Meno vincoli sulle tecnologie di intelligenza artificiale a basso rischio che interessano alle imprese e vaglio finale umano su sentenze giudiziarie e provvedimenti della Pubblica amministrazione. Ma anche, probabilmente, la possibilità per artisti e giornalisti di opporsi alla cessione del diritto d’autore sulle loro opere per allenare gli algoritmi hi-tech. Sono le principali modifiche al disegno di legge sull’intelligenza artificiale a cui lavora la maggioranza, messe nere su bianco in appositi emendamenti. Il testo, approvato dal governo ad aprile, è in discussione in Commissione Ambiente e Innovazione tecnologica al Senato.
Ieri pomeriggio è scaduto il termine per presentare le proposte di modifica, che in queste ore sono al vaglio degli uffici tecnici per valutarne l’ammissibilità.
COSA CAMBIA
Il provvedimento all’esame del Parlamento è il primo del genere in Italia. Sulla scia della direttiva europea AI Act crea una governance sull’intelligenza artificiale. Assegna quindi poteri di vigilanza e sanzionatori all’Agid e all’Agenzia per la cibersecurity, fatte salve le prerogative del Garante della Privacy. Gli algoritmi entreranno nel mondo del lavoro, della Pa, della giustizia e della sanità. Per provare a velocizzare i processi e smaltire la burocrazia, mantenendo un controllo umano. Ci sono quindi modifiche e integrazioni al Codice penale, con l’obiettivo di impedire contenuti fake e illeciti, anche a tutela del diritto d’autore. E si investe il primo miliardo (delle decine che ne servirebbero, secondo gli esperti), tramite Cassa depositi e prestiti, per sviluppare algoritmi made in Italy.
Negli ultimi mesi, nelle audizioni in Commissione, sono arrivate critiche da parte di imprese, associazioni dei consumatori, ong e avvocati. Per accogliere i suggerimenti di Confindustria ora si dovrebbe prevedere una delega al governo per individuare le tecnologie meno rischiose, escludendole dagli obblighi della legge, in base all’approccio dell’AI Act della stretta in base al pericolo.
Quanto a Giustizia e Pa, l’intelligenza artificiale potrà essere utilizzata per accedere alle banche dati e per predisporre in via preliminare sentenze e provvedimenti. Ma si dovrebbe chiarire in un emendamento che il prodotto finale deve essere vigilato sempre da esseri umani. Su suggerimento dell’Aiga (associazione italiana giovani avvocati) si dovrebbe quindi definire in modo più preciso la titolarità dei diritti d’autore e di proprietà intellettuale quando un’opera è prodotta da un algoritmo. Dando ai detentori dei diritti la possibilità di mantenere la proprietà del loro lavoro, senza che venga “usurpato” dalle macchine per realizzare nuovi contenuti. Non dovrebbe cambiare nulla, invece, sul riconoscimento facciale. La Rete per i diritti umani digitali aveva criticato la scelta di affidare al governo e non al Parlamento il compito di stabilirne i limiti e il troppo margine lasciato alle forze dell’ordine, con il rischio di una “sorveglianza universale”. Stop dalla maggioranza anche alla creazione di un’authority sull’IA terza e imparziale, come proposto da ong e Pd. Ong che chiedono anche più vincoli per evitare il controllo dei lavoratori nelle imprese tramite gli algoritmi. Intanto alla Camera è iniziato l’esame di un altro disegno di legge sull’impiego dell’IA nel commercio elettronico e sulla delega al governo delle rispettive funzioni di vigilanza.
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