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C. Cass. civ. 22/03/2024, n. 7744 si è pronunciata sulla legittimità di un ordine di arretramento di un manufatto e dei balconi realizzati in violazione delle distanze legali. Il proprietario ricorrente eccepiva, tra l’altro, di avere ottenuto il condono edilizio e di avere realizzato le opere con il consenso del vicino.
La Corte ha respinto il ricorso sulla base delle seguenti considerazioni.

IMMOBILI CONDONATI – Secondo il consolidato orientamento giurisprudenziale, il condono edilizio, esplicando i suoi effetti sul piano dei rapporti pubblicistici tra P.A. e privato costruttore, non ha incidenza nei rapporti tra privati, i quali hanno ugualmente facoltà di chiedere la tutela ripristinatoria apprestata dall’art. 872 cod. civ. per le violazioni delle distanze previste dal Codice civile e dalle norme regolamentari integratrici.
Ed infatti l’obbligo di rispettare le distanze legali – previste dagli strumenti urbanistici per le costruzioni legittime non soltanto a tutela dei proprietari frontisti ma anche per finalità di pubblico interesse – deve essere osservato a maggior ragione nel caso di costruzioni abusive, anche se sia intervenuta la relativa sanatoria amministrativa, i cui effetti sono limitati al campo pubblicistico e non pregiudicano i diritti dei terzi. Pertanto, il proprietario del fondo contiguo, leso dalla violazione delle norme urbanistiche, ha comunque il diritto di chiedere ed ottenere l’abbattimento o la riduzione a distanza legale dell’opera illegittima nonostante sia intervenuto il condono edilizio (C. Cass. civ. 06/02/2009, n. 3031; C. Cass. civ. 31/05/2006, n. 12966; C. Cass. civ. 26/09/2005, n. 18728).

INVALIDITÀ DEGLI ACCORDI IN DEROGA AGLI STRUMENTI URBANISTICI – Le norme contenute nei regolamenti edilizi che stabiliscono le distanze fra le costruzioni e di esse dal confine sono volte non solo ad evitare la formazione di intercapedini nocive fra edifici frontistanti ma anche a tutelare l’assetto urbanistico di una data zona e la densità degli edifici in relazione all’ambiente. Ne consegue che una convenzione tra le parti che deroghi alle norme sulle distanze previste nel regolamento edilizio è senz’altro invalida, trattandosi di norme inderogabili perché non si limitano a disciplinare i rapporti intersoggettivi di vicinato, ma mirano a tutelare anche interessi generali.

DISTANZE TRA PARETI FINESTRATE – È stato infine ribadito il principio secondo il quale l’obbligo del rispetto della distanza minima assoluta di dieci metri tra pareti finestrate di edifici antistanti deve essere applicato anche nel caso in cui una sola delle pareti che si fronteggiano sia finestrata, atteso che la regola dettata dal D.M. 1444/1968 è finalizzata non alla tutela della riservatezza ma alla salvaguardia dell’interesse pubblico-sanitario a mantenere una determinata intercapedine tra gli edifici antistanti, quando uno dei due abbia una parete finestrata.

 

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