MILANO. Ingannavano le banche presentando bilanci «gonfiati» in cui le società apparivano in fiorente stato e affidabili. Così ottenevano l’apertura di linee di credito per centinaia di migliaia di euro. Finanziamenti, garantiti dal Fondo di garanzia per le pmi, che venivano subito spostati su altre aziende con sede in Repubblica Ceca e Svizzera. In totale sarebbero 5 milioni e 420 mila euro, di cui oltre 4 milioni garantiti dallo Stato, i fondi ottenuti in modo illecito. La truffa è stata scoperta da un’inchiesta della Procura di Milano, condotta dalla Guardia di Finanza di Corsico, che ha portato tre indagati in carcere e un quarto agli arresti domiciliari. Il gip Massimo Baraldo che ha emesso le misure cautelari ha anche disposto un sequestro di beni fino al raggiungimento della somma di 7 milioni di euro.
A capo del gruppo, a cui è contestata l’accusa di associazione per delinquere, ci sarebbe il pregiudicato Marco Santinoli, 59 anni. Come riconosciuto dal giudice accogliendo la ricostruzione degli inquirenti sarebbe lui il «personaggio principale» per essere «l’ideatore del complesso sistema fraudolento». Uno schema riprodotto negli anni, almeno a partire dal 2014. Dopo l’acquisizione della società veniva deliberato un finto aumento di capitale e la nomina di un amministratore-testa di legno. Per l’erogazione dei mutui e dei finanziamenti veniva depositata documentazione fiscale non veritiera. Per non dare subito nell’occhio inizialmente periodo rimborsate le prime rate del mutuo e pagate le fatture emesse per le quali erano state chieste le anticipazioni. Un breve periodo a cui seguiva immancabilmente la mancata restituzione dei finanziamenti ricevuti e il passaggio a sofferenza dei conti societari che culminava con la cessazione dell’attività e la dichiarazione di fallimento.
Dalle conversazioni intercettate risulta che gli indagati hanno approfittato delle normative emergenziali varate dal Governo a causa dell’emergenza Covid-19 (cosiddetti Decreti Cura Italia e Liquidità) per ottenere maggiori liquidità comunicando alla banca, falsamente, di aver subito una flessione di fatturato maggiore del 30% nei mesi di marzo e aprile 2020.
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