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Il singolo non può prendere a pretesto l’uso civico per sottrarre dal pignoramento, eseguito da un suo creditore, un bene che egli stesso utilizzi in modo incompatibile con l’esercizio collettivo.

Questo è il principio affermato dalla Corte di cassazione con ordinanza del 23 novembre 2022 n. 34476.

Preliminarmente, giova soffermarsi sul concetto di uso civico, consistente in un diritto reale perpetuo di godimento, caratterizzato dal fatto che spettano ai componenti di una collettività, territorialmente delimitata, al fine di trarre dalle terre soggette determinate utilità, necessarie per i bisogni della vita, con la conseguenza che l’utente, in quanto appartenente a quella collettività, è titolare egli stesso, come singulus et civi dell’uso nei confronti degli altri utenti e di qualsiasi altro terzo.

A livello di regime giuridico si ricorda che la normativa di riferimento è la L. 1766/27 e nel regolamento di attuazione r.d 332/28 il quale prevede diverse gestioni in base al vincolo ed alla vocazione dei territori che vengono in considerazione.

Infatti, per chiarezza all’art. 11 il regolamento distingue i terreni in due categorie: quelli da gestire a fini produttivi e di conservazione ambientale in base a dei piani di sviluppo economico e quelli da assegnarsi in enfiteusi agli aventi diritto.

Sul punto si possono riscontrare due tipologie di usi civici:

La prima considera solo quei patrimoni di uso civico appartenenti alle comunità di abitanti, soggetti ad un regime pubblicistico speciale e non passibili di rinuncia od alienazione.La seconda invece racchiude gli usi civici su fondi o terre private del terzo, i quali però sono in via di liquidazione, ovvero destinati a non essere più usufruibili direttamente dai cives e ad essere sostituiti da un corrispettivo in natura (c.d. scorporo) o in danaro (c.d. canone).

La vicenda trae origine da un ricorso da parte del sig. Caio il quale ha chiesto al commissario per gli usi civici di disporre la sospensione dell’esecuzione immobiliare avente ad oggetto un fabbricato di sua proprietà, in quanto gravato da usi civici, e di dichiarare la suddetta particella come immobile gravato da usi civici e, per l’effetto, dichiarare la nullità assoluta della trascrizione del pignoramento.

Nel presente giudizio si costituiva il creditore procedente chiedendo il rigetto delle domande.

Tuttavia, a seguito di una consulenza tecnica, il commissario dichiarava la demanialità civica del terreno in oggetto, ordinando la reintegra nel possesso in favore del proprietario.Avverso predetta sentenza veniva proposta reclamo dal creditore, che è stato rigettato dalla Corte D’Appello, disattendendo apposita ragione di censura, riconoscendo la sussistenza degli usi civici esercitati su terreni con conseguenza dell’infondatezza dell’eccezione di decadenza proposta dal reclamante.

Avverso la sentenza della Corte D’Appello di Roma, il creditore ha proposto ricorso per cassazione illustrato da tre motivi.

Il nostro focus sarà incentrato sul primo motivo di impugnazione.

Infatti, è di nostro interesse il primo motivo, con il quale la ricorrente ha denunciato la violazione della giusta applicazione della definizione di usi civici insistendo per la riforma della sentenza con conseguente revoca della reintegra nel possesso in favore del proprietario.

La Corte di Cassazione, con la citata ordinanza del 23 novembre 2022 n. 34476 ha ritenuto i motivi fondati ed ha accolto il ricorso cassando con rinvio per un nuovo esame della decisone impugnata.

In particolare, il Collegio ha ribadito che in disarmonia con tali principi, la Corte d’appello ha identificato l’interesse del singolo non già in un interesse che gli derivasse quale membro della comunità, ma nel vantaggio che gli sarebbe derivato, a seguito del riconoscimento della qualitas soli, dalla sottrazione del bene al pignoramento e che tale assunto non è condivisibile.

Tuttavia, giova ricordare che nel caso in esame la discussione non riguarda la validità di questi principi in termini generali, ponendosi un problema diverso, e cioè se sia consentito al privato, il quale utilizzi un bene soggetto a uso civico a suo esclusivo vantaggio, di invocare tale qualità per sottrarre il bene dal pignoramento iniziato da un suo creditore.

Da questo punto di vista si deve riconoscere il principio secondo cui il singolo non può prendere a pretesto l’uso civico per sottrarre dal pignoramento, eseguito da un suo creditore, un bene che egli stesso utilizzi in modo incompatibile con l’esercizio collettivo e nel caso di specie sembra implicito nel fatto stesso che il pignoramento è stato eseguito sul fabbricato edificato sul terreno gravato, che era rimasto così sottratto all’uso collettivo.

In conclusione, non resta che appurare e confermare che gli usi civici non rappresentano sempre un escamotage ad una possibile via di fuga da un’esecuzione e che se le modalità di utilizzo del bene non sono compatibili con l’esercizio collettivo allora l’esecuzione esecutiva di un creditore relativamente alla proprietà di un immobile costituto su di un terreno comunale può essere avviata e continuata senza ostacoli.

*a cura del Dott. Mirko Martini

 

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