Don Gino Quattrini: «Quando è arrivato da me era agitato, poi si è calmato. L’ho ascoltato, cercando di capire queste intenzioni così gravi»
Di confessioni inquietanti nella sua lunga vita di prete, Gino Quattrini, 84 anni, rettore della chiesa di San Gaetano, situata in pieno centro storico a Vicenza, lungo corso Palladio, ne ha sentite tante. Era la prima volta, però, che gli veniva confessata la volontà, da parte di un ragazzo di 16 anni, di uccidere la madre. Non solo, il giovane si è presentato in chiesa con la potenziale arma del delitto, un cacciavite, o un punteruolo (il religioso non è stato in grado di identificare bene l’oggetto), prelevato dalla cassetta degli attrezzi del padre.
A fare da cassa di risonanza di questa più che intima e potenzialmente tragica vicenda, è stato lo stesso rettore della chiesa dei Padri Teatini che, con il consenso del giovane, l’ha collocata al centro della propria omelia durante l’ultima messa domenicale, con l’intento di dare risalto alle difficoltà di comunicazione dei giovani e di conseguenza del loro isolamento, nonostante essi vivano nell’epoca più “social” che sia mai esistita. «Il ragazzo – rivela il sacerdote – era dapprima agitato e confuso, poi gradualmente si è calmato e questo ci ha concesso di iniziare un dialogo durato oltre un’ora».
Una confessione sui generis, in quanto avvenuta non all’interno del confessionale, ma in una delle panche e proseguita poi fuori dalla chiesa: «Dopo avermi detto i suoi propositi – prosegue il padre -, il ragazzo è scoppiato in lacrime e visto che stavano entrando persone ho preferito uscire in modo che si riprendesse. Ho cercato di capire quali fossero i motivi che lo avevano indotto a pensieri così gravi. Ne è uscito un quadro familiare che ritengo non dissimile da alcuni altri: un padre impegnato che rientra stanco la sera e con poca voglia di condivisione e una madre che gli nega ogni aspirazione, da quelle più banali, come un semplice acquisto, a quelle ben più importanti inerenti la sua “autodeterminazione”, come lui l’ha definita».
Al giorno d’oggi può forse stupire la scelta di un giovane di confessare un simile intendimento ad un prete di una chiesa che non svolge attività parrocchiali rivolte ai giovani. «Ha voluto incontrarmi– dice don Gino -, perché colpito da una mia omelia in cui avevo citato un passo della “Lumen Gentium”, in cui ricordavo la frase: “Avvicinandoti a Cristo, Uomo perfetto, anche tu diventi più uomo”. Questa frase – ha detto il ragazzo -, «mi è entrata dentro, ed è come si fosse accesa una luce nelle tenebre». Il padre teatino, che nel raccontarci questa storia ha fatto più volte ricorso a pensatori e filosofi francesi, e non solo, ha avuto evidentemente modo di spiegare con parole non banali al giovane quanto fossero sbagliati i suoi presupposti. D’altro canto, il percorso ecclesiastico iniziato a 18 anni a Roma, che lo ha visto per decenni nei difficili quartieri centrali di Napoli e, prima di giungere due anni fa a Vicenza, a Palermo, non può che averlo aiutato nel trovare le parole giuste.
«Oltre al mio aiuto, gli ho chiesto se sentisse il bisogno di parlare con uno psicologo, ma il fatto che abbia voluto confessarsi, e questa richiesta di “luce”, ci dice che il suo cuore si è già aperto, tant’è che, quando ha fatto il gesto di consegnarmi il punteruolo, gli ho detto di rimetterlo dov’era. Sono convinto che questo ragazzo stia ritrovando la sua strada. Mi auguro lo facciano anche i genitori, non solo i suoi. Capisco che qualcuno voglia cancellare la famiglia, ma i genitori non possono autocancellarsi, delegando ad altre istituzioni l’educazione e l’accompagnamento nella vita dei loro figli, quanto meno fino a che sono così giovani».
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