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Il conduttore che, convenuto in un giudizio di convalida di sfratto per morosità, abbia richiesto in via subordinata, la concessione del c.d. “termine di grazia”, manifesta implicitamente una prevalente volontà solutoria incompatibile con quella di opporsi alla convalida, la quale non può più ritenersi condizionata alla mancata proposizione dell’opposizione, secondo quanto dispone l’art. 665 c.p.c., bensì al mancato pagamento del dovuto nel termine , che ha carattere perentorio, all’uopo fissato giusto il disposto della l. 392 del 1978, art. 55 .

Questo è il principio affermato dalla Corte di cassazione con ordinanza del 14 febbraio 2023 n. 4616.

Preliminarmente, giova soffermarsi sul concetto di termine di grazia, normativamente disciplinato all’art. 55 della legge dell’equo canone n. 392/1978.

Il termine di grazia prevede che, una volta ricevuta l’intimazione di sfratto per morosità, il conduttore che è inadempiente può versare alla prima udienza l’importo corrispondente ai canoni scaduti e non pagati.

Se il giudice ritiene che vi siano delle condizioni comprovate di difficoltà del conduttore, il giudice stesso può assegnare un termine non superiore al 90 giorni “il termine di grazia” entro il quale il conduttore può provvedere al pagamento dei canoni locativi.La legge prevede altresì che al fine di verificare l’esatto adempimento dell’obbligazione del conduttore, il giudice possa fissare un’udienza in data successiva di non oltre dieci giorni dalla scadenza del termine.

Se in tale udienza viene accertato che la morosità persiste, come conseguenza del mancato pagamento o del pagamento parziale, lo sfratto sarà convalidato all’udienza successiva, passando alla fase dell’esecuzione del rilascio dell’immobile.

La vicenda tra origine da un giudizio di intimazione di sfratto per morosità nel quale il Tribunale di Viterbo all’esito di concessione del termine di grazia e di persistenza dell’inadempimento, convalidò lo sfratto con ordinanza ai sensi dell’art. 663 c.p.c.

Avverso tale sentenza il conduttore presentava appello chiedendo la riforma della sentenza del Tribunale di Viterbo e ritenere ammissibile l’opposizione esperita in sede di giudizio di sfratto.

La Corte d’Appello di Roma alla luce delle diverse contestazioni, osservò che nel caso di specie, a seguito di intimazione di sfratto per morosità. Il ricorrente aveva fatto richiesta di concessione di termine di grazia per sanare la morosità e che non era in contestazione il mancato pagamento, da cui derivava l’inappellabilità dell’ordinanza di sfratto.

Avverso la sentenza della Corte D’Appello di Roma del 23 novembre 2018, il conduttore ha proposto ricorso per cassazione illustrato da un motivo.

In particolare, il conduttore ha denunciato la violazione e la falsa applicazione degli artt. 663 e 668 c.p.c., ai sensi dell’art. 360 c.p.c. comma 1, n. 4. osservando che l’ordinanza di convalida era appellabile in quanto emessa in mancanza dei presupposti di legge non essendovi incompatibilità fra l’opposizione alla convalida e la richiesta di concessione del termine c.d. di grazia, posto che quest’ultimo era stato invocato ai fini dell’accertamento dell’effettiva entità delle somme dovute e dell’obbligo del Comune di Viterbo di erogare il contributo previsto per gli inquilini in stato di morosità incolpevole.

La Corte di Cassazione, con la citata ordinanza del 14 febbraio 2023 n. 4616 ha ritenuto infondato il motivo ed ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso.

In particolare, il Collegio ha ribadito che la Corte di Appello di Roma ha applicato correttamente la normativa contestata e di conseguenza ha ritenuto la censura inammissibile sotto il profilo dell’art 360 bis n. 1 c.p.c.

Infatti, non è censurato il rilievo della corte territoriale secondo cui l’ordinanza di convalida dello sfratto per morosità ha fatto seguito alla persistenza della morosità nonostante il termine c.d. di grazia concesso su istanza dell’intimato.

Al cospetto di siffatta sequenza la giurisprudenza della Corte, rispetto alla quale il motivo non offre elementi per mutare l’orientamento, è nel senso che, dato che avverso la ordinanza convalida di sfratto per morosità è consentito l’appello soltanto per denunciare che il provvedimento è stato emesso in difetto dei presupposti di legge, restando il provvedimento soggetto, diversamente, soltanto al rimedio dell’opposizione tardiva di cui all’art. 668 c.p.c., è inammissibile l’appello proposto contro un’ordinanza di convalida pronunciata a seguito di mancata sanatoria nel termine della morosità, poiché l’ordinanza è pronunciata correttamente.

Da questo punto di vista gli ermellini hanno affermato che per effetto del mancato pagamento entro il termine di grazia, il procedimento retrocede alla fase precedente all’istaurazione del subprocedimento di sanatoria e il provvedimento da emettere è quello di convalida di sfratto per morosità che sarebbe sato emesso se il subprocedimento non fosse stato istaurato.

In conclusione, non resta che appurare e confermare che la richiesta del termine di grazia da parte del conduttore rende incompatibile qualsiasi futura sua opposizione alla convalida.

*a cura del Dott. Mirko Martini collaboratore di MFlaw Stapa

 

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