuovere gli ostacoli giuridici alla realizzazione del proprio credito, ed anche chiedere la condanna del debitore opponente per un titolo diverso, svolgendo all’uopo una domanda riconvenzionale al fine di costituirsi un nuovo titolo esecutivo, poiché ha veste, sostanziale e processuale, di convenuto, Cassazione, sentenza 18 maggio 1963 n. 1282, in Giustizia civile, 1963, I, p. 858.

 

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