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TREVISO – Lo si sapeva già quando, il 15 luglio 2022, era stato disposto il rinvio a giudizio. Ora manca solo l’ufficialità. Si dovrà infatti attendere il 14 dicembre prima che il collegio del tribunale di Treviso disponga il non luogo a procedere per intervenuta prescrizione nei confronti di Vincenzo Consoli, ex amministratore delegato ed ex direttore generale di Veneto Banca, di Mosè Fagiani, ex condirettore generale ed ex responsabile dell’area commerciale, e di Renato Merlo, ex responsabile della direzione centrale pianificazione e controllo, imputati di associazione per delinquere finalizzata alla truffa in merito al filone d’indagine relativo alla vendita della azioni dell’ex popolare d Montebelluna che per l’accusa erano state sopravvalutate del 77%. Ieri mattina si è tenuta la prima udienza, ma si è trattato di una pura formalità. I giudici hanno disposto un rinvio di un mese solo per controllare che i tempi di prescrizione siano corretti. Così come già paventato dal pubblico ministero Massimo De Bortoli.

Nel luglio scorso proprio il commento del sostituto procuratore De Bortoli, titolare del fascicolo, era stato perentorio: «È tutto finito, non ci sarà alcun processo. Sapevamo che questo filone di indagine era destinato a chiudersi con un nulla di fatto». E di fatto sarà così. La Procura aveva trascinato in aula cinque persone: oltre a Consoli, Faggiani e Merlo anche il suo successore, Giuseppe Cais, e andrea Zanatta, ex direttore del settore Capital management. Il gup Piera De Stefani, dopo cinque ore di camera di consiglio, ha disposto il rinvio a giudizio per Consoli, Merlo e Fagiani, soltanto per le presunte truffe commesse dopo il 15 gennaio 2015 dichiarando prescritte le altre, e il non luogo a procedere per Cais e Zanatta, avvalorando le tesi difensive secondo cui non potevano essere a conoscenza della sopravvalutazione del valore delle azioni. Nel dispositivo il gup, partendo dal presupposto che il danno stimato dalla Procura per la vendita dei titoli era di 107 milioni di euro, aveva posto sotto sequestro conservativo 53,5 milioni di euro nei confronti di Consoli, Merlo e Fagiani.

Se il filone legato alle truffe si chiuderà dunque con un nulla di fatto, sia la Procura che le parti civili confidano invece in quello relativo alla bancarotta fraudolenta che, proprio per la tipologia di reato contestato, dovrebbe evitare la mannaia della prescrizione (che non scatta prima della fine del 2029, ndr). Gli inquirenti, nei giorni scorsi, hanno inviato l’avviso di chiusura indagini a 11 persone tra dirigenti, funzionari e consulenti. L’obiettivo è di portarli tutti a processo per un crac quantificato in 320 milioni di euro e provocato, per la Procura, dall’erogazione di prestiti senza garanzie ai cosiddetti “amici”. Sotto accusa ci sono Vincenzo Consoli, Mosè Faggiani e l’ex presidente Flavio Trinca, ma anche Michele Stiz, noto commercialista trevigiano ed ex membro del collegio sindacale. E poi ancora Francesco Favotto, presidente del cda, Romeo Feltrin, vicepresidente del comitato crediti, Daniele Scavaortz e Roberto Mescalchin, entrambi membri dello stesso comitato, l’avvocato Pierluigi Ronzani (per una parcella legata a un’operazione inesistente), Mauro Angeli, amministratore unico della Vimet, Attilio Carlesso, consigliere di amministrazione di Veneto Banca dal 2008 al 2014 e presidente del collegio sindacale della Vimet, e Michele Barbisan, responsabile direzione territoriale della ex popolare.

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