Nella parte iniziale del capitolo I sono stati ricordati i primi esempi di bilancio e i primi embrionali tentativi di regolamentazione dei medesimi.
L’analisi si è poi spostata sulle più antiche fattispecie di false comunicazioni sociali che abbiano mai trovato albergo in ordinamenti giuridici stranieri: l’articolo 15 della legge francese del 24 luglio 1867 e l’articolo 249b della legge imperiale tedesca del 18 luglio 1884.
Abbandonata l’ottica comparatistica, l’indagine e stata focalizzata esclusivamente sulla disciplina del reato di false comunicazioni sociali nella legislazione italiana.
Dopo aver ripercorso tutte le tappe battute dal legislatore prima di pervenire alla fattispecie attualmente in vigore, ci si è poi dedicati all’analisi del quadrilatero normativo introdotto dalla l. 69/2015, i cui vertici sono rappresentati, oltre che dagli artt. 2621 c.c. e 2622 c.c., anche dai neointrodotti artt. 2621 bis c.c. e 2621 ter c.c.
L’ultimo capitolo è stato dedicato all’applicazione giurisprudenziale delle false comunicazioni sociali, selezionando varie sentenze, ciascuna delle quali è stata presa in considerazione per uno o due profili, nonostante la stessa rilevasse anche per altri.
Il falso in bilancio è stato considerato, in primis, come modalità di commissione del reato di bancarotta fraudolenta impropria.
Ci si è poi concentrati sul falso in bilancio come reato “indice” di altri illeciti (in particolare la frode fiscale, l’appropriazione indebita e l’illecito finanziamento ai partiti politici).
Si è cercato poi di delineare i temi del concorso dell’extraneus nel reato proprio di false comunicazioni sociali e del profitto da reato di false comunicazioni sociali assoggettabile a confisca.
Ma lo spazio maggiore è stato dedicato alla correlazione tra falso in bilancio e manipolazione del mercato.
Lo spirito è stato quello di commentare in maniera critica le sentenze prese in esame, esprimendo, laddove se ne presentasse l’occasione, la propria personalissima, e certamente contestabile, opinione.
L’analisi si è poi spostata sulle più antiche fattispecie di false comunicazioni sociali che abbiano mai trovato albergo in ordinamenti giuridici stranieri: l’articolo 15 della legge francese del 24 luglio 1867 e l’articolo 249b della legge imperiale tedesca del 18 luglio 1884.
Abbandonata l’ottica comparatistica, l’indagine e stata focalizzata esclusivamente sulla disciplina del reato di false comunicazioni sociali nella legislazione italiana.
Dopo aver ripercorso tutte le tappe battute dal legislatore prima di pervenire alla fattispecie attualmente in vigore, ci si è poi dedicati all’analisi del quadrilatero normativo introdotto dalla l. 69/2015, i cui vertici sono rappresentati, oltre che dagli artt. 2621 c.c. e 2622 c.c., anche dai neointrodotti artt. 2621 bis c.c. e 2621 ter c.c.
L’ultimo capitolo è stato dedicato all’applicazione giurisprudenziale delle false comunicazioni sociali, selezionando varie sentenze, ciascuna delle quali è stata presa in considerazione per uno o due profili, nonostante la stessa rilevasse anche per altri.
Il falso in bilancio è stato considerato, in primis, come modalità di commissione del reato di bancarotta fraudolenta impropria.
Ci si è poi concentrati sul falso in bilancio come reato “indice” di altri illeciti (in particolare la frode fiscale, l’appropriazione indebita e l’illecito finanziamento ai partiti politici).
Si è cercato poi di delineare i temi del concorso dell’extraneus nel reato proprio di false comunicazioni sociali e del profitto da reato di false comunicazioni sociali assoggettabile a confisca.
Ma lo spazio maggiore è stato dedicato alla correlazione tra falso in bilancio e manipolazione del mercato.
Lo spirito è stato quello di commentare in maniera critica le sentenze prese in esame, esprimendo, laddove se ne presentasse l’occasione, la propria personalissima, e certamente contestabile, opinione.
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